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Itinerari

Sant'Eufemia ed il suo rapporto con la Calabria

Gigliotti Saveria Maria · 8 anni fa

ll catastrofico terremoto del 27 e 28 marzo 1638 che colpì un’area vastissima della Calabria, comprendente il bacino del Savuto, le Serre occidentali e la piana di Sant’Eufemia, causò in quest’ultima la rovina, senza possibilità di riedificazione, del plurisecolare complesso abbaziale di Santa Maria di Sant’Eufemia, fondato da Roberto il Guiscardo nel 1062 sui resti di un precedente monastero bizantino dedicato alla giovinetta martire di Calcedonia e divenuto, dopo l’avvento dei normanni, un centro propulsore della latinizzazione di Calabria e Sicilia. A partire dall’epoca del terremoto, il piano di campagna dove sorgeva l’abbazia venne costantemente rialzato dagli strati alluvionali causati dal fiume Bagni senza però che ne venissero occultati del tutto gli imponenti ruderi. Solo in anni recenti il sito è stato oggetto di scavi archeologici che, benché parziali, hanno potuto definire nei tratti essenziali la planimetria della chiesa (dotata di tre absidi e tre navate), del chiostro, del monastero e del possente muro di cinta. In particolare le indagini hanno interessato l’area del presbiterio, rimettendo in luce il pavimento marmoreo a tasselli policromi e i muri perimetrali insieme ai pilastri che sorreggevano le volte: pavimento e muri in cui si trovano riutilizzati materiali provenienti da preesistenti fondazioni nella zona relative all’antichissima città di Terina, colonia di Crotone tra le più importanti della Magna Grecia. Così nel medesimo sito, immerse nel silenzio di una fertile campagna coltivata a uliveti, si sovrappongono stratificazioni millenarie di culture diverse che vanno dall’epoca greca alla metà del XVII secolo. Al tempo in cui fu possesso dei benedettini, l’abbazia rivestì un ruolo di primaria importanza tra le istituzioni monastiche del Mezzogiorno, quale centro di rinnovamento religioso e culturale in Calabria. Passata ai Cavalieri di Malta, essa divenne un formidabile centro di potere economico: ne fanno fede gli elenchi dei beni ad essa appartenenti, con le relative rendite, a noi pervenuti. Tanta storia è riassunta in L’abbazia e il baliaggio di Santa Eufemia (ed. Gigliotti), autori Filomena Stancati e Lucio Leone, appassionati studiosi di storia, archeologia e tradizioni popolari, entrambi di Nicastro: una delle tre circoscrizioni comunali che compongono la città di Lamezia Terme. Nel volume è descritta anche la seconda importante emergenza storica della piana lametina: il Bastione di Malta, una poderosa torre eretta nella seconda metà del Cinquecento, all’epoca del viceré don Pedro de Toledo, per difendere il versante tirrenico calabrese dalle continue incursioni saracene. Il monumento, pressoché intatto, nel volgere del tempo era diventato proprietà di privati: acquistato di recente dal comune di Lamezia Terme, è ancora in corso di restauro. L’itinerario termina nel villaggio di Santa Eufemia del Golfo o Vetere (così detta per distinguerla dalla vicina Santa Eufemia fondata in epoca fascista), la cui chiesa di San Giovanni Battista sostituì quella abbaziale crollata nel sisma del 1638, divenendo anzi “chiesa cattedrale del baliaggio” (l’istituzione a carattere economico, politico e giudiziario importata dai normanni nel Sud Italia). Proviene infatti dalla distrutta abbazia l’antico sarcofago romano adattato a fonte battesimale. Sulla piazzetta antistante la chiesa si affaccia, molto rimaneggiato, l’edificio che fu sede del balivo o balì. Anche per le notizie relative alla storia di questo appartato nucleo urbano vale il saggio citato. Nata da nobile famiglia a Calcedonia, città della Bitinia (l’odierna Turchia), Eufemia aveva solo quindici anni quando al tempo della persecuzione di Diocleziano fu arrestata insieme ad altri quarantanove cristiani. Avendo tutti rifiutato di sacrificare agli idoli, condivise il loro martirio il 16 settembre del 303, divenendo celebre per gli svariati tormenti a cui venne sottoposta. Nella basilica edificata sulla sua tomba a Calcedonia ebbe luogo nel 451-452 il cosiddetto Grande Concilio, che ebbe grande influenza nella diffusione del suo culto dall’Oriente in Occidente (nella sola Ravenna si contavano nel VI secolo ben cinque chiese a lei dedicate), fin nei possedimenti bizantini dell’Italia meridionale. A differenza di quella Occidente, la Chiesa d’Oriente la festeggia l’undici luglio quale “protettrice dell’ortodossia”, titolo dovuto al miracolo a lei attribuito in questa data. Nel Sinassario Costantinopolitano si narra che per confutare la dottrina monofisita di Eutiche (il quale sosteneva esserci, nell’unica persona di Gesù, una sola natura, quella divina), le due professioni di fede, quella ortodossa e quella eutichiana, vennero collocate dentro la tomba di Eufemia, sul suo petto. Trascorsi alcuni giorni e rotti i sigilli del sarcofago, il testo ereticale fu rinvenuto giacente ai piedi della martire, mentre quello ortodosso era stretto tra le sue mani. Altri tempi, in cui le controversie teologiche si risolvevano ricorrendo all’aiuto celeste! (da Città Nuova)