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Vita diocesana

Il ritiro del clero diocesano di Lamezia tra teologia del Mistero Pasquale e nuove forme di comunicazione nella nuova era tecnoliquida

Armido Cario · 12 anni fa

Nel corso del ritiro del clero diocesano di ieri, giovedì 21 febbraio, il prof. Antonio Giuseppe Caiazzo, professore di Liturgia presso l’Istituto Teologico Calabro S. Pio X di Catanzaro, ha tenuto una relazione teologica sul Mistero Pasquale e sulla "Kenosi" di Gesù Cristo, Figlio di Dio. In questo tempo di crisi non solo dal punto di vista economico ma anche morale, la Chiesa è chiamata a rinnovarsi alla luce del mistero pasquale e servire il mondo con la grazia di Cristo. “Papa Benedetto XVI”, ha affermato don Giuseppe, “con la sua scelta umile e coraggiosa, segno di una rivoluzione epocale, ha scritto la sua più grande enciclica”.

Il Vescovo, mons. Cantafora, si è soffermato sull’importanza del mistero pasquale, che è esperienza da vivere, incontro con Cristo che coinvolge totalmente la propria esistenza, ma a volte sminuito perché vissuto solo come rito esteriore e spesso appesantito dalle troppe esposizioni dottrinali. Parlando della scelta del Santo Padre ha affermato di aver provato smarrimento nel momento in cui ha appreso la notizia delle dimissioni ma poi ne ha compreso la portata profetica e rinnovatrice. “Il Papa”, ha affermato mons. Cantafora, “ha saputo vedere oltre, donando alla Chiesa un forte segno profetico: ha lasciato perché sa che la Chiesa è stabile in quanto è Gesù Cristo che la porta avanti”.

La seconda relazione, tenuta dal prof. Tonino Cantelmi, medico-chirurgo, specializzato in psichiatria, psicoterapeuta, ha avuto come oggetto “l’era della comunicazione tecnoliquida”, cioè “il nuovo scenario tra web e realtà in cui le persone si muovono, ragionano e comunicano nell’era postmoderna”. Il prof. Cantelmi ha distinto tre categorie di persone in questa nuova era tecnologica: i “nativi digitali” cresciuti con “una dieta di tablet, videogiochi e computer”, ormai sono dotati di un cervello più percettivo e meno simbolico rispetto a quello dei loro genitori; gli “immigrati digitali” che cercano di adattarsi nel nuovo ambiente mediatico che risulta spesso incomprensibile in quanto in quanto “la fatica e il sudore della fronte non sono più accettabili e tutto deve essere veloce, immediato e divertente”, e in cui è reale sono ciò che è rappresentato; i “predigitali”, cioè coloro che usano il telefonino solo per fare chiamate, magari leggono (a fatica) gli sms ma non sanno scriverli, non usano il computer o lo fanno in modo sporadico: “si tratta di persone destinate ad essere disadattate in un futuro sempre più digitale”.