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La parola del Vescovo

Alzati, Chiesa di Lamezia! Alzati, città di Lamezia; rivestiti di Luce, quella luce che viene dal Signore

don Roberto Tomaino · 8 anni fa

«Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te» (Prima Lettura, Is60,1). Le parole del profeta Isaia, risuonano in questa Cattedrale. Siamo chiamati ad “alzarci”, a riprendere fiato, a camminare, a rivestirci di Cristo stesso. Alzati, Chiesa di Lamezia! Alzati, città di Lamezia; rivestiti di Luce, quella luce che viene dal Signore. Non accogliere le luci sfavillanti del mondo, accogli quella luce che viene da Dio. Accogliere la luce del Signore significa vivere una vita risorta. Alzati! è il verbo della resurrezione, della vita nuova che ricomincia. Tu, cara città di Lamezia, cara Chiesa di Lamezia, puoi rifletterla su tutta la famiglia umana. La Chiesa esiste per trasmettere al mondo questa luce, per lasciar trasparire sul suo volto Cristo, Luce delle genti. Cari fratelli e sorelle, questo è possibile se facciamo un cammino. La pagina evangelica ci racconta del cammino dei Magi, che partono dall'Oriente per adorare il Figlio di Dio fattosi uomo. Tra le tante immagini della vita, sicuramente quella del viaggio, è la più avvincente. La vita è un viaggio, un cammino che può realizzarsi in due modi, o con il vagabondaggio, o con il pellegrinaggio. Il vagabondo non ha una meta; naviga sempre a vista nel mare della vita, senza orientarsi verso un porto, perché non ritiene che esista o comunque ha perso la bussola che lo orienti. Il pellegrino al contrario ha una meta, e quindi un orientamento nella sua esistenza. Cammina sapendo verso dove andare. Ora i Magi sono pellegrini. Uomini di cultura e di scienza si mettono in cammino per cercare, per trovare, per incontrare il re dei Giudei. «I Magi, entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono» (Mt 2,11). Avrebbero potuto reagire, scandalizzarsi: cercano un Re e trovano un bambino. Invece il loro animo è aperto allo stupore e si lasciano guidare dalla stella, da quella luce che ha guidato la loro ricerca. Essi rappresentano i diversi popoli della terra, le genti citate dal profeta Isaia:«cammineranno alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere» (Is 60,3). Le genti riconoscono il Signore, i Magi trovano il Re, e noi? Da che parte siamo? Nella pagina del Vangelo vengono descritti tre atteggiamenti nei quali possiamo rispecchiarci con sincerità: l’incredulità di Erode, l’indifferenza dei sommi sacerdoti e degli scribi, la fede dei magi. Incredulità, indifferenza, fede sono le tre possibili risposte che l’uomo può dare davanti alla manifestazione di Dio. L’incredulità di Erode nasce dalla paura di trovare in Dio un pericoloso concorrente al proprio potere, al proprio prestigio. Questo tentativo di far morire Dio nel cuore dell’uomo ha di fatto sortito l’effetto di far morire l’uomo nel cuore dell’uomo. Ma forse oggi più che la risposta dell’incredulità, è frequente la risposta dell’indifferenza, ben incarnata negli scribi di cui ci parla il Vangelo. Essi di fronte all’interrogativo più intenso che l’uomo possa sentire dentro (dov’è il re dei giudei che è nato?), già conoscono la risposta, ma sono assolutamente indifferenti. Gli esperti nel settore, gli uomini religiosi, i conoscitori delle Scritture, si comportano come se fossero atei, senza Dio! Sembra un paradosso, ma così accade. Dio infatti non lo conosciamo mai abbastanza, perché Lui vuole sempre che il cuore dell’uomo sia disponibile all’incontro, alla novità della sua presenza nella vita. Infine e soprattutto il Vangelo ci presenta la fede dei Magi. La loro risposta nasce da una ricerca vera, da un cammino e da un desiderio. Tutto questo è per noi un grande ammaestramento. Non c’è fede cristiana senza un cammino di fede che ci porta a riconoscere Cristo, vero, vivo e presente. Epifania, lo sappiamo bene, significa manifestazione. E tale manifestazione è una manifestazione universale, come ci ricorda san Paolo: «è apparsa infatti la grazia di Dio che porta salvezza a tutti gli uomini»(Tt 2,11). Dio si manifesta attraverso la nostra vita, entra nella storia come un Bambino bisognoso di tutto, soprattutto di essere riconosciuto!Ciascuno di noi è chiamato a riconoscere la presenza di Dio in ogni singolo uomo. Per quelli che Dio ama, infatti, il mondo intero diventa degno di essere amato. Carissimi questa è la vita nuova, questa è la Pasqua. Attraversiamo dunque questo passaggio dall’indifferenza al riconoscere all’altro la dignità di esistere, il passaggio dall’egoismo all’amore. Che questa festa, carissimi fratelli e sorelle, ci insegni a riconoscere in ogni uomo e donna, una manifestazione particolare dell’amore di Dio e ci insegni che ognuno è degno di essere amato. Amen