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Vita diocesana

Il Vescovo tra i pazienti dell’Ospedale

Paolo Emanuele · 10 anni fa

Il Vescovo tra i pazienti dell’Ospedale

Ormai le " giornate" celebrative o di memoria stanno diventando tantissime e la maggior parte rischia di essere conosciuta solo dagli "addetti ai lavori". Celebriamo e ricordiamo un po' di tutto con la triste conseguenza che giornate importanti finiscono nella superficialità o ignoranza quasi totale. Eppure sono state istituite per conservare viva la memoria di persone, eventi che hanno segnato la storia, per indicare o ricordare strade da percorrere, errori da non ripetere; personaggi ed eventi che hanno segnato la storia in modo positivo o che sono stato un "attentato" alla vita della comunità umana, dell'ambiente , del progresso. Quanti ricordi convergono in queste giornate, di quante speranze, forse sopite o eluse, erano segni... Ognuno di noi le vive secondo i suoi "interessi",forse trasportato un poco dal contesto in cui vive ed opera, a volte dalle emozioni suscitate dal momento e poi... In realtà centro delle giornate non dovrebbero e non sono, problemi considerati come realtà astratta, ma l'uomo concreto che vive quella situazione,, che si dibatte in quelle problematiche. Anche quest'anno abbiamo celebrato nella nostra diocesi,l'11 febbraio, la giornata mondiale dell'ammalato, guidati dal tema :" Io ero occhio per il cieco, ero i piedi per lo zoppo". Occhio sano che vede le cose e sa discernere, che vede per sé e cerca di vedere per l'altro, senza imporgli la sua "visione", perché l'altro nella sua cecità o malattia, non si perda sul cammino, ma venga aiutato dai tuoi "occhi" che non lo ingannano, non gli fanno sognare mondi irreali o inesistenti, ma lo accompagnano per una visione interiore, diventando luce per la sua ricerca, senza sostituirsi a lui. Piedi che camminano con lui e ti fanno suo compagno di viaggio, che cercano di adeguare il proprio passo a colui di cui vuoi diventare "compagnia", non troppo lungo, né troppo corto, non troppo spedito, né troppo lento: Sei tu che devi adeguare i tuoi passi e il tuo andare al suo, perché tu possa camminare con lui. Questa giornata è un invito ad approfondire la nostra fede quando la malattia e la sofferenza rischiano di oscurarla. "La fede non è luce che dissipa tutte le nostre tenebre, ma lampada che guida nella notte i nostri passi, e questo basta per il cammino". La nostra identità va anche compresa partendo dagli aspetti che riconducono alla dimensione fragile e vulnerabile del proprio essere quali la malattia, il dolore e la morte stessa. La persona umano è chiamata a realizzare la propria vocazione sia combattendo contro tutto ciò che può compromettere la propria integrità, sia integrando il negativo che non può eliminare riempendolo di senso. "Gesù non ha inventato la sofferenza, la croce: l'ha incontrata lungo il proprio cammino, come ogni uomo. La novità che Egli ha inventato è stata quella di mettere nella croce un germe di amore. Così la croce è diventata la strada che porta alla vita, messaggio di amore, sorgente di calore trasformante per l'uomo". E' seguendo questa traccia che martedì 10 febbraio abbiamo vissuto nella nostra realtà ospedaliera la giornate mondiale del malato. Abbiamo accolto tra noi il nostro vescovo mons. Luigi Cantafora. Ha fissato i suoi occhi sul volto di Cristo sofferente negli ammalati, consegnando ad ognuno una parola di speranza, un luce nel cammino. Ci ha ricordato che attraverso il volto di ogni uomo, specialmente quando le lacrime e le sofferenze lo rendono più trasparente, noi possiamo riconoscere il volto del Padre creatore e così possiamo affermare che per conoscere Dio, bisogna conoscere l'uomo.

Padre Giuseppe Ferrara CM