Carissimi, tanti sono i motivi che ci vedono riuniti qui a Dipodi in questo giorno. Celebriamo il nostro anniversario di ingresso in Diocesi e sono veramente contento di affidare a Maria il mio ministero episcopale: ringrazio il Signore per quanto ho già vissuto e per quanto ancora vorrà concedermi nella sua bontà. Insieme a questo rendimento di grazie, celebriamo oggi la giornata del perdono e l’indulgenza in occasione della dedicazione dell’altare di questo Santuario mariano. Entriamo dunque, con questi sentimenti di gratitudine, nel cuore in questa liturgia che ci apre decisamente al clima della Pasqua ormai vicina. «Io sono la resurrezione e la vita, dice il Signore, chi crede in me non morirà in eterno». La Resurrezione di Lazzaro, ultima delle catechesi battesimali di Giovanni, ci aiuta a fare un salto di qualità nella fede. L’episodio della resurrezione di Lazzaro, l’amico di Gesù, ci viene descritto accuratamente dall’evangelista Giovanni. è un momento critico per Gesù, costretto ad allontanarsi dalla Giudea a causa dell’ostilità contro di Lui. I discepoli sanno che ritornare in Giudea è molto pericoloso per tutti. Per questo Tommaso dice: «andiamo anche noi a morire con Lui». Però la notizia della malattia e poi la morte di Lazzaro costringono ad un cambio di programma. Gesù non è impulsivo, non agisce d’istinto, ci pensa, aspetta prima di intervenire. è come se volesse far fare a Lazzaro l’intero percorso: dalla morte alla vita. Non gli risparmia nulla, anche se è suo amico, ma farà vedere a lui e a noi la gloria di Dio. «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù non vuole agire con potenza. Neanche in questo caso ci sono effetti speciali; non vuole manifestare il suo essere come Dio, ma vuole essere Figlio e per questo prega il Padre e si rivolge a Lui per attendere la sua conferma: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l'ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». Guardiamo Gesù e cogliamo tutta la sua umanità. In un uomo come Gesù il pianto non si improvvisa, eppure davanti alla morte scoppia in pianto, si commuove profondamente davanti alla morte dell’amico. Ma Gesù ha bisogno anche di noi. Ordina che venga tolta la pietra, grida a Lazzaro di uscire fuori, chiede agli altri di liberarlo dalle bende che lo avvolgevano. La parola di Gesù è autorevole, ma Egli si fa aiutare, ha bisogno della nostra collaborazione perché tante volte noi non vogliamo essere liberati dalla morte che è il peccato! Entrare nella Pasqua cogliendo i sentimenti di Gesù, la sua consegna, il suo amore gratuito per gli uomini, la sia compassione, la sua misericordia per noi peccatori, è ciò che veramente può convertirci, fratelli, e aiutarci a cambiare rotta. Ascoltando questo testo noi possiamo essere colpiti dai vari personaggi: Lazzaro, ammalato e chiuso nelle bende di morte, le due sorelle Marta e Maria, i discepoli, la gente. Vediamo un gran movimento, ma su tutti emerge la figura di Gesù che ci tira fuori dalla morte. Lazzaro verrà riportato in vita nella sua carne mentre Gesù affronta la morte più dura, come un malfattore. C’è una festa, una gioia traboccante per Lazzaro ritornato in vita, ma allo stesso tempo questo evento determinerà ancora una volta la decisione della morte di Gesù. Lui viene a donarci la vita e noi decidiamo la sua morte. Il contrasto tra le nostre tenebre e la luce che è Gesù, è fortissimo! «Io sono la resurrezione e la vita, dice il Signore, chi crede in me non morirà in eterno». Credere in Gesù equivale a vivere; non credere è come morire. Credere in Lui significa seguirlo, andare dove Lui è andato. La resurrezione allora non è uno stato di vita, è la vita stessa, la vita vera. Noi siamo già risorti con Cristo in Dio. Se siamo morti con Cristo – dirà Paolo, vivremo anche con Lui. La Resurrezione è la nostra comunione con Dio, che attendiamo dopo la nostra morte nel corpo, ma che già oggi possiamo vivere nella fede e nella speranza già su questa terra. Prepariamoci allora a vivere la Pasqua compenetrandoci negli stessi sentimenti di Gesù, il Figlio di Dio, che non ha considerato un tesoro geloso l’essere come Dio ma si è umiliato fino alla morte di croce. Ringraziamo Dio per il dono di suo Figlio e su questo altare ancora oggi Lui, il Signore si consegnerà a noi nel suo corpo e nel suo sangue.
La parola del Vescovo
Ringrazio il Signore per quanto ho già vissuto e per quanto ancora vorrà concedermi nella sua bontà
Salvatore D'Elia · 8 anni fa