·

Vita diocesana

Misericordia, volto amico e prossimo dell’agape

Gigliotti Saveria Maria · 9 anni fa

è questo il titolo scelto da Padre Ermes Ronchi per il Convegno Diocesano, in programma venerdì 16 ottobre alle 18.30 presso il Teatro Grandinetti di Lamezia Terme. Misericordia come volto, suggerisce il titolo. “Il Dio di Platone era inaccessibile nella sua grandezza. Quello di Aristotele era perfetto. Il Cristianesimo ha dato un volto a Dio. Lo ha chiamato padre, fratello, amico”. Così scriveva Alexis Carrel, Nobel per la medicina nel 1912, nel suo libro La preghiera. Pensare la misericordia come volto dell’agape, quindi di quell’amore puramente gratuito di Dio per noi, significa arrivare a delineare i lineamenti leggeri e delicati di un volto che è misericordioso ed è pura misericordia. Significa risalire all’agape per parlare di misericordia. L’agape è l’amore che non si nutre della mancanza dell’altro. è l’amore che non si sazia per la presenza dell’altro. è l’amore che ha il suo modello in Gesù: un amore per gli altri gratuito, disinteressato, ingiustificato o ostinato al di fuori di ogni reciprocità. L’apostolo Paolo nella Lettera ai Romani afferma: «A stento si trova chi sia disposto a morire per un giusto; forse ci può essere chi ha il coraggio di morire per una persona dabbene. Ma Dio dimostra il suo amore per noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi» ( Rm 5, 7-8). L’agape è l’essere stesso di Dio che esce da sé e si spinge negli abissi degli uomini. Questo amore – agape – ha un volto; un volto amico, un volto vicino e questo volto è il volto di Dio. La raffigurazione emblematica dell’agàpe è l’icona della Trinità di Rublev, con i tre angeli attorno alla mensa. Per chi contempla l’icona i commensali occupano tre dei quattro lati della mensa, lasciandone uno libero. Il posto vuoto invita chi sta guardando a sedersi e a entrare in questo cerchio di amore e di misericordia. L’invito è consegnato, arreso a chiunque si trovi a passare e a guardare l’icona. è un posto vuoto che attende di essere occupato da chi è rapito dallo sguardo dei tre angeli. Papa Francesco nel suo viaggio negli USA ha detto a chiare lettere che se l’annuncio del Vangelo è l’incontro con uno sguardo di misericordia «anche una donna samaritana con cinque “non-mariti” si scoprirà capace di testimonianza». Forse in questo si gioca il futuro della missione della Chiesa e dell’identità di ciascuno di noi: avere in noi lo sguardo di misericordia che vuol dire aver ricevuto questo sguardo, quando non avremmo mai voluto vedere nessuno. L’11 aprile, indicendo l’Anno Santo, Francesco sottolineava «l’urgenza di annunciare e testimoniare la misericordia nel mondo contemporaneo» con «un nuovo entusiasmo e con una rinnovata azione pastorale» perché ciò «è determinante per la Chiesa e per la credibilità del suo annuncio». “Misericordiosi come il Padre” è il motto di quest’anno Santo, «un programma di vita tanto impegnativo quanto ricco di gioia e di pace», che richiede la capacità di «porsi in ascolto della parola di Dio» in modo da «contemplare la sua misericordia» assumendola come stile di vita. Se questo sguardo ha incontrato e rapito i nostri occhi, allora anche il nostro volto potrà essere un volto amico e prossimo - nel senso di vicino- dell’agape, dell’amore di Dio.