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La parola del Vescovo

La morte è vinta grazie al sangue del Figlio di Dio che ha dato se stesso per noi

Gigliotti Saveria Maria · 8 anni fa

Proprio nei momenti più bui della storia, la nostra comunità cristiana guarda la Resurrezione. Sì, la morte è vinta grazie al sangue del Figlio di Dio che ha dato sè stesso per noi. Le malattie, le catastrofi della storia, sono eventi dolorosi ma non sono l’ultima parola. «Dio preparerà su questo monte un banchetto per tutti i popoli… egli eliminerà la morte per sempre e asciugherà le nostre lacrime». Tutti siederemo a questo banchetto e la coltre, il velo di lutto che copriva i popoli e che annebbia la storia, sarà tolto! Questa è la luce della resurrezione, della comunione, della gioia, dell’amore gratuito del Risorto, perché il Signore ha parlato; è Lui il Signore nel quale abbiamo sperato perché ci salvasse! Così l’uomo, il cristiano trova una risposta alle domande di senso che attraversano l’esistenza. Quale paura, fratelli? Chi o che cosa può attentare alla nostra serenità? Nella prova non dobbiamo avere paura: egli è con noi, è al nostro fianco e combatte la battaglia per noi! Lo schiavo ha paura. Ma noi siamo figli, amati dal padre. Egli ci ha donato gratuitamente il suo Spirito che è Spirito santo, datore di vita. Ha immesso in noi il suo soffio vitale. è lo Spirito che ci permette di gridare: Abbà, Padre!, di chiamare cioè Dio: Papà! Se siamo figli - dice l’apostolo – siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo. Qual è l’eredità? La resurrezione carissimi, la vita immortale a condizione che seguiamo il cammino di Gesù, partecipando alle sue sofferenze per partecipare poi anche alla sua gloria. Sepolti con Lui nella sua morte, con Lui risorgiamo a vita nuova. Questa è una parola sicura, certa! Allora sentiremo risuonare nel cuore l’invito: «Venite, benedetti del Padre mio». Siederemo a mensa come figli dello stesso Padre, alla mensa del Regno, se vivremo da fratelli con gesti concreti di misericordia per chi ha fame, ha sete, è nudo, carcerato, ammalato. Non giudichiamo da noi stessi, perché “alla sera della vita, tutti saremo giudicati sull’amore” (S. Gv della croce). Non ci turbi dunque, carissimi fratelli, avere uno sguardo sereno sulla morte. Al contrario, fuggiamo ogni ripiegamento che chiude la speranza. Il pungiglione mortifero è vinto dall’amore del Cristo effuso su di noi e dall’amore che anche noi sapremo ridonare ai nostri fratelli. I rantoli della morte, alla luce del risorto, diventano allora grida di una partoriente. C’è una vita nuova che nasce quando scopriamo di essere amati e di poter amare come Gesù, il Cristo, in totale gratuità. Amen (Omelia messa in suffragio dei defunti celebrata nel cimitero di Nicastro)