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La parola del Vescovo

La morte dei coniugi Aversa scuote ancora oggi i nostri cuori

Salvatore D'Elia · 8 anni fa

Carissimi, siamo qui radunati, nel nome del Signore, per la celebrazione della Santa Messa nella quale preghiamo in suffragio per il sovrintendente Salvatore Aversa e la moglie Lucia Precenzano. La loro morte scuote ancora oggi i nostri cuori e ci spinge a riflettere sul senso e la dignità della vita. Saluto con viva cordialità il Prefetto, il Questore, il Procuratore della Repubblica, il Commissario, i dirigenti e tutti voi, agenti della Polizia di Stato, il Sindaco unitamente ai rappresentanti delle altre Forze dell’Ordine e delle istituzioni civili e militari. Abbraccio in particolare i familiari dei coniugi Aversa e saluto tutti voi. Lasciamoci dunque illuminare dalla Parola di Dio che la Chiesa ci offre in questo giorno. “Ecco l’Agnello di Dio”, abbiamo ascoltato nel Vangelo. Giovanni Battista indica Gesù come l’Agnello di Dio. Egli è infatti il servo del Signore, quel servo che e “come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori” (Is 53,7). Cristo Gesù, di cui abbiamo celebrato il Natale, è il Crocifisso Risorto che “toglie il peccato del mondo” (Gv 1,29). Toglie il peccato, cioè il peccato con il perdono, con un amore più grande. Giovanni dice che toglie ‘il peccato’, non i peccati. Usa il singolare. Indica la radice di tutti i peccati, cioè quella peccaminosità che porta a dimenticarsi di Dio, a trascurarlo, a vivere come se Dio non esistesse. Non conoscere Dio è la radice delle singole trasgressioni. Di più: non conoscere Dio e non amarlo conduce a non amare neanche gli uomini, l’umanità. Gesù, agnello immolato, non vince il male con il male, ma vince il male attraverso il bene, donando la sua vita. Lui non ci ripaga secondo le nostre colpe, ma offre se stesso per noi, come un agnello immolato. Il Battista ce lo presenta: “Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo”. Non abbiamo davanti a noi un combattente vittorioso, un sovrano invincibile, un uomo potente, ma un uomo che si offre a noi nella pace. Vogliamo seguirlo? Noi, guardando Gesù, agnello immolato, capiamo la pace, la non violenza, non è un atteggiamento buonista ma nasce dal cuore di Cristo e dalla sua offerta. Papa Francesco, nel suo messaggio in occasione della Giornata mondiale della Pace, che abbiamo celebrato il primo gennaio scorso, ha indicato a tutti al strada maestra per vivere relazioni pacifiche: la carità e la non violenza. “Possa la non violenza diventare lo stile caratteristico delle nostre decisioni, delle nostre azioni, della politica in tutte le sue forme”. (n.1) Il nostro tempo, purtroppo caratterizzato da tanti focolai di violenza, tanto che – come ha detto il Santo Padre – si sta combattendo una guerra mondiale a pezzi, è un tempo violento: focolai di guerra in vari Paesi del mondo, terrorismo, popolazioni costrette ad emigrare, sfruttamento, abusi, ma anche tante devastazioni subite dal creato. Il Signore Gesù, profondo conoscitore dell’animo umano, ha indicato che la violenza ha la sua radice nel cuore dell’uomo, dal quale escono i propositi malvagi (cfr. Mc 7,21). Ma Gesù, spiega ancora il Santo Padre, “predicò instancabilmente l’amore incondizionato di Dio che accoglie e perdona ed insegnò ai suoi discepoli ad amare i nemici (cfr Mt 5,44) e a porgere l’altra guancia (cfr Mt 5,39)” (Messaggio, n.3) E aggiunge: “Perciò, chi accoglie la Buona Notizia di Gesù, sa riconoscere la violenza che porta in sé e si lascia guarire dalla misericordia di Dio, diventando così a sua volta strumento di riconciliazione” (Ibidem). La strada del Vangelo non è astratta: accogliere Cristo nel proprio cuore significa sperimentare la misericordia che rende capaci di rispondere al male con un supplemento di bene, sulla strada della non violenza, della carità, del perdono. Papa Francesco cita poi il suo Predecessore: “La proposta di Cristo è realistica, perché tiene conto che nel mondo c’è troppa violenza, troppa ingiustizia, e dunque non si può superare questa situazione se non contrapponendo un di più di amore, un di più di bontà. Questo ‘di più’viene da Dio: è la sua misericordia, che si è fatta carne in Gesù” (Benedetto XVI, Angelus 18 febbraio 2007). Così chiediamo al Signore in questa celebrazione eucaristica di poter sperimentare la misericordia del Signore, il suo amore gratuito, per diventare a nostra volta operatori di pace, sulla via del Vangelo. Con la vostra professione, carissimi membri della Polizia di Stato, svolgete un servizio prezioso per i cittadini, per garantire l’ordine pubblico, per promuovere il bene comune, perché i cittadini siano tutelati dai violenti e dai corrotti ed anche per andare incontro ai più deboli. Ad esempio, è significativa la vostra azione a vantaggio di migranti e rifugiati. Tanti devono la vita proprio al vostro coraggio, alla vostra dedizione, alla vostra competenza. Il sovrintendente Salvatore Aversa con la moglie e altri poliziotti hanno versato il proprio sangue per il bene comune. Il loro esempio sproni ognuno di noi alla gratitudine e all’impegno di compiere con zelo il proprio dovere di cittadini ed il proprio lavoro. Eleviamo le nostre preghiere ed il nostro suffragio per il sovrintendente Aversa e la signora Precenzano. La Vergine Maria e l’Arcangelo San Michele vostro patrono ci accompagnino con la loro intercessione. Amen