“Come i Magi, simbolicamente siamo venuti in tanti alla grotta ad adorare Gesù. Un Dio che nella sua umanità ci viene incontro e ci narra il suo amore per l’uomo. E quest’incontro deve determinare una svolta. Non possiamo tornare nelle nostre case come eravamo prima”.
Così padre Antonio Casciaro, neo superiore dei padri Minimi del convento di via della Pace in Lamezia ovest, ha iniziato il suo saluto alle centinaia di persone che ieri sera (6 gennaio) hanno affollato le vie del centro storico di Sambiase per visitare il presepe vivente, organizzato -senza l’aiuto di Enti pubblici- dalle Parrocchie di San Francesco di Paola e San Pancrazio (guidate dai Minimi) in collaborazione con un nugolo di volontari della stessa parrocchia, e allestito in località
“Dopo esserci soffermati a vedere un Dio che nasce povero –ha proseguito Casciaro-, lasciamoci amare da Lui”. Il religioso minimo ha poi voluto ringraziare a nome della comunità parrocchiale, degli altri confratelli (padre Antonio Bonacci, padre Ivano Scalise; e padre Vincenzo Arzente), “tutti coloro che da mesi hanno lavorato incessantemente, anche sotto la pioggia, per organizzare il presepe vivente”, estendendo il ringraziamento “all’Amministrazione Comunale di Lamezia Terme, alla Polizia municipale e ai Carabinieri per aver garantito il regolare svolgimento della manifestazione”. Un grazie particolare, infine, padre Casciaro lo ha riservato “agli abitanti di questo bellissimo centro storico, che con grande ammirabile disponibilità hanno messo a disposizione i loro locali pur di rendere possibile questa manifestazione unica del presepe vivente”. E ha concluso con la preghiera del Padre Nostro e la benedizione ai presenti.
Quello di ieri sera è stato il terzo ed ultimo appuntamento del presepe vivente (giunto quest’anno alla sua settima edizione), dopo le serate del 26 dicembre e del 1° gennaio.
Nella di Santo Stefano, Giove Pluvio aveva fatto i capricci. Ma nonostante la pioggia a catinelle, che non ha dato tregua per tutta la serata del 26 dicembre, i figuranti –rigorosamente in costume tradizionale del tempo- non si sono scoraggiati e sia pure in condizioni climatiche davvero difficili, hanno deciso comunque di far rivivere ai visitatori, che hanno sfidato il maltempo, le varie rappresentazioni sceniche, riuscendo a creare quella magia che nell’atmosfera natalizia assume una grande valenza. Perché c’è anche un significato storico – teologico del presepe vivente, che si snoda “tra il recupero del passato e la valorizzazione di un contesto nella storia di un popolo”.
E’andata meglio, dal punto di vista meteo, la sera di Capodanno, con la pioggia che è arrivata alle 22, cioè un’ora dopo la chiusura del presepe vivente. Clima decisamente favorevole ieri, 6 gennaio. E così i tantissimi visitatori hanno potuto riassaporare le tradizioni locali, degustando tra una sosta e l’altra, tutta roba –come si suol dire- fatta in casa: dalla “giardiniara” ai pomodori secchi; (olive nere) ; dalle (crespelle) alle (caldarroste) e quant’altro. Poi, tra zampognari, una e l’altra, eseguita dal gruppo giovani di San Francesco, l’impatto con le arti e i mestieri, rappresentati nel presepe vivente da oltre cento figuranti: (il calzolaio), (il barbiere), (il sarto), (la maestra del cucito), (lo scrivano), (il falegname), (il fabbro), (colui che lavorava la ricotta), (il carpentiere), (il mercato), (la bottega del vino), (il forno col pane casereccio appena sfornato).
Tradizioni locali che è stato possibile “ripassare” tra le righe delle poesie di Franco Costabile, dislocate lungo il percorso del presepe, così anche tra le di Francesco Davoli e le poesie tratte dal libro “Icica” di Ciccio Scalise. Nell’ultima tappa del percorso, la Rettoria dell’Addolorata, è stata allestita la capanna della Natività, rappresentata da una famiglia del luogo, quest’anno composta da Cristian Zaffina, Carla Sirianni e il loro bambino, di soli sei mesi, Francesco. E’a questa capanna che guidati dalla stella cometa e accolti dai canti di un gruppo di figuranti stessi, sono giunti i Re Magi, di fronte ad una stupenda cornice di pubblico… delle grandi occasioni.
“Dopo esserci soffermati a vedere un Dio che nasce povero –ha proseguito Casciaro-, lasciamoci amare da Lui”. Il religioso minimo ha poi voluto ringraziare a nome della comunità parrocchiale, degli altri confratelli (padre Antonio Bonacci, padre Ivano Scalise; e padre Vincenzo Arzente), “tutti coloro che da mesi hanno lavorato incessantemente, anche sotto la pioggia, per organizzare il presepe vivente”, estendendo il ringraziamento “all’Amministrazione Comunale di Lamezia Terme, alla Polizia municipale e ai Carabinieri per aver garantito il regolare svolgimento della manifestazione”. Un grazie particolare, infine, padre Casciaro lo ha riservato “agli abitanti di questo bellissimo centro storico, che con grande ammirabile disponibilità hanno messo a disposizione i loro locali pur di rendere possibile questa manifestazione unica del presepe vivente”. E ha concluso con la preghiera del Padre Nostro e la benedizione ai presenti.
Quello di ieri sera è stato il terzo ed ultimo appuntamento del presepe vivente (giunto quest’anno alla sua settima edizione), dopo le serate del 26 dicembre e del 1° gennaio.
Nella
E’andata meglio, dal punto di vista meteo, la sera di Capodanno, con la pioggia che è arrivata alle 22, cioè un’ora dopo la chiusura del presepe vivente. Clima decisamente favorevole ieri, 6 gennaio. E così i tantissimi visitatori hanno potuto riassaporare le tradizioni locali, degustando tra una sosta e l’altra, tutta roba –come si suol dire- fatta in casa: dalla “giardiniara” ai pomodori secchi;
Tradizioni locali che è stato possibile “ripassare” tra le righe delle poesie di Franco Costabile, dislocate lungo il percorso del presepe, così anche tra le