Dieci anni fa, il 2 aprile, entrava nella nostra Diocesi Monsignor Luigi Cantafora. Da allora tante cose sono cambiate nella nostra città. Da una parte essa è diventata più debole, più povera, è stata saccheggiata e deprivata del suo ruolo e di una visione di futuro; dall’altra ha ricevuto il dono di vedere formarsi negli anni una comunità che è cresciuta interrogandosi sui principi della Dottrina sociale della Chiesa. Questa è il dono più grande che da laica trovo nel cammino pastorale del nostro Vescovo. Mons. Cantafora ha avuto la pazienza di costruire insieme a tanti sacerdoti un tessuto di solidarietà e di cultura del vangelo che tutti noi portiamo nella nostra vita, qualsiasi sia il nostro impegno sociale e la nostra professione.
Credo sia utile per tutti, politici e non, interrogarsi sul messaggio che Don Gino ha voluto lanciare in mezzo a noi. E il suo libro, edito in questi giorni dalla Libreria Editrice Vaticana, ci offre una ulteriore occasione di riflessione. Sarebbe serio se si partisse dalle testimonianze, dalle lettere pastorali ivi contenute, per iniziare a disegnare insieme cosa vogliamo per questa città e come pensiamo di custodire, preservare e costruire il Bene comune. Il suo monito pronunciato nell’omelia del giorno di Natale risuona ancora nei nostri cuori: «Quale sarà il futuro di Lamezia? Sappiamo che dipenderà dalle scelte sagge di ogni cristiano che la abita. Il futuro sarà diverso se prevarrà l'egoismo, la reciproca diffidenza o la cristiana fede». Al posto dell’egoismo e della diffidenza, mettiamo le parole di Papa Francesco pronunciate per la solennità del corpus Domini "sequela, comunione, condivisione". Siamo sicuri che insieme al nostro Vescovo potremo continuare ad imparare a seguire il Signore ogni giorno, ad essere strumenti di comunione, a condividere con Lui e con il nostro prossimo quello che siamo. Allora la nostra esistenza sarà veramente feconda.