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Il Vangelo della domenica

Riflessione sulla liturgia - domenica 2 febbraio

Paolo Emanuele · 11 anni fa

Oggi, a quaranta giorni dopo la solennità del mistero della Natività di Cristo, con la festa della Presentazione del Signore, la liturgia ci ripresenta e riattualizza un “mistero” della vita di Cristo: nel Tempio, centro religioso della nazione ebraica, nel quale venivano continuamente sacrificati animali per essere offerti a Dio, fa il suo primo ingresso, umile e modesto, Colui il quale, secondo la profezia di Malachia, dovrà sedere “per fondere e purificare” (Ml 3,3), in particolare le persone consacrate al culto ed al servizio di Dio. Egli è Colui che “doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e fedele nelle cose che riguardano Dio, allo scopo di espiare i peccati del popolo” (Eb 2,1-7).

Anche il salmista, pieno di entusiasmo, esclama questo Suo ingresso nel Tempio definendolo “Signore forte e potente”, “Signore degli eserciti”, il “Re della gloria” ( cfr. Sal 24,7-10).

Ma il “Re della gloria” è, ora, un piccolo neonato di quaranta giorni, che viene portato al Tempio da Maria e Giuseppe per essere offerto a Dio, secondo la prescrizione della legge di Mosè.

La legge è espressione della volontà di Dio e tutto quanto è comando del Signore Maria e Giuseppe lo compiono con coscienza retta. Come la legge dice, così essi vivono, si comportano, dandone l’esempio, divenendo modello per ognuno. La presentazione di Gesù al Tempio è il ricordo della Pasqua, è l’offerta del primogenito, è la confessione della Signoria di Dio su ogni vita. Ma con la loro obbedienza, Maria e Giuseppe stanno adempiendo a molto di più che alla legge. Si stanno adempiendo tutte le profezie degli antichi. Poiché Maria e Giuseppe stanno portando al tempio la “luce di tutte le nazioni”.

Il “Re della gloria” non viene accompagnato da una dimostrazione di forza e di potere umani, non con grande strepito e rumore, non causando terrore e distruzione. Entra nel Tempio come è entrato nel mondo, come un infante nel silenzio, nella povertà e in compagnia dei poveri e dei saggi. Dio viene come un bambino: Dio il Creatore di tutto, l’onnipotente Signore del cielo e della terra, il “Re della gloria”.

Il primo ingresso di Dio nel Tempio del suo popolo è avvolto nel mistero della piccolezza, la sua potenza è celata nella semplicità e nell’essere indifeso. La sua venuta è completamente avvolta nel mistero che viene illuminato dalla voce del vecchio Simeone.

Profeticamente Simeone - poiché il Vangelo ci dice: “Lo Spirito Santo... era su di lui” (Lc 2,25) - dice, tenendo il bambino tra le braccia, che Egli è “la salvezza” di Dio, la “luce per illuminare le genti”, la “gloria” del popolo Israele, la “rovina e la risurrezione di molti in Israele”, il “segno di contraddizione”.

Cristo Gesù, fin dal suo apparire nel mondo, è visto nel segno della luce divina, eterna, soprannaturale; Egli è luce universale, non particolare; cosmica, non nazionale; eterna, non temporale; per tutti gli uomini di ogni tempo.

Gesù è la luce che deve illuminare ogni cultura; ogni forma di vita nella sua luce si invera e si rischiara; si libera da ogni germe di tenebra e di male.

Gesù è anche “segno di contraddizione”, la storia ormai sarà per sempre spaccata in due, ed anche i cuori si divideranno; per Lui o contro di Lui.

Benché sia la luce per la rivelazione a tutte le nazioni, Gesù è destinato a essere nel proprio tempo, e in ogni epoca, un segno osteggiato, un segno di contraddizione.

Simeone vede proprio questo futuro di Cristo Gesù per volontà dello Spirito. Il bambino, da lui preso tra le braccia, era una spada affilata, Egli avrebbe separato in due l'umanità, la storia, e la stessa eternità: nella fede in Lui la risurrezione, nell'incredulità alla Sua parola e alla Sua opera la rovina per i molti.

Gesù, da grande compirà segni portentosi e miracoli: guarirà i malati, moltiplicherà i pani e i pesci, calmerà le tempeste, riporterà in vita i morti. Le folle accorreranno a Lui da ogni dove e lo ascolteranno con attenzione, perché parlerà con autorità. E tuttavia incontrerà una dura opposizione da parte di coloro che si rifiuteranno di aprire a Lui il proprio cuore e la propria mente. Alla fine l’espressione più tangibile di questa contraddizione la troveremo nella sua sofferenza e morte sulla croce.

Anche per l’oggi del nostro tempo Cristo Gesù rimane la sola luce che rivela i pensieri dei nostri; Egli è anche oggi nel nuovo Tempio del Signore, nella casa del vero Dio, che è la Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica.

In questa Chiesa, portato da Maria tra le braccia, noi dobbiamo incontrarLo, prenderLo tra le mani e fare la nostra professione di fede in Lui. Cosicché anche la nostra vita si dividerà in un prima ed in un poi, tra il prima senza Cristo e il dopo con Lui; il dopo dell'aver manifestato a Lui la nostra fede, di aver dichiarato Lui solo nostra luce, chiarore e splendore divino.