di Michele Zannini Presidente Nazionale Acli Terra Già da qualche decennio registriamo trasformazioni significative del ruolo del comparto agricolo e, non di meno, della sua più generale dimensione rurale, sul piano dell’organizzazione dei processi produttivi e delle conseguenti implicazioni di natura economica e tecnologica. In generale, annotiamo l’imporsi di una visione multifunzionale sostenuta inizialmente dalla prospettiva di promuovere nuove opportunità di reddito e di lavoro per gli agricoltori.
In realtà l’agricoltura è multifunzionale per essenza; lo è in maniera costitutiva se è vero che, già a partire da Agenda 2000, anche l’Unione Europea ha finito in qualche modo per qualificare il carattere della multifunzionalità come “ il nesso fondamentale tra agricoltura sostenibile, sicurezza alimentare, equilibrio sociale e territoriale, conservazione del paesaggio e dell’ambiente, nonché garanzia dell’approvvigionamento alimentare”.
Qui è lo snodo di un percorso completamente originale che ridefinisce, in maniera più ricca e completa, le possibilità del comparto e di quanti nel comparto lavorano. L’agricoltura, come ormai è ampiamente evidente, genera ed incardina funzioni e servizi che vanno ben oltre la ragione principale del produrre materie per l’alimentazione. Funzioni e servizi che integrano bisogni diversi da quelli della sicurezza alimentare; la loro diffusione sui territori e sulle aree rurali disegna il percorso straordinario di evoluzione in atto del mondo agricolo.
Proprio lungo questo percorso si sviluppano le potenzialità sociali dell’agricoltura; in pratica la capacità del comparto di assicurare opportunità specifiche di generazione di beni relazionali, che corrispondono a precisi bisogni sociali. Uno sviluppo dunque destinato a produrre esiti non solo in un’ottica di solidarietà e di accoglienza, valori già di per sé fondamentali da alimentare e sostenere nelle aree rurali. In realtà la dimensione etica e sociale in questo caso integra processi produttivi e li qualifica in modo da destinarli, più ed oltre che al mercato, alla soddisfazione di bisogni peculiari di persone in qualche modo, in qualsiasi modo, segnate da una condizione di fragilità, cosicché la vita in ambito rurale diviene occasione, ad un tempo, di produzione di qualità e di eccellenza, ma anche di recupero, di riabilitazione, di reinserimento sociale ed occupazionale. In questa prospettiva l’agricoltura sociale non è un’altra agricoltura, non è una diversione dall’agricoltura intesa in maniera classica; è, invece, un’agricoltura che si completa, che consolida relazioni di comunità, che interviene in maniera ancora più pregnante sulle qualità ambientali e paesaggistiche dello spazio rurale, che custodisce saperi e tradizioni, che, in definitiva, “trattiene e rigenera” valori di comunità destinati probabilmente a perdersi. Acli Terra, ha già sperimentato la pratica di un confronto diretto e costruttivo, che oggi si rinnova, sull’Agricoltura sociale, della quale,cominciamo a conoscere la struttura. Siamo certi che l’agricoltura sociale può svolgere un ruolo incisivo sul modello di sviluppo nel suo complesso e può predisporre condizioni che dovranno dar vita ad un modello di welfare tipicamente “rurale”, più che semplicemente (si fa per dire) agricolo. L’agricoltura sociale, infatti, manifesterà tutti i caratteri della straordinaria innovazione di cui è capace allorquando sarà effettivamente posta in condizione di integrare economie locali e offerte di servizi alle persone. Acli Terra confida enormemente sul ruolo delle Regioni perché promuovere una dimensione sociale e civile dell’economia, vuol dire mettere in campo nuove strategie di collaborazione diffusa e coinvolgente tra soggetti pubblici, soggetti del terzo settore e soggetti privati dotati di un paradigma sociale secondo un principio di sussidiarietà che deve alimentare una nuova versione del meridionalismo.