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Il Vangelo della domenica

Riflessione sulla solennità di tutti i Santi

Gigliotti Saveria Maria · 9 anni fa

La Solennità di tutti i Santi richiama e propone alla comune meditazione alcune componenti fondamentali della fede cristiana. Al centro della liturgia ci sono soprattutto i grandi temi della comunione dei Santi, della destinazione universale della salvezza, della fonte di ogni santità che è Dio stesso, della certa speranza nella futura e indistruttibile unione col Signore, del rapporto esistente tra salvezza e sofferenza, e di una beatitudine che già fin d’ora qualifica coloro i quali si trovano nelle condizioni descritte da Gesù nel Vangelo secondo Matteo. La prima lettura biblica, tratta dal libro dell’Apocalisse di Giovanni, ci trasporta, in termini fortemente immaginosi, nel mezzo della corte celeste, “in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello”, in un contesto di straripante esultanza e di vasti orizzonti. Qui incontriamo “una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua” (Ap 7,9). Questo è già un dato consolante, che rivela che in cielo siano in molti a far festa. Quando un giorno un tale chiese a Gesù: “Signore, sono pochi quelli che si salvano?”, egli non rispose direttamente; tuttavia, pur ricordando la necessità di “entrare per la porta stretta”, proseguì: “Verranno da Oriente e da Occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio” (Lc 12,23.24.29). Ebbene, eccoli quelli che vengono dall’Oriente e dall’Occidente, è questa innumerevole folla di santi, di salvati, di cui parla il libro dell’Apocalisse. Sono persone come noi, sono state fragili come noi, di terra come noi. Eppure essi sono stati vincitori. Hanno fatto del Vangelo la loro vita. Hanno indossato la veste bianca della verità e della grazia senza mai macchiarla, toglierla di dosso, abbandonarla, smarrirla, strapparla, lacerarla. Hanno fatto tutto questo non percorrendo vie facili come le nostre, bensì vie difficilissime di tortura, carcere, schiavitù, perdita della libertà fisica, estrema povertà, martirio spietato, crudele, feroce. Loro sono riusciti a vincere la grande tribolazione. Queste anime sono passate attraverso il martirio di Cristo Gesù e sono risultate vittoriose. Esse hanno amato Cristo. Lo hanno seguito sulla terra. Hanno versato per Lui il sangue. Ora lo seguono nella gloria del Cielo. La festa di tutti i santi ci invita anche a non ripiegarci mai su noi stessi, ma a guardare al Signore per essere raggianti (cf. Sal 34,6); a non presumere delle nostre forze, ma a confidare filialmente in Colui che ci ha amati quando ancora eravamo peccatori (cf. Rm 5,8); ed anche a non stancarci mai di operare il bene, perché in ogni caso la nostra santificazione è “volontà di Dio” (1Ts 4,3). Da parte sua, il Vangelo ci ricorda un aspetto essenziale della nostra identità cristiana e del costitutivo della santità. Le beatitudini pronunciate così solennemente da Gesù si collocano, da una parte, in antitesi con alcuni valori che sono invece onorati dal mondo e, dall’altra, nella prospettiva di una sorte futura e definitiva, in cui le situazioni vengono ribaltate. Esse stanno o cadono tutte insieme; non se ne può estrarre una sola e coltivarla a scapito delle altre. Tutti i santi sono sempre stati e sono contemporaneamente, anche se in varia misura, affamati e assetati di giustizia, misericordiosi, puri di cuore, operatori di pace, perseguitati a causa del Vangelo. Il cammino della santità, difatti, ha un sentiero tracciato, via angusta, porta stretta: sono le beatitudini. Si dona a Dio il niente della terra e si ricevono le ricchezze del cielo. In più, sulla base di questa pagina evangelica, è evidente che la beatitudine cristiana, come sinonimo di santità, non è disgiunta da una componente di sofferenza o almeno di difficoltà: non è facile essere o voler essere poveri, miti, puri; né si vorrebbe essere perseguitati, neppure per causa della giustizia. Ma il regno dei cieli è per gli anticonformisti (cf. Rm 12,2). Grazie alle beatitudini si inizia su questa terra la vita del cielo. Le beatitudini sono un angolo di cielo sulla terra, un pezzetto del regno eterno nel tempo della storia. I santi hanno fatto discendere il cielo sulla terra, mentre i dannati hanno portato l'inferno di quaggiù nell'altro mondo. I primi continuano in modo perfetto a vivere d'amore, di gioia, di comunione, di giustizia perfetta; gli altri eternizzano il loro odio, il loro male e la loro malvagità. Non hanno conosciuto Dio e i fratelli, ora muoiono nella loro solitudine di dannazione. Celebrare la festa di tutti i santi è pensare a quel poco di paradiso che essi hanno saputo portare in mezzo a noi, ma vuol dire anche assunzione di una più grande responsabilità perché secondo la misura del dono ricevuto, anche noi smettiamo di creare inferno e ci mettiamo all'opera per realizzare quaggiù il regno di Dio, già presente per l'opera di Cristo, ma che attende di essere compiuto attraverso il nostro sacrificio e l'offerta della nostra vita.