Facebook ha spento pochi giorni fa le sue prime 10 candeline. La rete sociale, pensata da Mark Zuckerberg per scambiare informazioni con i suoi colleghi universitari di Harvard, è diventata nel giro di pochi anni una delle grandi rivoluzioni socio-culturali del XXI secolo, una trasformazione che dall’ambito della comunicazione interpersonale si è estesa a tutti gli aspetti della vita delle persone, generando una nuova mentalità che potremmo definire “social”.
Il confine tra privato e pubblico si assottiglia sempre di più, diventa sempre più istintivo il meccanismo che ci porta a trasformare tante azioni della nostra vita privata in fatti “pubblici”, conoscibili e condivisibili da tutti.
In 10 anni siamo entrati nell’era “social” e, un po’come avvenne a cavallo tra gli anni ’50 e ’60, anche oggi la Chiesa si trova di fronte alla sfida “conciliare”, cruciale e accattivante, di una società pervasa dai social network e dalle nuove dinamiche che essi determinano: quelli che prima erano solo fruitori diventano produttori dell’informazione, si ha una grandissima libertà nel dire la propria opinione, la “verità” dei nostri nonni per i quali “lo dice la televisione dunque è vero” viene interpretata e rimodellata dai milioni di utenti della Rete .
Giovanni Paolo II ha aperto alla Chiesa le porte del web e, se nell’immaginario collettivo tutti lo ricordiamo come il Pontefice che ha promulgato la prima Esortazione Apostolica esclusivamente via web, Woytila diede inizio a una riflessione pastorale che evidenziava “la capacità positiva di Internet di trasmettere informazioni e insegnamenti di carattere religioso oltre le barriere e le frontiere”: i i cattolici sono invitati a “un utilizzo attivo e creativo dei mezzi di comunicazione sociale” lasciando aperte “le porte delle comunicazioni sociali a Cristo affinché la Buona Novella possa essere udita dai tetti del mondo”. Stella stessa linea, Benedetto XVI sottolinea lo stretto nesso tra nuovi media ed evangelizzazione e con realismo riconosce che “se la Buona Notizia non è fatta conoscere anche nell’ambiente digitale, potrebbe essere assente nell’esperienza di molti per i quali questo spazio esistenziale è importante”: una “nuova evangelizzazione”, dunque, che percorre le vie dei social per “per permettere all’infinita ricchezza del Vangelo di trovare forme di espressione che siano in grado di raggiungere le menti e i cuori di tutti” e ciò è possibile se i credenti riescono ad esprimere anche nel mondo 2.0 “a testimoniare con coerenza, nel proprio profilo digitale e nel modo di comunicare, scelte, preferenze, giudizi che siano profondamente coerenti con il Vangelo, anche quando di esso non si parla in forma esplicita”
Cosa è cambiato quindi in questi anni della rivoluzione social per la Chiesa? Non si tratta di un fatto di marketing, non si tratta solo della possibilità di avere tanti sacerdoti con cui “twittare” o “postare” o della scelta di Papa Benedetto XVI prima e di Papa Francesco poi di aprire dei profili facebook e twitter per stabilire un dialogo quotidiano e costante con quel mondo, soprattutto giovanile, che sui social passa gran parte delle proprie giornate. C’è la scelta lungimirante della Chiesa, confermata dagli scritti di tutti e tre gli ultimi pontefici, di “osare” la sfida dei social network, di avere il coraggio di farne “porte di verità e di fede” e “nuovi spazi di evangelizzazione”.
E la sfida più impegnativa e affascinante sta proprio nel cercare di parlare di Verità in una rete in cui tutti possono dire la loro e opporre le tante verità “individuali” a quella sola Verità sull’uomo rivelata da Gesù Cristo. E’certamente un percorso in salita e uno sforzo quotidiano ma possibile e praticabile perché basta uno sguardo introspettivo sulla realtà per capire che dietro lo “smanettare” dietro una tastiera, dietro il “postare” e il “twittare”, dietro il ricercare “le fonti” di tutto ciò che ci viene raccontato, c’è un’unica spinta che accomuna tutti gli uomini, da quelli che comunicavano attraverso i segnali di fumo ai nativi digitali: l’attesa, l’ansia di Verità, il bisogno radicato nel cuore degli uomini di trovare un senso e una direzione definitivi per la propria esistenza.
Anche sui social l’uomo ricerca quelle che sono le massime aspirazioni del cuore umano e l’importanza della presenza della Chiesa in questo mondo non è solo mostrare di stare al passo con i tempi, ma far passare il messaggio che “Dio c’entra” con questa realtà magmatica in continua trasformazione, che Dio può avere spazio nella realtà 2.0. perché è l’uomo che chiede di Lui, che continua ad avere sete di infinito, di verità, di amore.
Oltre le resistenze del tradizionalismo e le stravaganze del nuovismo a tutti i costi, c’è il realismo di chi ha scelto di raccogliere l’invito fatto da Cristo a Pietro: “prendere il largo”, osare spingersi più in là nel mare consapevoli dei rischi e delle opportunità. E’questo che in questi anni sta facendo la Chiesa, in un mare che è fatto in codice binario, in cui tante persone da dietro una tastiera desiderano ascoltare tra tante parole la Parola, tra tanti luccichii di speranza intravedere la Speranza. E se – come dice la saggezza popolare – le vie del Signore sono infinite, non sarà certo un problema per Chi ha parlato agli uomini sulle tavole di pietra e nella brezza leggera del vento, raggiungerli oggi attraverso dei post e dei tweet.