L'organizzazione internazionale per le migrazioni rende noto che sono circa tremila i migranti e rifugiati che hanno perso la vita dall’inizio del 2015 nel Mar Mediterraneo. Razzismo, emigrazione, immigrazione sono tematiche di grande attualità. Ad affrontarla in modo sobrio e ricco di sentimento è il lametino Ruggero Pegna promoter musicale e scrittore che nel suo romanzo “Il cacciatore di meduse” edito a maggio da Falco editore, racconta la storia di un ragazzino somalo Tajil in fuga dalla sua terra in cerca di un futuro migliore. Tra le tappe previste per la presentazione del suo ultimo libro anche Lamezia Terme, dove domenica sera, si è discusso della tematica alla presenza di Gioacchino Tavella, dello stesso autore e della giornalista Rosalba Baldino in una nota libreria della città. A raccontare la sua storia, su invito dello stesso autore del libro anche un giovane immigrato di origini somale, giunto tempo fa con una barca a Lampedusa e trasferito a Lamezia presso la comunità “Malgrado Tutto” gestita da Raffaello Conte. Il giovane fuggito dalla guerra in cerca di un futuro più sereno si è dichiarato soddisfatto dell’accoglienza ricevuta a Lamezia. Un immigrato come il protagonista del romanzo di Pegna, «Un bambino nero che non sapeva di essere diverso perché nel suo villaggio a Chisimaio tutti avevano il suo stesso colore della pelle» rappresentativo di tutti coloro che sono disposti a lasciare i propri affetti pur di fuggire da situazioni di miseria e violenza. Storie come quelle di Tajil sono quindi occasione per affrontare temi più impegnativi che l’autore cerca di affrontare con la forza dei sentimenti e proprio in essi si ritrova la chiave di lettura dei suoi libri. Il suo primo romanzo “Miracolo d’Amore” era dedicato alla lotta alla leucemia, malattia che lo colpì nel 2002, e che ha superato ha spiegato Pegna: «Grazie alle preghiere di Natuzza Evolo e ad un concorso di forze positive», poi il romanzo “La penna di Donney” che, con la storia di un condannato a morte innocente, ha evidenziato l’atrocità della pena capitale. Ha detto l’autore: «Quando il medico mi disse che non avevo alcuna speranza di sopravvivenza, mi sentii condannato a morte innocente». Quello stato d’animo fu dunque l’input per il nuovo romanzo. Dalle raccolte di poesie a sfondo esistenziale al libro “La pecora è pazza”, dedicato alla lotta a tutte le mafie. Il suo ultimo libro “Il cacciatore di meduse” è una storia di emigrazione che secondo Pegna: «Non è diversa da quella vissuta dai nostri avi che in passato hanno lasciato la Calabria per un futuro migliore, per avere un’altra chance». La giornalista Rosalba Baldino, dopo l’introduzione di Tavella, ha voluto sottolineare come il titolo stesso del romanzo sia indice di un rapporto speciale tra nonno e nipote. Il nonno di Tajil gli raccontava sempre che le meduse erano delle principesse, da qui la familiarità con tale specie marina. La partenza, il lasciare gli affetti, il viaggio, l’ambientarsi in un nuovo territorio, tutti aspetti considerati dall’autore nel libro la cui spinta emotiva per la redazione nacque nel vedere un ragazzino a San Vito Lo Capo, cacciare delle meduse davanti agli occhi divertiti dei turisti per guadagnare qualche monetina. Ha spiegato il promoter: «Da lì nacque l’idea di trasferire le emozioni suscitate da quella scena in poesia ma ne è venuto fuori un romanzo di 400 pagine». Ma se i sentimenti nei romanzi del Pegna sono il filo rosso che li accomuna, c’è un’altra chiave di lettura che lui stesso ha fornito nel corso della presentazione. «La sofferenza è vissuta serenamente se siamo circondati da persone attente a chi soffre». Così un malato di leucemia, un condannato a morte, un emigrato circondati da persone attente al loro stato, riusciranno di certo a superare quello stadio della loro vita da cui non sempre si riesce a uscirne indenni. Per Pegna: «Tragedie come quelle accadute nel mare Mediterraneo non possono lasciare indifferenti».
Cultura e Società
Il cacciatore di Meduse
Paolo Emanuele · 9 anni fa