Nel decimo anniversario del suo Ingresso in Diocesi, Sua Eccellenza Monsignor Cantafora ha presieduto il Solenne Rito di Dedicazione dell’Altare del nuovo Santuario Diocesano della Madonna di Dipodi. Alla celebrazione ha preso parte una folta rappresentanza dei fedeli della Diocesi che hanno riempito il santuario e il piazzale annesso, insieme al clero del Vicariato di Pianopoli e ad altri presbiteri. Nell’Omelia Monsignor Vescovo ha sottolineato il significato cristologico e misterico dell’altare per poi ribadire i principi fondamentali della fede cattolica nell’ambito del recente dibattito sul fine-vita. Di seguito il testo dell’omelia
Carissimi, saluto tutti e ciascuno di voi nel nome del Signore Gesù. Da questo luogo dedicato alla Vergine e caro alla Nostra Chiesa diocesana, desidero che il mio saluto si allarghi ed entri in tutte le nostre comunità parrocchiali, che si recano in pellegrinaggio presso questo Santuario. La presenza e il saluto del Vescovo è un segno della benedizione del Signore nel nome del quale tutti possiamo intraprendere il cammino della vita con speranza e coraggio, sorretti dalla Vergine Maria di Dipodi. Il Vescovo in Diocesi ha molti compiti. Insegna, governa, amministra sacramenti, ma fra le azioni più importanti che gli sono affidati, c’è l’ordinazione dei nuovi sacerdoti e c’è la dedicazione dell’altare di una nuova Chiesa. Per questo ringrazio davvero di tutto cuore il Signore per la grazia che questa sera mi dona. Infatti proprio oggi, ricorre il decimo anniversario del mio Ingresso in Diocesi. Ho voluto che questo giorno, si vivesse in preghiera davanti alla Madonna di Dipodi, con questa solenne celebrazione.La Sacra Scrittura ci testimonia che quando Dio si rivela ed entra nella storia, i padri del Primo Testamento, come segno perenne dell’evento, erigono altari. Così Noè, dopo il diluvio, erige un altare e vi immola un sacrificio di alleanza con Dio. Ancora Abramo costruisce un altare, sul monte Moria, per il sacrificio di Isacco o anche Mosè edifica un altare per il sacrificio della sera. L’altare nella Scrittura, diventa il segno, il luogo che testimonia la “visita” del Signore, un evento da ricordare con memoria perenne: «Questa è proprio la casa di Dio, questa è la porta del cielo», esclama Giacobbe! (Gen 28,17). Ma l’altare di pietra del primo Testamento, trova compimento in Cristo e nella sua Pasqua, perché Cristo è il sacerdote che ha offerto se stesso sull’altare del proprio corpo, come ci dice la Lettera agli Ebrei: «…Siamo stati santificati per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo, una volta per sempre» (Eb 10, 10).
è paradossale! Ma noi non abbiamo più bisogno come nel Primo Testamento di innalzare altari, dove essere riconciliati con Dio. Cristo stesso è già il nostro altare, per mezzo del quale Dio si fa vicino, entra e ci raggiunge. Così ci esorta la lettera agli Ebrei, entriamo in piena libertà: «nel santuario per mezzo del sangue di Gesù, via nuova e vivente che egli ha inaugurato per noi attraverso il velo, cioè la sua carne, e poiché abbiamo un sacerdote grande nella casa di Dio, accostiamoci con cuore sincero, nella pienezza della fede…» (Eb 10, 22).Eppure oggi constatiamo quanto Dio sia tenuto lontano dal mondo, dai luoghi dove gli uomini si incontrano e vivono e spesso trasciniamo la nostra esistenza come se Dio non esistesse!Eppure la storia conferma che dove Dio scompare, entrano padroni prepotenti, avidi della nostra libertà, mascherati sotto forme lusinghiere e attraenti che hanno vari nomi: feste, piacere, eventi di successo, solo per fare alcuni esempi!L’altare che dedichiamo con questa Eucarestia, è invece il luogo sacramentale dove ci sarà dato di entrare nella «luce inaccessibile in cui abita Dio» (1Tm 6,16). In un’omelia Papa Francesco ci ha ricordato che: «Il Tempio è il luogo dove la comunità va a pregare, a lodare il Signore, a rendere grazie, ma nel Tempio si adora il Signore. E questo è il punto più importante» (omelia a S. Marta, 23 novembre 2013).L’altare è la mensa attorno alla quale sediamo. Cristo ci invita e Lui stesso si offre nel suo corpo e sangue. Ma l’altare è anche il luogo dell’unità della Chiesa, dove i fratelli riscoprono la carità e il perdono, secondo la parola del Signore che dice: «Se presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia il tuo dono davanti all’altare e va’prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono» (cf. Mt 5,23). Questo, cari fratelli e sorelle, ci ricorda che il vero culto a Dio, non è fatto di riti e preghiere, ma si esprime nella vita quotidiana della Chiesa viva che siete voi. Ci ricorda Sant’Agostino: «Come tu entri in questa Chiesa, così Dio vuole entrare nella tua anima». Dunque, per quanto sia sacro l’altare che oggi dedichiamo, esso però non lo sarà mai quanto il cuore di ogni cristiano. Insegna San Gregorio Magno: «Che cos’è l’altare di Dio se non l’anima di coloro che conducono una vita santa?...A buon diritto, quindi, l’altare di Dio, viene chiamato il cuore degli uomini».«La sua casa siamo noi» (Eb 3,6), dice ancora la lettera agli Ebrei. Per questo la Chiesa difende la sacralità della vita umana dal concepimento alla morte naturale: «Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?» (1Cor 3,16). La vita umana è sempre, in ogni caso, un bene inviolabile e indisponibile, che poggia sulla dignità di ogni persona (cfr Benedetto XV, Discorso di saluto e accoglienza ai giovani, Sydney, 17 luglio 2008), anche se in gravissime condizioni di salute. Questo dato è condivisibile anche solo alla luce della ragione. Accanto al tempio inteso come luogo di culto «C'è un altro tempio e un'altra sacralità da considerare nella vita di fede: il corpo di ciascuno, che ugualmente va rispettato» (Papa Francesco, ibidem).Per questo la Chiesa rifiuta l’accanimento terapeutico, ma dice “no” con forza all’eutanasia, anche se viene mascherata con altri nomi.Ad esempio non è moralmente ammissibile ritenere l’idratazione e l’alimentazione, forme di accanimento terapeutico e chiedere che vengano sospese in disposizioni presentate come testamenti biologici o dichiarazioni anticipate di volontà sul fine vita.Per questo auspico che ancora una volta, anche a Lamezia Terme, «sia esaltato quel favor vitae che a partire dalla Costituzione contraddistingue l’ordinamento italiano» (Cardinale Bagnasco, Prolusione 2008). Fratelli, da questo luogo santo, noi preghiamo Dio perché dall’altare, che tra poco sarà unto e sul quale si offrirà il corpo di Cristo, possa sgorgare un fiume abbondante di grazie per tutta la Diocesi. Preghiamo perché la luce della verità possa illuminare i cuori dei credenti nel saper discernere cosa è giusto e gradito a Dio.E in questo luogo che «il Signore ha scelto e santificato (…), perché la sua presenza vi resti per sempre» (cf. 2Cor 7,16), e per intercessione della Madonna di Dipodi, possano i poveri trovare misericordia, gli oppressi la libertà e tutti i fedeli sappiano vedere aperta la via dell’eternità. Infine questa Solenne Celebrazione viene a suggellare gli imponenti e sostanziali lavori di restauro, che hanno riguardato questo edificio.Lavori, la cui urgenza e i cui nobili risultati sono evidenti a tutti a noi. Per questo motivo è d’obbligo ringraziare il Rettore del Santuario, don Antonio Astorino, per il sacrificio e il lavoro che ha portato a termine, insieme ai laici che collaborano con lui.Un ringraziamento va poi anche all’Amministrazione Comunale di Feroleto Antico, qui presente con il suo Sindaco, il Dottor Pietro Fazio. Anche alla Curia Diocesana e all’Ufficio Tecnico della Diocesi va l’apprezzamento per la bella opera che oggi possiamo ammirare insieme alla ditta che ha eseguito i lavori. Ma, mi preme ringraziare e ricordare con particolare attenzione, i numerosi benefattori che hanno contribuito con generosità a sostenere una parte del restauro del Santuario. Invoco per tutti una speciale benedizione! Ora l’opera appare terminata. Ma essa è incompleta da un lato. Infatti il Santuario sarà veramente un centro di spiritualità e di costante preghiera, non appena le nostre Monache figlie di San Benedetto potranno ritornare alla loro sede, in quello che sarà il nuovo Monastero attiguo al Santuario. So che il Signore non ci farà mancare la Sua Provvidenza insieme all’aiuto e alla generosità dei fedeli. Con oggi scriviamo un’altra pagina della storia del nostro Santuario, che va ad aggiungersi a quelle che hanno segnato nel corso dei secoli la vita di questo luogo santo.La Madonna ci ottenga, attraverso la nostra devozione e il nostro impegno, di poter continuare a offrire anche altre grandi testimonianze di fede da tramandare ai nostri posteri, come memoriale di fede, di speranza e di amore alla Vergine Madre, Madonna di Dipodi.