Siamo negli anni ’70. Negli anni del miracolo economico generalizzato e del capitalismo imperante, Michel Foucaultparlava di bio – potere, svelando i meccanismi attraverso i quali il potere politico ed economico arriva adutilizzare i corpi, l’aspetto più intimo e vitale di ogni persona. I corpi entrano a far parte a tutti gli effetti dell’apparato produttivo, adeguandosi alle logiche di produzione e riproduzione, di scambio e concorrenza, garantendone l’adattabilità agli imperativi del sistema capitalistico. Dall’Italia gli faceva eco qualche anno prima Pasolini che si scagliava contro un potere “che fa praticamente ciò che vuole, che è completamente arbitrario o dettato da sua necessità di carattere economico…manipolando i corpi in un modo orribile, che non ha niente da invidiare alla manipolazione fatta da Himmler o da Hitler” . In questi giorni di intenso dibattito, in cui si è passati dalla sera alla mattina dalla discussione sulle unioni civili alla realtà di un bambino che dietro compenso è stato partorito dall’altra parte dell’Oceano per essere poi cresciuto in Italia da due padri, ritornare con la mente agli anni ’60 e ’70 del ‘900 è sicuramente salutare. Non per un ripiegamento nostalgico. Sappiamo bene che quei tempi non ritorneranno più. Serve però a cogliere delle profonde differenze tra l’approccio alle grandi questioni in quegli anni, anni in cui l’Italia si pronunciò su temi forti come il divorzio e l’aborto, all’approccio di oggi in cui basta un’immagine o qualche parola un po’più mielosa per far passare l’egoismo esasperato per carità o per far rientrare qualsiasi sovvertimento della natura nei ranghi di un’apparente normalità. In quegli anni, si discuteva di questi temi nelle parrocchie e nelle sezioni di partito. Ci si scontrava, anche aspramente, ma il confronto non era tra pretese e aspettative di individui, fossero anche gruppi organizzati con migliaia di aderenti: si confrontano visioni del mondo diverse, fatte di idee, di pensiero, di passione ideale per qualcosa di più alto e più nobile. E così c’era chi difendeva valori e tradizioni spesso – dobbiamo riconoscerlo – non per una convinzione sincera ma per lasciare intatta una certa rappresentazione di se stessi e della società, dietro la quale a volte si nascondevano ipocrisie e false pretese di moralità. E poi c’era chi chiedeva di rompere con quella tradizione, perché si era stancato di accettare passivamente una moralità imposta, e voleva che ogni individuo fosse protagonista delle proprie scelte di vita. Ma erano due modi diversi di vedere la vita. Come due modi diversi di vedere il mondo si confrontavano tra chi pensava non ci fosse alternativa al sistema capitalistico occidentale e chi rincorreva l’idea di una società diversa, più egualitaria e giusta. Entrambi si ancoravano a due visioni diverse, della vita e dell’uomo. E qui arriviamo ad oggi. Le differenze sono tante: si è stravolto il contesto socio – culturale, siamo in un altro secolo. Ma di fronte a chi vorrebbe far passare come normale pratiche come la maternità surrogata e l’utero in affitto, addolcendole con escamotage comunicativi e mediatici, la domanda che si pone è: quale idea dell’uomo sta dietro tutto questo? Oltre la pretesa di soddisfare un desiderio individuale, è impossibile cogliere una visione del mondo che legittimi il fatto che un figlio possa divenire oggetto di uno scambio commerciale e che il grembo materno diventi strumento di soddisfazione di questo desiderio, dietro un compenso di entità più o meno consistente. Quel capitalismo di cui parlavano Pasolini e Foucault, che si serviva dei corpi per rispondere alle proprie logiche, non si era spinto fino a tanto. Non erano arrivati a tanto nemmeno le visioni politiche ed economiche più marcatamente neoliberiste, se pensiamo che una come Margaret Thatcher parlava di un’economia che era un mezzo per cambiare “le anime e i cuori”, non per esasperare gli egoismi individuali. Se ci si ancorasse a una certa visione dell’uomo, laica o religiosa che sia, anche chi oggi arriva a legittimare l’utero in affitto o la maternità surrogata, capirebbe che alla base non c’è che l’aspirazione a soddisfare un desiderio individuale. Il tutto realizzato attraverso il denaro, che rende possibile ciò che alla natura è impossibile, che spezza i legami naturali tra madre e figlio per rispondere a un bisogno di singoli individui. Il mercato trionfa sulla natura e sull’umanità e tutto questo non ha nulla di sinistra: è la manifestazione estrema delle logiche del capitalismo e del neoliberismo. Il sol dell’avvenire, probabilmente, è diventato molto più immediato e imminente: basta andare all’estero e pagare. La questione che torna al centro è sempre quella dell’uomo. Che idea di uomo abbiamo, che visione di umanità ci muove nel promuovere dei valori e nel compiere delle scelte. E forse dal disorientamento e da un’indignazione trasversale, ritorneremo a quell’uomo che – per dirla con Kant – “considerato come persona è al di sopra di ogni prezzo”. E un bambino non può avere prezzo.
Cultura e Società
Maternità surrogata e utero in affitto: dove il capitalismo non si era mai spinto
Antonio Cataudo · 9 anni fa