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Il culto di San Foca a Castiglione Marittimo

Antonio Cataudo · 11 anni fa

Nel 2012 fu, a ragione, definito "un evento di portata storica" a suggello dell'unità parrocchiale tra Castiglione e Falerna Marina, per secoli nota come la marina di Castiglione. Per tali ragioni, il parroco don Biagio Palmeri ha scelto di ripeterlo: la traslazione della statua di San Foca martire, i cui festeggiamenti ricorrono la prima domenica d'agosto, dalla chiesa di sant'Antonio abate alla chiesa di san Francesco di Paola, situata nella frazione marittima. Un legame storico profondo è così rinsaldato dalla fede popolare e si arricchisce di contenuti, grazie al gemellaggio con la comunità parrocchiale di Francavilla Angitola, nel segno della comune devozione verso il santo turco.

Per don Biagio, l'abbraccio tra le comunità di Castiglione e Marina rappresenta "un'occasione di benedizione, di crescita spirituale comune e condivisa, di amicizia".

Nell'Italia meridionale, il culto di San Foca sarebbe connesso alle imprese del condottiero bizantino Niceforo Foca il quale, sul finire del IX secolo, respinse i Saraceni dalla Puglia e dalla Calabria. E Castiglione Marittimo, nei secoli, fu oggetto di numerose incursioni piratesche, testimoniate dalla petra de Sant'Antoni, ancora visibile che, secondo la leggenda, si staccò da uno sperone roccioso per precitare e travolgere un drappello di pericolosi Saraceni.

Il culto di san Foca, unitamente a quello di sant’Antonio Abate che visse nel III-IV secolo d.C., testimonia quindi le origini antichissime del borgo di Castiglione Marittimo, da cui nel Seicento nacque il casale di Falerna e nel Novecento la frazione Marina.

Foca visse a Sinope, in Asia Minore, tra il I ed il II secolo d. C. e subì martirio sotto l’imperatore romano Traiano. Svolgeva l’occupazione di ortolano. Il Martirologio Romano riferisce che, «dopo molte sofferenze, patite in nome del Redentore, Foca trionfò felicemente sull'antico serpente», simbolo del peccato originale. Per tali ragioni, è protettore di coloro che sono morsi dalle serpi, oltre che di agricoltori, giardinieri e naviganti.

Apprezzato per la sua generosità, diede una coraggiosa dimostrazione di fede ai suoi stessi persecutori, incaricati di giustiziarlo. I carnefici non lo riconobbero ed, entrati in casa sua per ottenere indicazioni, furono generosamente ospitati. Mentre i due legionari si ristoravano, Foca si recò nell'orto a scavare il suo sepolcro; dopo di che, rientrò in casa, dichiarò la propria identità e testimoniò con fermezza la sua fede in Cristo, offrendosi, così, al supplizio del martirio ed alla gloria della Santità.

Sue virtù sono l’amore fraterno ed il perdono. Suoi attributi sono il serpente e la palma del martirio.

Nella foto: Don Biagio Palmeri cinge l'effigie di San Foca con una reliquia (per gentile concessione di Nicola Ferraro)