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La parola del Vescovo

Egli opera la nostra salvezza abbracciando il “nudo legno”: quello delle baracche dei terremotati o delle zattere dei profughi

Salvatore D'Elia · 8 anni fa

«Oggi su di noi splenderà la luce, perché è nato per noi il Signore». Buon Natale, carissimi fratelli e sorelle! La nascita del Signore Gesù è un evento che ci coinvolge nella gioia. Oggi, se da una parte non possiamo dimenticare o cancellare il male e il dolore che soffre tanta parte di umanità, non possiamo neanche chiuderci nell’angustia che non lascia spazio alla speranza! La nascita di Dio in Gesù Bambino è la Buona Notizia che attendevamo. Non celebriamo solo la nascita di un bambino che di per sé è un evento lieto, il Natale non è un anniversario ma è un evento che si rinnova, oggi, qui, per noi! Celebriamo la venuta del Figlio di Dio nella nostra storia, nella carne. Ciò significa che, da questo momento, il Signore è veramente il “Dio con noi”. Non siamo più soli! Noi non abbiamo un Dio che sta sulle nubi, ma un Dio che si è così coinvolto con noi da entrare nella storia come uno di noi! Il Natale è un annuncio da accogliere, è un annuncio che ci tira fuori dalle nostre tenebre, dalle angustie della vita e ci apre alla speranza: «Se Dio è con noi, chi sarà contro di noi?». In altre parole il profeta Isaia ci ha detto la stessa cosa: «Tu sarai chiamata Ricercata, città non abbandonata!». Ciò che il profeta dice della città di Sion è riferito a ciascuno di noi: noi non siamo abbandonati, noi siamo amati, ricercati da Dio! Dio si fa Bambino per questo, per esprimerci tutto il suo amore. Egli viene per amarci; egli viene per salvarci! Da che cosa? Dalle tenebre che ci avvolgono, dalla chiusura, soprattutto dalla nostra indifferenza, dal male che sembra dominare la scena del mondo. Egli nel pianto di un Bambino raccoglie tutte le lacrime di ogni uomo e donna. Il silenzio della notte è rotto dal pianto di un Bimbo. Egli viene ma non fa strepito, non suona le trombe. Il nostro Dio viene nel silenzio delle nostre notti e ridona alla nostra vita la luce del giorno. Ma occorre accogliere l’annuncio, occorre che il nostro cuore si apra a Dio e alla sua novità. Chi riceve l’annuncio, la Buona Notizia dell’amore folle di un Dio che si fa bambino non può tenerlo per sé. La gioia si comunica, per sua natura è feconda, genera vita! Quindi noi cogliamo in questa pagina evangelica l’origine della missione: Partecipare ad altri l’annuncio che si è ricevuto. Questo fanno i pastori. Sono i primi missionari del Vangelo. «Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere». Il Natale è una festa missionaria, non si celebra a porte chiuse, è una festa da condividere. Chi ha incontrato il Signore non lo tiene per sé, dona la sua esperienza, la gioia traboccante dell’incontro, la pace che viene dalla sua presenza. Non senti tutto questo dentro di te? Ti sei abituato a vivere la fede in modo tiepido, da routine? Domandati allora se l’incontro è avvenuto, se il Signore è entrato nella tua vita, se ha trovato casa nella tua carne, nella tua storia o se «non c’era posto per Lui nell’albergo» del tuo cuore. Natale allora, pur nella poesia e nella dolcezza che infonde, è la festa dei credenti forti e tenaci, di coloro che vogliono, con tutto il desiderio possibile, lasciarsi trasformare dal Signore Gesù. Gesù viene, entra nella vita di ciascuno di noi, non con prepotenza, non con arroganza, non con la violenza. Egli è mite, sempre; è Bambino, è povero: vogliamo accoglierlo? Vogliamo vivere una vita nuova? Con il Natale inizia qualcosa di sconvolgente nel mondo. Non c’è nulla di emotivo in questo Natale: Dio comincia ad operare nell’umiltà, a scegliere la povertà, a nascere dove nessuno vorrebbe: dalla mangiatoia alla croce, Egli opera la nostra salvezza abbracciando il “nudo legno”: quello delle baracche dei terremotati, o delle zattere dei profughi. Lì c’è Dio! «Colui che dà ad altri la ricchezza si fa povero. Chiede in elemosina la mia natura umana perché io diventi ricco della sua natura divina. E colui che è la totalità, si spoglia di sé fino all’annullamento». (San Gregorio Nazianzeno) Contempliamo il mistero di Dio che si china sulla sua creatura a tal punto da abbracciare le nostre miserie e impariamo da Lui l’umiltà, che è il dono più grande, il volto vero dell’amore!