Tale rubrica, dedicata alla Vergine Maria, vuole offrire alcune riflessioni sulla madre di Gesù, alla luce della parola di Dio, del magistero dei sommi pontefici e degli scritti dei teologi più influenti nella storia della Chiesa. In questo primo articolo descriverò il titolo “Mater Ecclesiae” nella sua valenza teologica e importanza storica. Il titolo “Mater Ecclesiae”[1] fu proclamato da papa Paolo VI il 21 novembre 1964, lo stesso giorno della promulgazione della costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen Gentium, impegnando il proprio magistero di pastore universale:
«A gloria della Vergine e a nostro conforto, Noi proclamiamo Maria Santissima “Madre della Chiesa”, cioè di tutto il popolo di Dio, tanto dei fedeli come dei Pastori, che la chiamano Madre amorosissima; e vogliamo che con tale titolo soavissimo d’ora innanzi la Vergine venga ancor più onorata ed invocata da tutto il popolo cristiano. Si tratta di un titolo, venerabili Fratelli, che non è nuovo alla pietà dei cristiani; che anzi è proprio con questo nome di Madre, a preferenza di ogni altro, che i fedeli e la Chiesa tutta sogliono rivolgersi a Maria. Esso invero appartiene alla genuina sostanza della devozione a Maria, trovando la sua giustificazione nella dignità stessa della Madre del Verbo Incarnato. Come infatti la divina maternità è il fondamento della speciale relazione con Cristo e della sua presenza nella economia della salvezza operata da Cristo Gesù, così pure essa costituisce il fondamento principale dei rapporto di Maria con la Chiesa, essendo Madre di Colui, che fin dal primo istante della Incarnazione nel suo seno verginale, ha unito a sé come capo il suo Corpo Mistico che è la Chiesa. Maria, dunque, come Madre di Cristo, è Madre anche dei fedeli e dei Pastori tutti, cioè della Chiesa»[2].
Paolo VI avrebbe desiderato che lo stesso Concilio Vaticano II proclamasse Maria Madre della Chiesa. Ciò non avvenne a causa di alcune difficoltà sollevate dai padri conciliari tra cui mons. G. Philips, il quale affermava che tale titolo si trovava solo presso alcuni autori del medioevo e presentava degli svantaggi in quando la Chiesa è detta nostra Madre e quindi la vergine Maria sarebbe “Madre della nostra stessa Madre” invece di essere chiamata “membro della Chiesa”[3].
Oltre all’incomprensione di alcuni teologi che esprimevano la difficoltà di come Maria potesse essere insieme membro e madre della Chiesa, vi erano altri teologi che evidenziavano il pericolo che la maternità di Maria si potesse sostituire alla fondamentale relazione con Cristo (mettendo così in disparte il significato dei sacramenti e della gerarchia). Altri ancora pensavano che tale titolo mariano potesse contribuire a un’interpretazione devozionale e sentimentale della missione di Maria[4].
Molti padri conciliari invece erano a favore del titolo “Madre della Chiesa”. Tra questi J.A. de Aldama il quale spiegava che il nuovo titolo “Mater Ecclesiae” era un frutto ovvio di principi dottrinali sempre insegnati nella Chiesa. L’ambiguità del linguaggio che utilizzava i termini “Chiesa” e “Madre” non andava radicalizzata perché non solo Maria ma anche la Chiesa che è madre dei vescovi, nostri padri, sarebbe nostra nonna. In particolare J.A. de Aldama, riprendendo la proclamazione di Paolo VI, mostrava come l’affermazione Mater Ecclesiae è un prolungamento della maternità divina in quanto Gesù Cristo è capo del corpo mistico, unito necessariamente ai suoi membri nello stesso seno verginale[5].
Per queste problematiche la proclamazione del titolo mariano Mater Ecclesiae causò uno dei punti di maggiore tensione nella “settimana nera” (14-21 novembre 1964) del terzo periodo conciliare. Infatti il De beata (il capitolo VIII della Lumen Gentium, numeri 52-69, che riguarda la dottrina sulla Vergine Maria) era già parte integrante della costituzione sulla chiesa. Come poteva Maria essere sorella e condiscepola e insieme madre dei figli della chiesa? Maria più che Madre della Chiesa, doveva essere compresa come madre “nella Chiesa”?[6].
La disputa mariologica e la solenne proclamazione di Paolo VI inoltre spostavano la discussione sulla collegialità dei vescovi e il primato del Papa. La dichiarazione di Maria come Madre della Chiesa diede al papa l’occasione di superare la forte opposizione di alcuni padri conciliari facendo prevalere la sua autorità papale su quella del collegio dei vescovi, e questo proprio nel momento in cui il principio della collegialità episcopale era appena stato votato dal concilio[7].
Il Concilio Vaticano II non attribuiva esplicitamente alla Vergine Maria il titolo di “Madre della Chiesa”, però ne enunciava chiaramente il contenuto costatando il fatto che «la Chiesa Cattolica, edotta dallo Spirito Santo[8], con affetto di pietà filiale la venera come madre amantissima» (Lumen Gentium 53). Tra le ragioni esposte sempre nella Lumen Gentium occorre considerare anche il libero consenso espresso da Maria nell’annunciazione ad essere la madre e serva del Redentore (Lc 1,26-38), capo del Corpo Mistico (cfr. Lumen Gentium 53); la sua amorosa e fedele cooperazione con Cristo, alla restaurazione della vita soprannaturale delle anime: «per questo è stata per noi la madre nell’ordine della grazia» (Lumen Gentium 61)[9].
In tal modo esprimeva la natura di tale titolo che definisce la maternità nell’economia della grazia, a vantaggio dei credenti (Lumen Gentium 62). Egli inoltre lo interpretava nella linea della funzione materna che la Vergine esercita sul popolo cristiano descritto dalla Lumen Gentium dove la maternità spirituale/ecclesiale di Maria è esposta ripetutamente sia come cooperazione storica all’evento della redenzione operata da Cristo sia come intercessione gloriosa e permanente[10]. Paolo VI a giudizio del teologo Philips, con la proclamazione del titolo mariano, pur conformandosi alla dottrina conciliare, avrebbe superato il testo conciliare.
Dopo accurate indagini positive, difficilmente si può negare il fondamento biblico-ecclesiale del titolo Mater Ecclesiae. Matteo, Luca e Giovanni sono gli autori neotestamentari che più ci parlano di Maria attestando che lei, proprio perché madre del Signore, è unita indissolubilmente ai discepoli del Figlio da legami vitali. Ognuno che venga a Cristo nella sua “casa” che è la Chiesa, sempre troverà “il Bambino con Maria sua madre” (Mt 2,11)[11].
Come spiega Giovanni Paolo II nella catechesi mariana del 18 settembre 1997[12],
«Maria, sin dall’Annunciazione, è chiamata ad offrire il suo consenso all’avvento del Regno messianico, che si compirà con la formazione della Chiesa. Maria a Cana, sollecitando il Figlio all’esercizio del potere messianico, offre un fondamentale contributo al radicamento della fede nella prima comunità dei discepoli e coopera all’instaurazione del Regno di Dio, che ha il suo germe ed inizio nella Chiesa (cfr. Lumen Gentium, 5). Sul Calvario Maria, unendosi al sacrificio di suo figlio offre all’opera della salvezza il proprio contributo materno, che assume la forma di un parto doloroso, il parto della nuova umanità»[13]. Inoltre «con le parole “Donna, ecco tuo figlio”, il Crocifisso ne proclama la maternità non solo verso l’apostolo Giovanni, ma anche verso ogni discepolo. Lo stesso Evangelista, affermando che Gesù doveva morire “per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi” (Gv 11,52), indica nella nascita della Chiesa il frutto del sacrificio redentore, cui Maria è maternamente associata»[14].
Inoltre ricordando gli atti degli apostoli (1,14), nella stessa catechesi, chiarisce la presenza materna di Maria nella prima comunità cristiana, la chiesa nascente, in analogia con il ruolo materno avuto da Lei nella nascita del Redentore. Infine tra i padri della chiesa ricorda Sant’Ireneo il quale affermava che Maria è “causa di salvezza per tutto il genere umano”; Sant’Ambrogio che nella Vergine vedeva colei che ha generato la salvezza del mondo; Saveriano di Gabala e Fausto di Riez che si riferiscono a Maria come “madre della salvezza”; S. Anselmo che si rivolge a Maria come “madre della giustificazione e dei giustificati, la madre della riconciliazione e dei riconciliati, la madre della salvezza e dei salvati”[15].
Il titolo “Madre della Chiesa” implica una vicinanza materna di Maria nella Chiesa di tutti i tempi e un aiuto continuo ad essa
«con le sue preghiere, le primizie della Chiesa. Anche dopo la sua assunzione in cielo, ella continua a intercedere per i suoi figli, ad essere per tutti un modello di fede e di carità e ad esercitare su di loro un influsso salutare, che sgorga dalla sovrabbondanza dei meriti di Cristo. I fedeli vedono in lei un'immagine e un anticipo della risurrezione che li attende, e la invocano come avvocata, ausiliatrice, soccorritrice, mediatrice»[16].
La Vergine Maria è Madre della Chiesa perché il suo influsso materno viene continuamente esercitato sulla formazione, sulla vita e sullo sviluppo della Chiesa stessa. Inoltre
«la Chiesa è seme vivente di Dio che vuole svilupparsi e arrivare a maturazione. Per questo essa ha bisogno del mistero mariano, anzi è essa stessa mistero di Maria»[17].
Tra i teologi che hanno studiato il titolo “Mater Ecclesiae” si distingue J. Galot che ne evidenzia la dimensione comunitaria e la promozione dell’unità. Nel suo libro Theólogie du titre «Mère de l’Eglise» afferma che Maria è la Madre di tutta la comunità cristiana e la sua sollecitudine materna si estende allo sviluppo dell’insieme della Chiesa, e in funzione di questo insieme tocca la vita personale di ogni cristiano: in qualità di Madre della Chiesa, Maria è destinata più specialmente a contribuire all’unità della comunità. Ella è madre dell’unità[18].
Giovanni Paolo II nell’enciclica Redemptoris Mater riprende il titolo e lo approfondisce in diversi modi, in particolare ricordando il Concilio Vaticano II che «seguendo la Tradizione, non esita a chiamare Maria “Madre di Cristo e madre degli uomini”: infatti, ella è “congiunta nella stirpe di Adamo con tutti gli uomini..., anzi è veramente madre delle membra (di Cristo)..., perché cooperò con la carità alla nascita dei fedeli nella Chiesa. Dunque, questa nuova maternità di Maria, generata dalla fede, è frutto del nuovo amore, che maturò in lei definitivamente ai piedi della Croce, mediante la sua partecipazione all'amore redentivo del Figlio»[19].
Il Papa emerito Benedetto XVI, ricordando l’importante atto compiuto da Paolo VI, nel corso dell’omelia dell’8 dicembre 2005 disse:
«Resta indelebile nella mia memoria il momento in cui, sentendo le parole: “Mariam Sanctissimam declaramus Matrem Ecclesiae” – “dichiariamo Maria Santissima Madre della Chiesa”, spontaneamente i Padri si alzarono di scatto dalle loro sedie e applaudirono in piedi, rendendo omaggio alla Madre di Dio, a nostra Madre, alla Madre della Chiesa. Di fatto, con questo titolo il papa riassumeva la dottrina mariana del Concilio, il Figlio di Dio che, come uomo, ha voluto diventare figlio suo. Essendo totalmente unita a Cristo, ella appartiene anche totalmente a noi. Sì, possiamo dire che Maria ci è vicina come nessun altro essere umano, perché Cristo è uomo per gli uomini e tutto il suo essere è un “esserci per noi” […] La Madre del Capo è anche la Madre di tutta la Chiesa; lei è, per così dire, totalmente espropriata da se stessa; si è data interamente a Cristo e con Lui viene data in dono a tutti noi. Infatti, più la persona umana si dona, più trova se stessa»[20].
E’opportuno riportare anche quanto il teologo Colzani afferma in merito al titolo mariano Mater Ecclesiae:
«Madre della Chiesa, perciò, è titolo che porta a compimento quello di Theotokos, di Madre di Dio: mostra, infatti, come lo speciale rapporto con Cristo nell’incarnazione si precisi nel particolarissimo rapporto di Maria con tutti noi nell’economia della salvezza. Maria non è al di fuori o al di sopra della Chiesa, ma al tempo stesso, è al di la della perfezione di ciascuno di noi. Con Maria la Chiesa smette di essere una collettività astratta per diventare una realtà personale mentre la funzione materna della Chiesa diventa un nome e un volto precisi»[21].
Come il Concilio di Efeso del 431 fu caratterizzato dalla solenne dichiarazione del mistero della maternità divina di Maria, così il Vaticano II è stato contraddistinto dall’affermazione della sua maternità nell’ordine della grazia.
don Giuseppe Fazio
[1] Il titolo Mater Ecclesiae appare per la prima volta in un testo del IX secolo del monaco Berengaudo. Poi ricompare nella Bulla aurea Gloriosae Dominae (27 settembre 1748) di Benedetto XV e in qualche altro documento pontificio (cfr. Perrella S. M., La Madre di Gesù nella coscienza ecclesiale contemporanea. Saggi di teologica, PAMI, Città del Vaticano 2005, pp. 112-113).
[2] Paolo Vi, Discorso di chiusura del III periodo conciliare (21 novembre 1964), in Enchiridion Vaticanum, vol. 1, nn. 306-308, p. 185.
[3] Cfr. De Fiores S., Maria nella teologia contemporanea, Centro di cultura mariana «Madre della Chiesa», Roma 2001, p. 172.
[4] Cfr. Perrella S. M., La Madre di Gesù nella coscienza ecclesiale contemporanea, op. cit., p. 112
[5] Cfr. De Fiores S., Maria nella teologia contemporanea, op. cit., p. 173.
[6] Cfr. Perrella S. M., La Madre di Gesù nella coscienza ecclesiale contemporanea, op. cit., p. 112, nota 359.
[7] Ibidem, p. 112, nota 360.
[8] Va sottolineato che il Vaticano II mentre propone la dottrina sulla maternità spirituale di Maria, usa un’espressione unica in tutto il capitolo VIII: si tratta di una verità che la Chiesa ha appreso dalla Terza Persona Divina: “a Spiritu Sancto edocta”.
[9] Cfr. ibidem, p. 111.
[10] Cfr. ibidem, pp. 111-115
[11] Cfr. ibidem, p. 113.
[12] Giovanni Paolo II ha tenuto 70 catechesi mariane dal 7 settembre 1995 al 13 novembre 1997 (cfr. La catechesi mariana di Giovanni Paolo II, Quaderni de L’Osservatore Romano, n. 39, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1998).
[13] Ibidem, p. 212.
[14] Ibidem.
[15] Cfr. ibidem, pp. 212-213.
[16] Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 197.
[17] Ratzinger J., Maria Chiesa nascente, San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 1998, p. 8.
[18] Cfr. De Fiores S., Maria nella teologia contemporanea, op. cit., p. 173.
[19] Redemptoris Mater, 23.
[20] Benedetto XVI, Omelia della Messa dell’8 dicembre 2005, in Insegnamenti di Benedetto XVI, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2006, vol. I, p. 943.
[21] Colzani G., Maria. Mistero di grazia e di fede, San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 2000, pp. 272-273.