Essere misericordiosi come Cristo, manifestare agli uomini di oggi l’amore di Cristo con gli stessi atteggiamenti del figlio di Dio: prendersi cura dell’uomo ferito, di un’umanità povera e bisognosa dell’unica buona novella, nella condivisione piena di compassione con ogni miseria umana. E’il monito che il Vescovo di Lamezia Terme Luigi Cantafora ha indirizzato al clero lametino nel corso della Messa Crismale, celebrata questa mattina in Cattedrale. Nell’Anno Santo della Misericordia, il vescovo di Lamezia ha ricordato la centralità della misericordia nella vita di coloro che sono chiamati a servire in Cristo nel sacerdozio ministeriale, una vocazione “che nasce da un’esperienza in cui ciascuno di noi ha sentito di essere stato toccato dalla misericordia del Signore e dentro l’esperienza della misericordia viviamo il nostro sacerdozio tra difficoltà, eroismi ma anche, forse piccole, ma quotidiane infedeltà”. Ai sacerdoti, ai diaconi, ai seminaristi, ai religiosi e alle religiose della Chiesa lametina raccolti in Cattedrale nel primo giorno del triduo pasquale, il presule ha ricordato il valore del sacerdozio ministeriale che ha il suo modello di riferimento nel sacerdozio di Cristo, di fronte a “un mondo che ha bisogno di vedere, nei propri sacerdoti, umanità nuove, umanità redente, umanità belle e salvate”. Il vescovo ha indicato quelli che sono gli atteggiamenti ingannevoli che possono oscurare lo splendore dell’Ordine Sacro, la bellezza del sacerdozio. In primo luogo l’individualismo: “Quando un prete brama l’esaltazione della sua individualità, egli rischia di costruirsi e innalzarsi da solo come la torre di Babele – ha ammonito - eppure, anche se un prete dovesse ritrovarsi a terra con i propri cocci e le proprie rovine, la Chiesa ci sarà sempre ad aiutarlo a porre un migliore fondamento”. Anche per i sacerdoti, c’è il rischio di lasciarsi tentare dal potere che “fa diventare il nostro ministero da pastorale autoreferenziale, inconcludente e perfino dannoso, perché fondato sul proprio tornaconto e anche un po’narcisista, quando ricerchiamo la gratificazione della nostra immagine”. Dal giorno dell’ordinazione, da quando il Vescovo unge con il sacro crisma il palmo delle mani, il sacerdote è chiamato - ha proseguito Cantafora - “ad aprire le mani e benedire, a non di tenerle chiuse, in un gesto rigido, che evidenzia tensione interiore e non benevolenza, magnanimità e paternità. La chiusura e l’ostinazione compromettono il bene della comunione presbiterale, un bene prezioso che appartiene al cuore di Cristo e che spesso, è ferito da troppe chiacchiere inutili, da giudizi sterili e distruttivi”. Quanto allora acquistano valore, soprattutto per noi sacerdoti, le parole di Gesù – ha concluso il vescovo – “siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato; date e vi sarà dato". Nel corso della celebrazione i sacerdoti hanno rinnovato le promesse sacerdotali. Sono stati benedetti gli oli santi, utilizzati dalla Chiesa nell’amministrazione dei Sacramenti: il sacro crisma, utilizzato nei sacramenti del battesimo, della confermazione e dell'ordine; l’olio dei catecumeni, segno di fortezza per quanti lottano per vincere il peccato in vista degli impegni del Battesimo; l’olio degli infermi per l’unzione sacramentale di coloro che nella malattia e nella sofferenza compiono ciò che manca alla Passione di Cristo. Le anfore degli oli benedetti di quest’anno sono state realizzate dall’artista Gerardo Sacco e donate alla Diocesi lametina. Ad animare la celebrazione la corale diocesana “Benedetto XVI” diretta da Sara Saladino.
La parola del Vescovo
"Dentro l'esperienza della Misericordia viviamo il nostro sacerdozio tra difficoltà ed eroismi"
Gigliotti Saveria Maria · 9 anni fa