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La parola del Vescovo

Omelia del vescovo per l'inaugurazione anno pastorale

Paolo Emanuele · 11 anni fa

Omelia per l’inaugurazione dell’Anno Pastorale Cattedrale, 11 ottobre 2013

Letture

At 5, 12-16

Salmo 104, 1-6. 33-34

Lc 8, 40-48

«Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’in pace!» Carissimi fratelli e sorelle, queste parole di Gesù ci toccano profondamente e risuonano nel nostro cuore.

Desideriamo anche noi come chiesa diocesana vivere in questa pace, sperimentare questa salvezza che viene dalla fede. «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’in pace!».

Stiamo arrivando al culmine dell’Anno della Fede e, con questa celebrazione, mentre inauguriamo il nuovo Anno Pastorale, ricordiamo Mons. Vittorio Moietta che nel suo breve episcopato seppe dare alla nostra diocesi un grande contributo nel cammino di fede.

La sua partecipazione al Concilio, contribuì a inserire anche la nostra Chiesa nello spirito del Concilio.

Vorrei ricordarlo a voi con un fatto profondo e singolare che ci permette di inquadrare la sua vita di uomo di fede.

Quando gli fu diagnosticato il male, che lo avrebbe portato alla morte, Papa Giovanni XXIII incaricò, durante una sessione del Concilio, l'Arcivescovo di Reggio Calabria, Mons. Ferro di recarsi al capezzale di Mons. Moietta per portargli la sua benedizione.

L'arcivescovo reggino venne a Nicastro e da quello incontro con il Vescovo quasi morente, custodì questa frase di Mons. Moietta: "Quanto era bello salire sui monti della Querciola a Conflenti, ma corre per il Signore chi sa fermarsi quando Dio lo vuole".

Possiamo cogliere in questa espressione una bella professione di fede che ci accompagna nel cammino e nel ricordo di Mons. Moietta soprattutto come uomo di fede, totalmente abbandonato alla volontà di Dio.

Con gratitudine per il passato e con lo sguardo rivolto verso il futuro accogliamo dunque la Parola di Gesù: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’in pace!»

Chi è l’emorroissa? è una donna ammalata da dodici anni. La sua sofferenza è contrassegnata da una mancanza di vita: perdere sangue significa perdere la vita e con essa le forze, l’energia, lo sprint, la speranza.

Il corpo languisce e lo spirito viene meno!

Ma questa donna nella sua debolezza, osa, spera, agisce. Sappiamo bene che il contatto con il sangue per la religione d’Israele faceva sì che si contraesse l’impurità rituale con la conseguente esclusione dal culto, se non dopo complicate purificazioni.

La donna sarebbe stata dunque costretta a vivere isolata, lontano dalla folla per non contaminare nessuno. Eppure osa!

Osa avvicinarsi a Gesù, osa toccargli il lembo del mantello.

Non vuole esporsi troppo e neanche mettere in difficoltà il maestro, agisce quasi di nascosto, ma è determinata nel desiderio.

Di fatto quel “tocco” non spavaldo, ma dettato dalla fede, provoca la guarigione.

Gesù se ne accorge e, davanti alla stoltezza dei discepoli che invece non colgono la situazione, la donna non riesce a contenere l’emozione ed è tutta tremante. Ma anche qui, gettandosi ai piedi del Signore, dichiara davanti a tutti gli astanti il motivo del suo gesto e ciò che le è accaduto.

Gesù le dice: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’in pace!»

Lasciamoci raggiungere anche noi dalle parole del Signore Gesù per vivere una vita nuova.

«Figlia … » è la Chiesa di Lamezia, siamo noi. Ed è Gesù, supremo pastore delle pecore, che ci dona la sua salvezza, la sua pace.

Ma noi riusciamo a fare come la donna?

Riusciamo ad aver il coraggio di toccare il lembo del mantello, sapendo che quel piccolo gesto ci dà salvezza e guarigione?

Abbiamo cioè la consapevolezza delle nostre infermità e la fiducia di essere guariti?

Guardando l’audacia di questa donna noi troviamo le risorse per superare una certa stagnazione:

- La prima è non lasciarsi vincere dalla rassegnazione, dalla passività e, soprattutto, dall’indolenza sclerotica!

Papa Francesco, in questa linea, è una grande guida per noi, perché sta veramente scrollando l’albero per far cadere tante foglie secche! Egli ci sta dicendo che per essere discepoli, per essere credenti, occorre avere un «rapporto vitale con la persona di Gesù, è rivestirsi di lui, è assimilazione a Lui» (Assisi, Omelia, 4 ottobre 2013).

L’emorroissa fa proprio questo. Tocca il lembo del mantello e si riveste di Cristo. Lasciamo che sia Lui a dimorare in noi, lasciamo che sia Lui a trasformare la nostra mentalità!

- La seconda cosa è la responsabilità. La Chiesa è adulta quando ci sono dei cristiani che assumono la loro responsabilità di credenti, nel mondo, nella storia, nella loro città; quando si ha la forza della goccia che scava la pietra (gutta cavat lapidem, dicevano gli antichi latini) per perseguire il bene comune. Oggi in tanti ne parlano ma attenzione a non riempirci la bocca per poi fare tutto come sempre e sentirci al sicuro!

Ce lo ha ricordato ancora il Papa: «Il cristiano non può convivere con lo spirito del mondo. La mondanità che ci porta alla vanità, alla prepotenza, all’orgoglio. E questo è un idolo, non è Dio. E’un idolo! E l’idolatria è il peccato più forte!».

Piccoli passi, ma decisi. Seguiamo le indicazioni che ci vengono dal progetto Pastorale, cominciamo ad attuarle, osiamo nel bene!

Carissimi, come l’emorroissa abbiamo perso tanto sangue, abbiamo speso tante energie, inutilmente, ma ora possiamo toccare il lembo del mantello di Gesù. Egli ci ricrea attraverso la sua Parola e fa di noi delle persone nuove.

è il Vangelo che cambia la vita!

«Il Vangelo (ha detto ancora il Papa ai giovani di Assisi) ha due destinazioni che sono legate: la prima, suscitare la fede, e questa è l’evangelizzazione; la seconda, trasformare il mondo secondo il disegno di Dio, e questa è l’animazione cristiana della società. Ma non sono due cose separate, sono un’unica missione: portare il Vangelo con la testimonianza della nostra vita trasforma il mondo! Questa è la via: portare il Vangelo con la testimonianza della nostra vita».

Mi sembra dunque che l’incoraggiamento che ci viene da questa pagina del Vangelo sia vivere, vivere il Vangelo, senza troppi accomodamenti!

Chiediamo al Signore: dì anche a noi oggi: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’in pace!»