Seconda riflessione Nella prima riflessione si è cercato di sviluppare l’esigenza di riqualificare la persona umana sorretta da canoni di pensiero e di azione che potessero, in qualche modo, riportala all’assunzione di valori che trovino fondamento negli insegnamenti dei vangeli, in particolare: avere sempre nel cuore e nella mente di vivere questa vita con la speranza, sorretta dalla certezza che scaturisce dall’amore di Dio per le sue creature.
In questa seconda riflessione si vuole proporre un possibile percorso di iniziativa metodologica che può essere di aiuto per il raggiungimento di obiettivi pedagogici necessari per dare all’uomo una struttura di pensiero capace di orientare i suoi comportamenti nella direzione del bene comune.
Da alcuni anni sembra che si stia affermando il principio che le scienze antropologiche hanno bisogno di essere supportate da indirizzi filosofico-pedagogici che rivalutino l’uomo nella sua dimensione di “agente” intelligente, quindi razionale, ma anche di entità spirituale, dotato di anima che aspira all’eterno. Tanto perché si assume la convinzione che i valori esistenziali lo guidano nelle conquiste del progresso della vita terrena, i valori etici lo proiettano in una dimensione di vita nuova che si dispiega in comportamenti che superano il contingente, il provvisorio, l’egoismo, il culto della personalità, la corsa ai piaceri di questo mondo e guardano, con rinnovato interesse, ai principi morali, ai bisogni della comunità, alle sofferenze di una società che giornalmente mostra i disagi di una vita piena di dolore, di terrore e di morte.
è evidente che per realizzare il cammino necessario che conduce al raggiungimento degli obiettivi sopra accennati, occorre puntare sullo sviluppo integrale della persona, tenendo presente che il soggetto in formazione è dotato di “materia e spirito” di “corpo e di anima”. Ogni azione didattica-educativa deve prendere in considerazione l’unitarietà della persona e conseguentemente, individuare gli interventi che promuovono l’ascesa verso forme di pensiero che si traducano, nella quotidianità, in comportamenti razionali ed etici. La formazione dei bambini, dei fanciulli e dei giovani non può basarsi esclusivamente su tecniche metodologiche e didattiche di maniera che non comprendano la dimensione dell’uomo nella sua totalità psico-fisica e spirituale. Non si può considerare l’essere umano soltanto nella sua corporeità, ciò comporterebbe l’annullamento della sua stessa esistenza. Il positivismo e, ancora di più il materialismo, hanno evidenziato nella storia del pensiero filosofico e scientifico i loro limiti e le loro contraddizioni.
Viviamo oggi una emergenza educativa dovuta, dice Benedetto XVI nella lettera del 21/01/2008 alla diocesi e alla città di Roma, avente per oggetto: “l’urgenza educativa” “alla mancata trasmissione di certezze e di valori nei tempi odierni…Si registra oggi una crisi di fiducia nella vita “un’atmosfera diffusa, una attività e una forma di cultura che portano a dubitare del valore della persona umana, del significato stesso della verità e del bene, in ultima analisi della bontà della vita. Diventa difficile trasmettere da una generazione all’altra qualcosa di valido e di certo, regole di comportamento, obiettivi credibili intorno ai quali costruire la propria vita, ciò induce sia i genitori che gli educatori, scoraggiati dalle difficoltà, a rinunciare in partenza alla missione educativa”. Da questo pessimismo si può uscire se si prende in considerazione il valore della persona umana, se in essa si instilla il principio della speranza cristiana. Alla crisi di fiducia il Papa Benedetto contrappone il principio della speranza “La speranza che si rivolge a Dio non è mai solo per me, è sempre anche la speranza per gli altri, non ci isola, ma ci rende solidali nel bene, ci stimola ad educarci reciprocamente alla verità e all’amore”.
L’ampia citazione induce ogni lettore e, in particolare tutte le istituzioni preordinate all’educazione, nei loro programmi di intervento formativo, a riflettere e, di conseguenza, porre attenzione nella predisposizione di piani didattici. I discenti sono soggetti attivi che invocano sapere e gioia di vivere, hanno una loro dignità e peculiari caratteristiche di sviluppo, perciò la famiglia, la chiesa, la scuola, la società, la politica hanno l’obbligo, ciascuno nel proprio ambito di azione, di tenere conto che lo sviluppo integrale della personalità è propedeutico alla capacità di formare uomini giusti, aperti ai bisogni di un mondo complesso e sempre più esigente di libertà, di giustizia, di civiltà e di uguaglianza.
L’attività pedagogica oggi, più che nel passato, si attesta come percorso complesso in considerazione degli sviluppi che giornalmente vediamo ad opera delle tecniche di trasmissione della cultura nei canali sociali. L’informatica, la cibernetica, le scienze sociali vanno sempre più ad incidere nei processi di apprendimento e di formazione delle nuove generazioni. Da ciò ne consegue che gli istituti chiamati ad affrontare le tematiche educative e formative debbono tenere conto della varietà e complessità del sapere che veicola ad opera dei mass-media. I messaggi che da questi canali provengono, allettanti e subdoli, spesso, possono incidere negativamente sulle potenzialità di crescita della ragione e della formazione de costume morale, se non si sviluppano capacità di pensiero creativo e divergente.
La globalizzazione mondiale, sul fronte del pluralismo culturale, ha modificato i parametri dei comportamenti delle persone: veicola nella vita di tutti i giorni una cultura narcisistica improntata alla ricerca del potere, del benessere, del guadagno e, quindi, poco attenta alle esigenze dell’altro, prevale l’amore per “l’io” e viene trascurato il “noi”. Ora se si vuole veramente aiutare l’infanzia e la gioventù a sapere intraprendere percorsi di strutturazione del pensiero e capacità di interpretare gli innumerevoli messaggi, occorre avere un obiettivo di riferimento certo e valido da raggiungere: dare sicurezza e certezza del valore della vita umana, formare coscienze in grado di sapersi orientare nei percorsi della vita con decisione, mirando sempre al bene comune e allo sviluppo di realtà civili che possano migliorare le condizioni del vivere umano, nel rispetto della persona umana, della natura e dell’eco sistema. E’da ritenere che ciò è fattibile mediante una particolare e spiccata attenzione metodologica capace di soddisfare il desiderio innato nell’uomo: la ricerca della verità, ossia la conquista dei valori, di quei valori che fanno della persona umana entità unica e irripetibile. Sono i valori, storicamente affermati, di uguaglianza, di giustizia sociale, di libertà; questi valori fondamentali richiamano un comportamento di solidarietà, di fratellanza, di benevolenza, di amore, di accettazione, di sacrificio, di dialogo e di accoglienza, così che l’attività di pensiero si possa tradurre in azione.
Il progetto didattico della scuola, quindi, come pure gli interventi formativi delle istituzioni, nel quadro di una visione generale delle esigenze e delle aspettative di conoscenza dei giovani, hanno l’obbligo di programmare interventi pedagogici nel rispetto dello sviluppo di ciascuno, tenendo conto delle capacità, delle diversità di crescita, di cultura, di credo religioso, di appartenenza politica, di razza e di condizione sociale. La discriminazione non deve mai inficiare l’intervento didattico, tanto perché, alla luce di quei valori di cui si è detto sopra, ogni persona umana ha una sua dignità che va rispettata, ma soprattutto perché la pedagogia dell’amore abbraccia ogni essere umano e lo rende parte importante nel cammino dell’educazione e nella conquista dei valori esistenziali e di eternità.
Mediante questo percorso è possibile far sì che l’uomo dispieghi i suoi comportamenti in direzione di conquiste veramente significative e, quindi, possa vivere nel contesto di un mondo “creato” per essere giustamente goduto da tutti gli esseri viventi; ciò perché tutti gli esseri che appartengono alla natura e al mondo conosciuto hanno una funzione, un ruolo, un’attività di vita che l’umanità, in quanto dotata di ragione e di spirito, ha l’obbligo di rispettare e proteggere.
Nel libro di Giorgio Montefuschi-Fiamma Nirestei–Un solo Dio tre verità- Musulmani, Ebrei e Cristiani, L’Enigma della Fede-Ediz. Mondadori,2001, pagg.210, 213, 216, 217, alla domanda posta a tre illustri rappresentanti delle tre religioni: “Qual è oggi il valore più importante”, Padre ClaudGeffrè, risponde: “Credo che il valore più importante d’oggi sia il rispetto della vita, il rispetto della dignità di ognuno. Un altro valore fondamentale è il rispetto della creazione, il rispetto, direi dei diritti della terra. In questo senso, un valore che è importante ricordare oggi è la nostra responsabilità non solo nei confronti del presente, ma anche del futuro…”.
Il Rabbino David Rosen alla stessa domanda risponde: “C’è un valore che al giorno d’oggi è assai più sostanziale di quanto non fosse un tempo e lo troviamo radicato nella Bibbia, cioè la vita umana, l’essere umano e la dignità dell’uomo, che sono valori inestimabili e sacrosanti, perché l’essere umano è stato creato a immagine di Dio”. E, ancora alla stessa richiesta il Professor Mustaf Abu Sway risponde: “I valori maggiormente apprezzati dall’Islam fin dall’inizio, sono gli stessi di oggi. Essi sono la sincerità, la verità, la fiducia, la generosità”.
Appare evidente che le risposte date dai tre grandi rappresentanti della dottrina monoteistica, sono concordi nell’affermare che i valori più importanti e sostanziali sono il rispetto della vita umana, il rispetto della terra, la dignità della persona, il rispetto della verità, della libertà e della giustizia sociale. Allora occorre dire che la scuola, la famiglia, le chiese e tutte le agenzie educative debbono includere, nei processi pedagogici, l’educazione ai valori e, conseguentemente, l’esercizio degli stessi nella vita quotidiana.
Antonio Rosmini ritiene che l’uomo è soggetto empirico dotato di luce di razionalità che gli deriva dall’Assoluto, ossia da Dio, ed è in virtù di questa luce che egli è soggetto intelligente, conoscente e volente. La persona non può essere intesa in termini egoistici e solipsistici, essa fa parte di un universo umano e sociale nel quale opera, costruisce, mette in atto le sue capacità creative, ma queste sue qualità debbono dispiegarsi per la realizzazione di se stessa come materia e spirito, come intelligenza e volontà e, verosimilmente, anche come nucleo di un vasto corpo sociale che aspira ad una vita dignitosa, dove i valori della fratellanza e dell’amore sono quotidiano cibo dei comportamenti degli uomini.
Nel contesto della pedagogia dell’amore appare importante aggiungere che qualunque percorso ha bisogno di impegno, costanza e determinazione, ma, se il vivere e l’agire umano sono sorretti dalla fede e dalla speranza cristiana certamente il viaggio diviene meno faticoso, luminoso e pieno di gioia.
“La fede cristiana - scrive Papa Francesco nella lettera Enciclica Lumen Fidei, pag.45 - in quanto annuncia la verità dell’amore totale di Dio e apre alla potenza di questo amore, arriva al centro più profondo dell’esperienza di ogni uomo, che viene alla luce grazie all’amore ed è chiamato ad amare per rimanere nella luce”.
Quindi nell’esperienza didattica-pedagogica bisogna farsi contagiare continuamente dall’amore: guardare i fanciulli, i giovani e tutti gli uomini come soggetti che invocano vicinanza, comprensione, benevolenza e aiuto sincero e gratuito. Questo principio diviene tanto più importante quanto più l’attività didattica è rivolta ai bambini e ai fanciulli, ma anche ai giovani. Formare le nuove generazioni non consiste soltanto avviarli ad apprendere un mestiere o una professione, che è certamente importante, ma portarli prioritariamente ad educarsi all’esercizio del bene, del rispetto, della comprensione, dell’accoglienza e del dialogo sincero e fraterno. Insomma l’educazione della persona deve essere sempre cammino di amore, di fede e di speranza.
Mi piace chiudere questo mia seconda riflessione con un pensiero estratto dal libro “Nuovo Umanesimo” del pedagogista Ugo Spirito: “Se vogliamo essere davvero soddisfatti, sereni, felici non abbiamo che da fare dell’amore la sostanza della nostra vita. Se stendo la mano a quello che è il mio prossimo non vivo che nel presente. Lo chiamo amico, sorrido e basta questo per dare una luce di gioia all’altro, il sorriso richiama il sorriso e la mano tesa affratella”.