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Liturgia

Mercoledì delle Ceneri

Paolo Emanuele · 11 anni fa

Con il Mercoledì delle Ceneri inizia il periodo di quaranta giorni di preparazione alla Pasqua. In questo giorno la Chiesa compie il rito dell’imposizione delle ceneri sul capo dei fedeli e pronuncia parole che destano nell’animo intime risonanze. La sua voce maestosa ed ammonitrice è la voce di Dio stesso: “Uomo, sei polvere ed in polvere ritornerai”. Quella cenere è, infatti, il simbolo del valore relativo di ogni cosa terrena, dell’estrema precarietà e fragilità della vita presente per i suoi limiti, i suoi condizionamenti, le sue contraddizioni, difficoltà. Di qui la materna esortazione della Chiesa a liberare lo spirito da qualsiasi forma di attaccamento disordinato alle realtà della terra per poter guardare con fiducia alla risurrezione, all’incontro con Cristo risorto. Questo incontro deve esser preparato mediante un impegno di crescita personale nel corso di questa esistenza nel tempo, ed ancora mediante la dedizione ad un’opera costruttiva di elevazione umana e di animazione cristiana dell’ambiente che ci circonda. Questo, però, include il concetto della penitenza, della mortificazione, della rinuncia, che scaturiscono da un forte desiderio di giustizia e da un intenso amore di Dio

La parola “penitenza” ritorna in tante pagine della Sacra Scrittura, risuona sulla bocca di tanti profeti e, infine, in modo particolarmente eloquente, sulla bocca di Gesù Cristo stesso: “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino” (Mt 3,2). Si può dire che Cristo ha introdotto la tradizione del digiuno di quaranta giorni nell’anno liturgico della Chiesa, perché Egli stesso “digiunò quaranta giorni e quaranta notti” (Mt 4,2) prima di incominciare a insegnare. Con questo digiuno di quaranta giorni la Chiesa è, in un certo senso, chiamata ogni anno a seguire il suo Maestro e Signore, se vuole predicare efficacemente il suo Vangelo.

La penitenza in senso evangelico significa soprattutto “conversione”. Sotto questo aspetto è molto significativo il brano del Vangelo di questo giorno, del Mercoledì delle Ceneri. Gesù parla dell’adempimento degli atti di penitenza, noti e praticati dai suoi contemporanei, dal popolo dell’antica alleanza. In pari tempo però sottopone a critica il modo puramente “esterno” dell’adempimento di questi atti: elemosina, digiuno, preghiera, perché questo modo è contrario alla finalità propria degli atti stessi. Il fine degli atti di penitenza è il più profondo volgersi a Dio stesso per potersi incontrare con Lui nell’intimo della umana entità, nel segreto del cuore. Questo è il primo e principale significato della penitenza.

Il principale sforzo della penitenza, difatti, consiste “nell’entrare in se stesso”, nella propria entità più profonda, entrare in questa dimensione della propria umanità in cui, in un certo senso, ci attende Dio. Nella vita corrente l’uomo non vive abbastanza “interiormente”.

Gesù Cristo, invece, indica chiaramente che anche gli atti di devozione e di penitenza (come digiuno, elemosina, preghiera) che per la loro finalità religiosa sono principalmente “interiori”, possono cedere all’“esteriorismo” corrente, e quindi possono essere falsificati. In-vece la penitenza, come conversione a Dio, richiede soprattutto che l’uomo respinga le apparenze, sappia liberarsi dalla falsità e ritrovarsi in tutta la sua verità interiore. Bisogna perciò compiere un lavoro sistematico su se stessi che si chiama “ascesi”.

Ascesi vuol dire sforzo interiore per non lasciarsi rapire e spingere dalle diverse correnti “esteriori”, così da rimanere sempre se stessi e conservare la dignità della propria umanità.

Però il Signore Gesù ci chiama a far ancora qualcosa di più. Quando dice “entra nella tua camera e chiudi la porta”, indica uno sforzo ascetico dello spirito umano, che non deve terminare nell’uomo stesso. Quel chiudersi è, nello stesso tempo, la più profonda apertura del cuore umano. è indispensabile allo scopo di incontrarsi col Padre, e per questo deve essere intrapreso. “Il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà”. Qui si tratta di riacquistare la semplicità del pensiero, della volontà e del cuore, che è indispensabile per incontrarsi nel proprio “io” interiore con Dio. E Dio attende ciò, per avvicinarsi all’uomo internamente raccolto e nel contempo aperto alla sua parola e al suo amore! Dio desidera comunicarsi all’anima così disposta. Desidera donarle la verità e l’amore, che hanno in Lui la vera sorgente.

Allora la corrente principale della Quaresima deve scorrere attraverso l’uomo interiore, attraverso cuori e coscienze. In questo consiste lo sforzo essenziale della penitenza. In questo sforzo la volontà umana di convertirsi a Dio è investita dalla grazia preveniente di conversione e, nello stesso tempo, di perdono e di liberazione spirituale. La penitenza non è soltanto uno sforzo, un peso, ma anche una gioia. Qualche volta è una grande gioia dello spirito umano, letizia che altre sorgenti non possono suscitare.

Sembra che l’uomo contemporaneo abbia perso, in una certa misura, il sapore di questa gioia. Ha perso inoltre il profondo senso di quello sforzo spirituale, che permette di ritrovare se stesso in tutta la verità del proprio intimo.

La severa liturgia del Mercoledì delle Ceneri e, in seguito, tutto il periodo della Quaresima è – come preparazione alla Pasqua – una sistematica chiamata a questa gioia: alla gioia che fruttifica dallo sforzo del ritrovamento di se stesso in pazienza: “Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime” (Lc 21,19).

Nessuno abbia timore a intraprendere questo sforzo.