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Georischi, georisorse e il bene comune

Terremoti, la specificità del territorio lametino

Gigliotti Saveria Maria · 8 anni fa

Sul carattere dell’intensità e della frequenza della sismicità del territorio di Nicastro basta il dato relativo al numero delle cattedrali crollate e al numero di vescovi e d’abitanti morti a causa dei terremoti nel corso dei secoli trascorsi; sugli effetti degli eventi alluvionali basta ricordare, ad esempio, quelli provocati dai Torrenti Bagni, Cantagalli, Piazza e Canne nel 1827 e nel 1866 con numerose vittime e distruzioni di interi quartieri seppelliti da sei-sette metri di ghiaia per ogni piena. Dall’osservazione della carta geologica, dei terreni e delle forme del paesaggio che circondano la città si può accertare che gran parte di Lamezia Terme è costruita sui materiali alluvionali, denominati “conoide di deiezione” dei vari corsi d’acqua che da nord a sud attraversano il centro abitato. Le case e le strade delle zone circostanti ed a valle di corso Numistrano e corso Nicotera poggiano sopra alcune decine di metri di massi, ciottoli, ghiaie, e sabbie trasportate dalle acque del Piazza e del Canne nel corso dei millenni trascorsi. In corrispondenza di piazza Fiorentino e viale Stazione a Sambiase e dell’abitato di Sant’Eufemia il Cantagalli e Bagni rispettivamente hanno svolto lo stesso ruolo del Piazza e del Canne.In pratica, in gran parte dell’abitato dell’ex Nicastro, Sambiase e Sant’Eufemia si trovano i vari “pezzi” di roccia che molto tempo fa riempiva l’incisione valliva collinare e montana dove si origina e attualmente defluiscono le acque del Bagni, del Cantagli, del Pazza e del Canne. Si tratta dei materiali che, in occasione degli eventi di piena, le acque strappavano dai tratti montani con maggiore pendenza, trasportavano e poi depositavano ovunque in corrispondenza o a valle dell’antico centro abitato. Per questo suo divagare senza argini e senza un alveo ben definito, fino a cento anni fa, il Canne era indicato nelle carte topografiche del Regno d’Italia con il nome di Fiumara di Nicastro. Tra i vari pezzi della stessa roccia, a pochi metri di profondità sotto le case e le strade circostanti i due Corsi di Nicastro si trovano anche i resti delle costruzioni distrutte dal terremoto del 1638, e tra questi resti anche quelli dell’antica cattedrale contenente preziose opere d’arte come una tela del Tintoretto nella cappella dell’Assunta.Nel territorio comunale di Lamezia Terme gli effetti dei terremoti non hanno riguardato solo Nicastro e Sambiase. L’antica città di Sant’Eufemia, a causa dei fenomeni di liquefazione, s’inabbissò in un pantano di acqua solfurea a seguito dei terremoti del 1783. Tra i vari documenti del passato, significativo è quanto riportato da Angelo Fasano della Reale accademia delle scienze e belle lettere di Napoli in un suo rapporto pubblicato a seguito dei rilievi effettuati in Calabria in occasione del terremoto del 1783. Fasano osserva che “il litorale di quella Calabria dal Capo Suvero fino a Scilla mostra per se d’aver sofferto violenti tagli e troncamenti di ben lunghe porzioni del continente, e dopo formatosi il Tirreno e tutto il Mediterraneo. Che il Golfo di Sant’Eufemia di Nicastro fosse un cratere, e che fosse stato un fondo di volcano, lo fanno sospettare la sua troppo determinata circoscrizione, quel tufo che alla finistra del Pizzo esiste quasi simile a quello della nostra Campania, e la qualità della terra su quello esistente, le terme dette di San Biase, e la gran copia di pomici sparsa in lungo ed in largo per que’contorni. E che per quel tratto fienvi materiali accendibili, e che in effetti vi sieno accudati accensioni, lo dimostrano la famosa e grande miniera di carbon fossile in Briatico, e la voragine apertasi in Bivona accompagnata da fiamme nel terremoto del del 1638, giusta la testimonianza di Cesare Recupito”. Poi aggiunge: “La città di Sant’Eufemia ch’era sulla riva di quel golfo, in quello scotimento s’inabbissò alla presenza di Kirker in un lago puzzolentissimo, onde è che quel littorale fu assai soggetto ad accidenti di tal genere”.La descrizione fatta nel 1785 da Fasano è significativa ed è certamente dettagliata per quanto riguarda la documentazione dell’entità e degli effetti disastrosi dell’attività sismica del territorio lamentino e calabrese. L’imprecisione dell’ipotesi formulata sempre da Fasano nel “sospettare” il Golfo il cratere di vulcano non sminuisce la validità dell’intuizione di collegare l’attività sismica della zona agli elementi “caldi” cui fa riferimento la stessa ipotesi. Infatti i dati più approfonditi e moderni sulla composizione ed evoluzione del Pianeta nonché sulla distribuzione e cause dei terremoti confermano il legame tra formazione e sollevamento delle catene montuose e le aree con attività vulcaniche e sismiche. D’altra parte, anche se non ricoprono la bocca di un vulcano, va considerato che le attuali spiagge del Golfo e del territorio comunale di Lamezia Terme si trovano a decine di chilometri da un vulcano attivo come lo Stromboli. Sul margine meridionale del Golfo di Sant’Eufemia la distanza tra lo Stromboli e la costa si riduce a poco più di 50 chilometri (continua...)