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Cultura e Società

Presentato il libro di poesie in dialetto sambiasino Na spiranza, di Giovannino Borelli

Paolo Emanuele · 11 anni fa

“Giovannino si avvicinava durante i nostri intervalli e mi faceva sentire una sua poesia… Ormai è un collaboratore della nostra associazione, ‘Musica e Arte Aulos’, alla quale si è unito in diversi concerti. Suo nonno, cantastorie, allietava le serate di Carnevale; suo padre, Salvatore, ha dato un contributo alla poetica lametina”. Così la Prof.ssa Rosa D’Audino, direttrice della ‘Polifonica Aulos’ha introdotto nella serata di domenica scorsa, 28 luglio, nella stupenda cornice dell’atrio ‘Giuseppe Verdi’, nel centro storico di Lamezia Terme Sambiase, Giovannino Borelli (reduce da Bovalino, dove proprio sabato 27 luglio ha ricevuto il Premio ‘Pericle d’oro’, il prestigioso riconoscimento consistente nella statuetta raffigurante il busto di Pericle colato in oro ed opera dello scultore greco Marrakes), nel corso di una manifestazione che ha omaggiato lo stesso Borelli, musicista (chitarra classica; diplomato in chitarra al Conservatorio di Bari) e poeta di Lamezia Terme, per la presentazione del suo libro di poesie in dialetto sambiasino “Na spiranza” (2013, 136 pagine, edito da Pellegrini).

La manifestazione è stata organizzata -col Patrocinio del Comune di Lamezia Terme- dal sodalizio di Rosa D’Audino e del ‘Centro Democrazia e Diritti’, presieduto dall’On. Costantino Fittante, che ha presentato gli illustri relatori che si sono alternati nel corso della serata, scivolata via tra le relazioni, gli intermezzi con alcune delle poesie di Giovannino Borelli, declamate magistralmente da Giancarlo Davoli e Raffaella Gigliotti e gli interventi musicali de ‘I Musici Calabresi’-con i cantastorie Bruno Tassone e Gerardo Vespucci- e della ‘Polifonica Aulos’.

Nel primo dei tre qualificati interventi, il Prof. Giuseppe Antonio Martino (curatore del libro di Borelli), dopo aver omaggiato la figura del poeta Franco Costabile con un suo ricordo, è entrato nello specifico della sua trattazione, sottolineando che “la scelta di scrivere poesie in dialetto è importantissima” e ricordando che “il dialetto non è una deviazione dell’italiano. Sambiase nelle ‘Carte dei dialetti d’Italia’di Giovanni Battista Pellegrini –ha spiegato Martino- è considerato un dialetto della Calabria estrema, della Calabria meridionale, e risente dell’influenza greca. Giovannino Borelli –ancora Martino- osserva ciò che gli sta intorno e poi scrive. Ad esempio, nella poesia ‘U castiallu i santu Tidoro’(Il castello di San Teodoro) ricorda Federico II di Svevia; poi ricorda l’abate Gioacchino da Fiore…, fino ad arrivare alla storia del Risorgimento”. Nella relazione il Prof. Martino ha rimarcato come “Borelli mette in luce tutte le attività culturali che avvengono a Sambiase”, adducendo che questo suo fare “è espressione di alta cultura”.

Il Prof. Dante Maffia, secondo relatore della serata (anch’egli reduce dal ricevimento, il 27 luglio a Bovalino, del ‘Pericle d’oro’), in vista dell’appuntamento lametino nell’atrio ‘G. Verdi’, ha detto di aver riletto il libro (del quale ne ha curato la prefazione) e di aver “trovato tante altre cose straordinarie rispetto alla prima lettura. Questa poesia di Giovannino Borelli –ha proseguito Maffia- è una poesia in dialetto, perché è una poesia al di là della lingua. Borelli ci coinvolge negli avvenimenti. Quelle parole non vengono usate per caso, ma in quelle parole c’è una esperienza profonda. Nella poesia di Borelli c’è un discorso che nasce dalla capacità del poeta di riuscire a dare un piccolo romanzo nel corso delle 23 poesie, vedere in pratica come la vita si svolgeva, fino ad arrivare all’attualità. Il libro –ha concluso Dante Maffia- è compatto, e man mano che si entra nel testo del Borelli, si sente la poesia antica e bella della nostra Calabria”.

Il Prof. Pasquino Crupi, ultimo relatore della serata, nonostante gli acciacchi della sua età, non è voluto mancare all’appuntamento con Giovannino Borelli. “Qualche anno fa venni a Nicastro a parlare della poesia del padre di Giovannino, Salvatore Borelli (nda, nel frattempo deceduto). Ritorno stasera a presentare il libro del figlio, e debbo dire che il figlio qui risulta migliore del padre”. E qui l’applauso dei numerosi presenti non si è fatto attendere. Crupi, dopo aver ricordato il primo lavoro di Giovannino Borelli, ‘ma suanu e ma cantu’(2008, edito da Ursini), ha evidenziato che il titolo ‘Na spiranza’del libro del 2013 “ha una sua risonanza di speranza”. Crupi ha fatto questa riflessione: “ormai non c’è romanzo che non si apre con un colpo di lupara, prosegue con un morto e poi con un corteo funebre. Siamo alla degenerazione della letteratura meridionale. In Giovannino Borelli –ha sottolineato Crupi- trovo un tentativo di cambiamento, una speranza di cambiamento… Il poeta dialettale, che non sempre è poeta popolare –ha fatto notare ancora il Prof. Crupi-, non ha diritto alla fantasia, deve raccontare quello che c’è, non può scappare dalla realtà”. Un accenno di Crupi anche alla religiosità popolare che emerge dagli scritti del Borelli e sempre con la novità di un’apertura di speranza, come nella poesia ‘A Natuzza’, la mistica di Paravati deceduta il 1° novembre del 2009.

Dopo la terna degli autorevoli relatori, in ultimo anche Giovannino Borelli, l’autore del libro, visibilmente emozionato, ha tenuto a sottolineare che “per un autore, il battesimo di una sua creatura è sempre un evento commovente”, tenendo a ribadire che “la scelta del titolo è una logica conseguenza del precedente lavoro”.

Poi, la sfilza di ringraziamenti e, dulcis in fundo, la ‘Polifonica Aulos’che, sotto la direzione del M° Rosa D’Audino, ha voluto congedare i presenti con un omaggio alla Calabria, alla Sicilia e alla Campania, eseguendo ‘calabrisella’, ‘vitti na crozza’e ‘o surdato nnamurato’.