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Testimonianza

Natale col babbo o con la mamma?

Paolo Emanuele · 9 anni fa

«Qualunque cosa avessimo deciso, avremmo scontentato entrambi…». Dall’amore, la soluzione migliore

Natale col babbo o con la mamma? Ecco il dilemma che si presenta solo ai figli di separati o divorziati, e che ora, nostro malgrado, toccava anche noi quattro fratelli. Da maggio, infatti, i nostri genitori non vivevano più insieme. Quanto a noi eravamo sballottati fra gli strascichi della separazione: contatti con gli avvocati e col tribunale, definizione della situazione patrimoniale, ecc. Una vera tragedia, di cui non si arrivava a vedere l'ultimo atto. Un Natale così, nel pieno di queste trattative spiacevoli, risultava per lo meno derisorio, e avremmo fatto volentieri a meno di pensarci, se non vi fossimo stati sollecitali: con chi avremmo trascorso quel giorno, col babbo o con la mamma? Ciascuno dei due accampava l'esclusiva dei figli per sé: la mamma anzi, con cui vivevamo, lo dava già per scontato a motivo delle sue condizioni di salute; e lo si capiva da certe frasi che di tanto in tanto buttava lì nel discorso: «Allora il Natale che passeremo...». Ma neanche il babbo aveva tutti i torti a volerci con lui almeno in quell'occasione, in tutto l'anno. L'idea di dividerci, due di qua e due di là, era stata scartata subito, perché a tutti sarebbe risultato intollerabile quest'ulteriore frazionamento proprio in una festa così.Qualunque cosa avessimo deciso, avremmo scontentato entrambi con conseguenze molto penose. Insomma quella ricorrenza che avevamo sempre atteso con gioia, come espressione di unità familiare, stava per diventare un casus belli. Almeno fosse passata presto! Ma perché passasse, bisognava pur che fosse arrivata...Eppure poteva essere un'occasione forse unica per salvare il salvabile; se non ci davamo da fare noi figli per riassestare in quale modo la nostra famiglia così disastrata...Per fortuna, fin dall'inizio del sconquasso, invece di lasciarci andare come rottami alla deriva dopo un naufragio, avevamo reagito.La salvezza stava nell'accordo fra noi, nel prendere insieme ogni decisione, importante o meno che fosse; così si era stretto fra noi fratelli un legame ancor più profondo, pur nella diversità delle reazioni: all'inizio, nei momenti più critici, Gigi e Marco se l'erano presa perfino con Dio «che ci aveva messi in quel guaio»; Mirella invece, come me, traeva dalla fede in Lui la forza per prendersi sulle spalle quel dolore incomprensibile ed esser capace di iniziativa nell'amore.Qualcosa si doveva fare. Eravamo figli di ambedue, anche se loro si erano separati. Malgrado non si potesse mettere insieme materialmente il babbo e la mamma, noi eravamo il frutto del loro amore. Anche se restavamo solo con uno di loro, dovevamo essere in un certo senso per lui la presenza dell'altro.Alla fine trovammo quella che ci pareva la soluzione migliore: almeno quel primo Natale lo avremmo passato con la mamma, data la situazione precaria dei suoi nervi. Quando esponemmo al babbo le nostre ragioni, lui dovette adattarvisi. In seguito però ci saremmo alternati, trascorrendo le festività principali accanto all'una o all'altro.Nonostante tutto, volevamo che non mancassero i segni esterni della festa: l'alberello, il presepe, i regalini... Ce la mettemmo tutta per realizzare con cura ogni particolare: non era la salute, ma almeno era unguento sulle ferite.Fu il banco di prova della nostra capacità di costruire e ricostruire con tenacia, con fantasia, dei ponti fra tutti. Finché sarebbe stato così, in qualche modo la nostra famiglia non sarebbe mai stata divisa del tutto, per quanti Natali il futuro ci avrebbe riservati. P.L.

(Fonte: Città Nuova)