·

Cultura e Società

La violenza e il diritto

Sabatino Savaglio · 10 anni fa

La solidarietà, la vicinanza, l’indignazione e la condanna per quanto è stato e resterà un atto abominevole, non andranno via. Ma, a tutto questo si aggiunge la riflessione con il tentativo di metabolizzare un’ultima pagina triste della nostra storia come umanità. Un lungo capitolo che ha nuovi episodi: gli eventi di Parigi, i genocidi dei cristiani in Nigeria e in Medio Oriente. Non si tratta solo della crudeltà di qualcuno, dell’irriverenza di qualcun altro. Non si tratta di episodi isolati. No! Stiamo parlando della nostra storia come umanità. Comprendere le ragioni degli episodi che hanno sconvolto l’opinione pubblica, sarebbe difficile senza doversi schierare da una parte o dall’altra. Eppure, “se tutto questo dolore non allarga i nostri orizzonti e non ci rende più umani, liberandoci dalle piccolezze e dalle cose superflue di questa vita, è stato inutile” (Etty Hillesum). Il vero rischio è che neanche questi orrori finiscano per scalfire la nostra disumanità profonda. Non stupiamoci se la violenza produce morte. Se compro un biglietto per vedere un film dell’horror, non immagino di guardare una commedia. Noi ci troviamo in questa situazione, abbiamo comprato un biglietto e lo spettacolo è iniziato e continua.

I fatti di Parigi potrebbero dire due cose. La prima. La violenza si è data appuntamento. La violenza in nome della libertà di stampa ha dato appuntamento alla violenza in nome della religione. Eppure la libertà di stampa e la libertà religiosa sono diritti fondamentali della persona, da riconoscere, difendere e custodire. Parigi, per la nostra società occidentale, è l’esempio della guerra dei diritti che una cultura liberale, fieramente laicista, continua a portare avanti, senza minimamente preoccuparsi che ogni diritto ha dentro di sé un dovere. Rivendicare violentemente diritti, può portare alla morte di una persona, di alcune persone o di una società. Per l’Europa, la violenza in nome della libertà di stampa è comprare un biglietto per un horror. Per l’Islam, la violenza in nome della religione è comprare lo stesso biglietto e sedersi a guardare lo stesso film horror. La seconda. Sui fatti di Parigi e gli attuali genocidi nel resto del mondo, molto si sta scrivendo e pubblicando. Ho ritrovato un articolo dell’intellettuale americano Weigel. Sono davvero interessanti le domande che pone. I recenti fatti ci autorizzano a chiedere ai musulmani: «Potete trovare, all’interno delle vostre risorse intellettuali e spirituali, argomenti islamici a favore della tolleranza religiosa (inclusa la tolleranza verso coloro che si convertono ad altre fedi)?», riporta l’intellettuale americano. La seconda domanda riguarda la struttura delle società islamiche: «Possono i musulmani trovare, sempre all’interno delle loro risorse intellettuali e spirituali, argomenti islamici per distinguere tra autorità religiosa e politica in uno Stato giusto?». Si spera che le risposte siano in cantiere. Già Benedetto XVI, tanto contestato per la sua apertura nei confronti dell’Islam aveva detto come sia necessario dialogare con l’Islam per il futuro stesso dell’Europa, in nome non del senso religioso, ma della stessa ragione. In quanto, “Non agire secondo ragione, è contro la natura di Dio”.