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Tantiissimi fedeli nella chiesa del Carmine per la Candelora e San Biagio

Cesare Natale Cesareo · 11 anni fa

La tanto attesa plurisecolare fiera in onore di San Biagio, che si tiene annualmente dall’1 al 3 febbraio, nel quartiere “Cafaldo” e dintorni, quest’anno è stata fortemente ostacolata dal maltempo, che non ha concesso tregua in nessuno dei tre giorni, salvo qualche ora senza che Giove Pluvio facesse i capricci. Come sempre molto partecipata la liturgia che in queste giornate si svolge nella chiesa del Carmine, guidata da don Carlo Cittadino, coadiuvato da don Emmanuel. Tradizione vuole, infatti, che chi si reca in fiera non tralascia di partecipare nella chiesa del Carmine alle Messe del 2 e 3 febbraio (anche se quest’anno c’è stata una tre giorni, con la Messa serale dell’1 febbraio celebrata da don Gianluca Taverna).

Una tre giorni che ha richiamato tantissimi fedeli e tanti visitatori, che per tradizione al loro arrivo nella zona fieristica, hanno sostato in preghiera dinanzi alle statue della Madonna, che tiene in braccio il Bambino Gesù, e di S. Biagio (posizionate l’una accanto all’altra).

Il 2 febbraio, dunque, la Chiesa Cattolica ha celebrato la Presentazione di Gesù al Tempio di Gerusalemme. E nel sacro tempio di “Cafaldo” don Carlo Cittadino ha presieduto la S. Messa delle 18.00, nel corso della quale si è svolto il rito della benedizione delle candele. Secondo la tradizione, questi ceri benedetti vengono poi conservati in casa dai fedeli e accesi durante violenti temporali (dalle nostre parti, per questo motivo è chiamata “a candila da tempesta”, la candela della tempesta), quando si aspetta una persona che non torna o si ritiene in grave pericolo, mentre si assiste un moribondo, e in qualunque momento si senta il bisogno d’invocare l’aiuto divino; mentre nel linguaggio ecclesiastico la candela accesa assume un significato cristologico, ovvero è il simbolo di Cristo, “luce per illuminare le genti”.

La festa è detta anche della “Purificazione di Maria”, in quanto una donna per un periodo di 40 giorni dopo il parto di un figlio maschio –questo secondo l’usanza ebraica-, era considerata impura e doveva andare al Tempio per purificarsi; e dal 25 dicembre, giorno della nascita di Gesù, al 2 febbraio, infatti, intercorrono proprio 40 giorni. C’è, infine, un detto popolare locale legato alla meteorologia, che dice: “Alla Candilora a virnata è fhora. Rispundiu l’ursu da tana e dissi: o chjiovi o un chjiovi, quaranta juarni c’è ancora” (Il giorno della Candelora, l’inverno è passato, ma rispose l’orso dal letargo, dicendo che o pioveva o faceva bel tempo, c’era ancora da attendere 40 giorni per la fine dell’inverno).

E ieri, 3 febbraio, è stata la giornata in cui la Chiesa cattolica ha celebrato la memoria di S. Biagio. Ma come si lega la storia di Sambiase a quella di S. Biagio e, quindi, alla secolare fiera? Per estrema sintesi, citando da fonti storiche, possiamo dire che Sambiase nasce intorno al monastero di S. Biagio pressoché nel X secolo, e che dal nome del Santo deriva quello della città; mentre per ciò che riguarda la fiera di S. Biagio, in atto in epoca brasiliana, va sottolineato che Elia Iannazzo di Sambiase, un frate del convento dei Carmelitani, ne fu l’animatore all’incirca nella seconda metà del XVI secolo, quando ne intuì l’importanza soprattutto per due settori trainanti in quel periodo, agricoltura e artigianato, che costituivano un punto di riferimento zonale e comprensoriale. Ora è considerata una vera e propria fiera mercato, dove la gente vi trova di tutto.

E nella parrocchia del Carmine (attorno alla quale gravita la fiera) tradizione vuole che i tantissimi visitatori che giungono in occasione della fiera da tutto l’hinterland e non solo, si soffermino in chiesa a venerare la statua del Santo, vescovo e martire, considerato il protettore della gola. Dalla sua biografia si apprende, infatti, che è stato innalzato alla dignità di santo ed è invocato come <> contro i mali di gola e di tutte le malattie ad essa collegata, “perché durante una sua prigionia, guarì miracolosamente un ragazzo che aveva una lisca di pesce conficcata nella trachea”; per la sua festa, quindi, è diffuso il rito della <>, che ieri don Carlo Cittadino ha presieduto nello stesso sacro tempio.

Patrono di Maratea, città che ne conserva le reliquie, Biagio, vissuto nel IV secolo, era un medico di origine armena. Vescovo della città di Sebaste (Armenia), dove operò numerosi miracoli, morì martire sotto Licinio nel 316. Deposto nella Cattedrale di Sebaste, “nel 732 una parte dei resti mortali venne imbarcata da alcuni cristiani armeni alla volta di Roma, ma una improvvisa tempesta troncò il loro viaggio a Maratea” (Potenza). San Biagio è ricordato dalla chiesa il giorno natale, cioè il 3 febbraio, quando fu decapitato (mentre a Maratea la festa patronale si celebra nella seconda domenica di maggio).