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Cultura e Società

Sarà realizzato un nuovo centro Polifunzionale per i migranti a Lamezia

Antonio Cataudo · 12 anni fa

E’ormai assurta a dato di fatto l’idea che viviamo un’epoca fortemente caratterizzata e, potremmo aggiungere, influenzata endemicamente dal multiculturalismo. A partire dagli anni ‘80 si è assistito infatti al lento formarsi di società sempre più caratterizzate dalla coesistenza di più culture, anche molto diverse l’una dall’altra, che convivono cercando di mantenere la propria peculiare identità, senza obbligo di omologazione. Un discorso che valeva soprattutto per le minoranze etniche, non costrette così ad accettare aprioristicamente una fusione con la cultura dominante per identificarsi con essa. Un discorso del genere, già valevole trent’anni fa, assume una rilevanza più urgente in un periodo come quello attuale, in cui il concetto di globalizzazione viene ad essere estremizzato nell’immagine di forza asservitrice delle minoranze etniche a fini capitalistici, e in cui il fenomeno dei flussi migratori sta raggiungendo livelli inimmaginabili.

Se si conta solo l’Italia, il numero di immigrati è salito a più di cinque milioni, e le cause di tali flussi possono essere delle più diverse: economiche prima di tutto, visto la congiuntura storica europea, ma anche politiche, religiose, sociali e belliche. Viviamo una post-modernità “liquida”, in cui non tutto può essere banalmente circoscrivibile entro i confini di un dato Paese, ma in cui ogni cosa si mescola e si integra con ciò che la circonda. Per questo non si può più prescindere dal fatto che gli stranieri, per numero ma soprattutto per la loro azione performante, facciano parte in tutto e per tutto del nostro tessuto sociale, e come tali bisogna considerarli e rispettarli. Purtroppo l’accettazione “dell’altro” è un processo molto articolato, perché inizialmente si tende sempre a vedere lo straniero come un’entità separata, lontano da noi per via di barriere linguistico-culturali e molto spesso identificato, con molta sufficienza, come minaccia alla sicurezza del nostro Paese. L’urgenza di una riqualificazione del rapporto con i cittadini stranieri è materia dibattuta molto spesso nel Nord Italia, ma è interessante notare come anche una realtà come la nostra, notoriamente problematica per colpa di alcuni autoctoni e non certo per chi viene da fuori, debba fare i conti con il fenomeno dell’immigrazione. Da oltre un decennio infatti sono iniziati flussi migratori nel nostro territorio, negli ultimissimi anni in particolare dopo l’emergenza nel Nord Africa, e così anche Lamezia Terme si è dovuta interrogare in quali termini gestire l’aumento rilevante di stranieri in Calabria. Fino a qualche mese fa era operativo il Centro di Identificazione ed Espulsione (CIE), una struttura deputata ad ospitare temporaneamente quegli immigrati in attesa di riconoscimento e, eventualmente, espulsione dal nostro Paese. Il Centro è stato chiuso nel mese di ottobre dopo che sono state denunciate, da parte dell’ONG Medici per i diritti umani, chiare violazioni dei diritti del migrante, sia dal punto di vista sanitario che di vivibilità all’interno della struttura. Il Cie naturalmente rappresenta solo un contesto di prima accoglienza dello straniero, che deve rimanervi solo per un tempo limitato in attesa di ricollocamento, ma è comunque un esempio di come, già nel primo contatto con l’altro, vi sia una sorta di rigetto e una scarsa predisposizione all’interazione. Molto importante è invece sottolineare un’iniziativa di assoluto valore per quanto riguarda la gestione della permanenza degli immigrati a Lamezia Terme: si tratta del progetto per la realizzazione di un Centro Polifunzionale per immigrati, una realtà che, nell’idea del Programma Operativo Nazionale Sicurezza che ha finanziato il programma, sarà destinata all’inserimento sociale e lavorativo dei cittadini extracomunitari regolari che vivono nella nostra città. La nuova struttura verrà realizzata riqualificando il “Palazzo della Cultura”, un edificio di proprietà del Comune al momento in stato di abbandono. Al piano terra dell’edificio troveranno posto: desk informativi, spazio accoglienza, Sportello dei Servizi di Orientamento per l’Integrazione Sociale e Lavorativa, sportello dei servizi socio-sanitari; sportello dei servizi di orientamento per l’integrazione sociale e lavorativa; laboratorio di formazione linguistica; laboratorio di formazione professionale; sala per la socializzazione e il tempo libero; sala mensa per la distribuzione di pasti pronti. Al primo piano dell’edificio sono previsti: locale tecnico; area incontri, lettura e baby sitting; sala lettura e biblioteca multietnica; sala ludoteca. In prossimità dell’accesso è stata prevista una piazzetta finalizzata alla socializzazione. Le iniziative che si svolgeranno all’interno del Centro saranno le più disparate (corsi di lingua, cucina, ballo e musica, feste interculturali, rassegne cinematografiche, iniziative per bambini, concerti di musica etnica, convegni e incontri di approfondimento) ma tutte accomunate dal medesimo obiettivo: l’integrazione dello straniero all’interno del tessuto sociale. Un’occasione insomma di incontro e coinvolgimento tra i vari attori coinvolti nel processo di socializzazione (cultura ospitante e cultura ospite) affinché ci si conosca reciprocamente andando oltre la fase superficiale della prima accoglienza o del semplice ascolto preliminare. Anche dal punto di vista sanitario si riscontra un’apertura culturale che fa onore al nostro territorio: numerosi sono ormai i convegni e simposi dedicati al tema del diritto alla tutela della salute degli immigrati, i quali molto spesso sono i primi a non essere a conoscenza delle norme specifiche in materia e di come una scarsa assistenza sanitaria renda ancora più vulnerabile una situazione psico-fisica che già li vede partire ad handicap quando entrano a contatto con una realtà diversa dalla loro.

Dal quadro odierno appena tratteggiato, si può dire quindi che Lamezia Terme, almeno per ciò che concerne il tema dell’accettazione e dell’inserimento sociale degli immigrati, sia “moderna” nel senso più sociologico del termine e abbia molto bene imparato da vicende come quelle di Rosarno nel 2008, che avevano dimostrato come la Calabria fosse ancora molto indietro nel percorso di accettazione di culture diverse dalla propria.