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Vita diocesana

Secondo incontro della Scuola Socio-Politica di Dottrina Sociale della Chiesa

Paolo Emanuele · 11 anni fa

Secondo incontro della Scuola Socio-Politica di Dottrina Sociale della Chiesa Venerdì 21 febbraio 2014 si è svolto presso il Salone dell’Episcopio della Diocesi di Lamezia Terme, il secondo incontro della Scuola Socio-Politica di Dottrina Sociale della Chiesa. Dopo i saluti di S.E. il Vescovo Diocesano Luigi Antonio Cantafora, è intervenuto il Professore Rocco Pezzimenti che è Docente in Storia delle dottrine politiche presso il Corso di Laurea in Scienze Politiche nella Facoltà di Giurisprudenza della LUMSA, dal 2011 è direttore del Dipartimento di Scienze Economiche, Politiche e delle Lingue Moderne.

Il Professore ha collaborato per vari anni alle riviste Storia e politica e Orientamenti Sociali . Collabora da anni a Studium e Metalogicon . Ha diretto la rivista Incipit. Eticadella scienza e della società. Attualmente è condirettore della rivista Res publica.

Il Professore Pezzimenti è intervenuto con una relazione dal titolo “Autorità politica e autorità morale”. Spiega il Professore che l’Autorità è una parola antica presente sia nel mondo Latino che in quello Greco, legata strettamente all’uomo. L’etimologia del termine proviene dal Latino auctoritas, da augeo, accrescere e si intende quell'insieme di qualità proprie di una istituzione o di una singola persona alle quali gli individui si assoggettano in modo volontario per realizzare determinati scopi comuni. Spesso è usato come sinonimo di potere, ma in realtà i due termini afferiscono ad accezioni diverse. Il "Potere" si riferisce all'abilità nel raggiungere determinati scopi mentre il concetto di "Autorità" comprende la legittimazione, la giustificazione ed il diritto di esercitare quel potere.

Dopo aver spiegato l’origine del termine il Professore, spiega le caratteristiche essenziali che l’Autorità deve avere per esistere. L’Autorità deve avere innanzitutto autorevolezza, e deve essere tesa per un fine, per realizzare determinati scopi comuni. Sia l’autorevolezza e sia il fine afferma il Professore devono essere riconosciuti da chi “subisce” l’Autorità. Chi sottostà all’Autorità deve avere fiducia in chi la esercita. L’obbedienza in questo contesto si rivela utile, perché obbedire alle regole impartite dall’Autorità permette di raggiungere il Bene Comune. Lo scopo dell’Autorità è proprio quello di far condividere il Bene Comune.

Proprio a proposito di obbedienza, il Professore cita il Politico greco Solone (640-560 a.C.), “Impara ad obbedire prima di comandare” (cit. in Diogene Laerzio, Vite di filosofi, Solone, I, 60). A questa citazione il Professore ne affianca un’altra di Giovanni Battista: “Egli deve crescere e io diminuire” (Gv 3,22-30).

Un’altra caratteristica essenziale dell’Autorità è la durata, infatti l’Autorità ha bisogno di una tradizione e di una continuità per vivere. Inoltre l’Autorità si fonda sulla persuasione.

Il Professore aggiunge che l’Autorità deve munirsi di Organizzazioni che obbligano a sottostare all’Autorità, dotarsi di Strutture Coercitive è essenziale al fine di far rispettare le regole, tali Strutture sono determinanti per la Vita dell’Autorità.

Proprio a questo punto, uno dei partecipanti all’incontro rivolge una domanda al Professore, dicendo: “A cosa serve la Burocrazia all’Autorità?”, il Professore risponde dicendo che la Burocrazia è uno strumento essenziale per l’Autorità perché permette di razionalizzare il lavoro degli esseri umani. Aggiunge inoltre che quando c’è carenza di Autorità, prende piede la Burocrazia in senso però negativo, quindi bisogna stare attenti che i ruoli non si ribaltino!

Il Professore dopo l’intervento continua ad indicare e spiegare le caratteristiche dell’Autorità, e un’altra caratteristica importante è rappresentata dal dibattito interno, infatti l’Autorità deve essere animata da un confronto e da un sano conflitto interno.

L’Autorità deve essere vista come una forma di servizio per l’intero Popolo.

Il Professore associa l’Autorità alla parola sicurezza, dice infatti che l’Autorità deve dare certezza garantire protezione al Popolo.

L’Autorità è associata alla parola Autore e nell’ambito della Religione Cattolica l’Autore per eccellenza è Dio, in quanto Autorità suprema, e “l’oggetto” della verità della fede è la Bibbia.

Il Professore dopo aver indicato le caratteristiche essenziali dell’Autorità introduce il concetto di Autoritarismo. Spiega che, nel momento in cui l’Autorità entra in crisi (non c’è più ordine) si trasforma in Autoritarismo, che è l’esatto contrario dell’Autorità perché non ha una visione positiva e guarda al passato.

L'Autorità legittima è il diritto di decisione e di comando che si ha su altri ed è sancita, o approvata, dal Popolo che obbedisce. L’obbedienza verso chi esercita l’Autorità è la condizione per identificarsi con il progetto comune che la regola presenta. Questi sono i principi per animare in modo adeguato, con un criterio valido e per esercitare bene il Servizio dell'Autorità.

Uno dei partecipanti a questo punto rivolge una domanda al Professore, che è la seguente: “La libertà che ruolo ha nel contesto in cui è esercitata l’Autorità?”, il Professore afferma che l’Autorità deve dar spazio alla libertà, ma deve essere una libertà commisurata. Aggiunge anche il concetto di Diritto alla Resistenza, che è il diritto di resistere al potere illegittimo. Trova le sue origini in epoche precedenti all'affermazione del Cristianesimo, tuttavia fu solo nella Germania medioevale che iniziò ad assumere valore giuridico, come strumento dei ceti contro le imposizioni del Principe. Questo diritto è contemplato, nella Dottrina Politica di San Tommaso, in cui si prevede il tirannicidio per il Principe che abbia violato l'ordine divino. Conclude il Professore dicendo: “San Tommaso D’Aquino è il primo Liberale della Storia dell’Uomo”.

Travolgente è stato l’intervento del Professore, che ha stimolato altri interventi, come la Signora impegnata nel Sociale nel Comune di Lamezia Terme, che pone una domanda al Professore: “Il ruolo della persona nel contesto in cui viene esercitata l’Autorità, qual è?”. Il Professore risponde, citando il Filosofo e Sacerdote Italiano Antonio Francesco Davide Ambrogio Rosmini Serbati (Rovereto, 24 marzo 1797 – Stresa, 1º luglio 1855), Rosmini definisce il diritto non con formule vuote o astratte, ma in relazione alla persona che coincide con il diritto stesso: la persona è in sé <>. Le loro definizioni coincidono, unica è la fonte dei due elementi. Solo la persona sussistente ha ed è il diritto: se venisse meno questa coincidenza, non si avrebbe un soggetto di diritto, ma una norma e dei soggetti a questa norma, e si ripresenterebbe il nodo inestricabile dei rapporti tra autorità e libertà.

In Rosmini i concetti di persona, diritto e sovranità (questa intesa come responsabilità libera) sono la stessa cosa. Il principio attivo supremo della persona è la stessa attività del diritto, che è dunque antropologicamente fondato: intelligenza e volontà sono elementi necessari al diritto, e la persona-diritto incarna il generale principio ontologico di sussistenza. E il diritto non può prescindere dalla morale, unica essendo la fonte del diritto e della morale, cioè l’essere ideale. Il diritto ha carattere sintetico, è attività umana spirituale radicata nell’unità dell’essere, ed entra nella sfera dello spirito, nell’attività morale.

La persona umana è dunque un diritto vivente protetto dalla legge morale che, nell’incontro con l’altro, riceve il comando di non lederlo, di non disturbarlo nel suo cammino verso l’essere. Ne deriva che la persona è tale dal concepimento alla fine naturale: come diritto sussistente e portatrice di dignità infinita essa è sacra e inviolabile, anche nella debole presenza di una nuova vita che chiede di essere accolta e amata, anche nella fragilità e precarietà di una vita al tramonto che chiede sostegno e amore. Nell’infinitamente piccolo e nella fragilità più estrema si svela l’immenso essere.

Conclude il Professore dicendo che: “il rispetto alla persona rappresenta il limite dell’Autorità”.

Domanda interessantissima è stata posta alla fine dell’intervento da uno dei partecipanti: “Perché nel processo a Gesù è prevalsa l’Autorità dell’Impero Romano?”, il Professore ha spiegato che l’Autorità dell’Impero Romano veniva esercitata nei Paesi conquistati-occupati solo in due casi:

1) per l’Ordine Pubblico;

2) per la Riscossione delle Tasse. Per tutti gli altri casi era la Legge del luogo a disciplinare i cittadini autoctoni.

Pilato che fu il quinto Prefetto della Prefettura della Giudea in carica tra gli anni 26 e 36, compare in tutti e quattro i vangeli canonici. Il Vangelo secondo Marco mostra Gesù innocente dell'accusa di aver complottato contro l'Impero romano e raffigura Pilato come estremamente riluttante a giustiziarlo, dando la colpa alle gerarchie giudaiche per la condanna, anche se Pilato era l'unica Autorità in grado di decidere una condanna a morte. L’accusa contro Gesù era di pertinenza dell’Autorità dell’Impero Romano poiché era accusato di complotto contro l’Impero Romano.

Il Professore con il suo intervento è stato in grado di dare una piena spiegazione del concetto di Autorità, rendendo chiaro ogni sua nozione mediante esempi e citazioni di grandi Studiosi come Solone, San Tommaso d’Aquino, San Giovanni Battista ecc. Il suo carisma e la sua passione da Studioso hanno reso coinvolgente e stimolante il secondo incontro della Scuola Socio-Politica di Dottrina Sociale della Chiesa di Lamezia Terme.