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Chiesa

Alcune considerazioni riguardo la Nota Pastorale sulla ‘ndrangheta della CEC

Paolo Emanuele · 10 anni fa

“Nei confronti di chi, notoriamente e ostinatamente, nel corso della vita terrena abbia preso parte in prima persona, come mandante, come esecutore e collaboratore consapevole, ad organizzazioni criminali, come la ‘ndrangheta, la Conferenza Episcopale Calabra, pubblicamente e solennemente ribadisce che di fatto è fuori dalla comunione con la Chiesa”. Sono forti le parole contenute nel documento “Testimoniare la verità del Vangelo. Nota pastorale sulla ‘ndrangheta”, pubblicato e presentato dalla Conferenza Episcopale Calabra (CEC). Un rinnovato impegno della Chiesa calabrese contro i fenomeni criminali, nel solco di un cammino quarantennale, e che ha visto i vescovi locali sempre in prima linea. Una riflessione scaturita da alcuni “accadimenti” registrati “nel corso di questo anno” – come chiosano gli stessi presuli calabresi.chiesa e mafia. La Calabria è un popolo ferito nella sua dignità da un fenomeno deleterio che provoca frequenti ingiustizie e atteggiamenti estorsivi, dentro i quali la mancanza di lavoro si salda con la piaga del lavoro nero; il ricatto e l’usura si sposano con la promessa di guadagni facili attraverso la chimera del gioco d’azzardo. Questo il quadro descritto dai vescovi calabresi nella nota pastorale, nella cui introduzione monsignor Salvatore Nunnari, presidente della Cec, ribadisce di scrivere non ‘contro’qualcuno, ma per provare ad annunciare la Verità eterna del Vangelo di Gesù Cristo, proprio in una regione che afflitta da un vuoto di certezze, di presenza, di fiducia, di impegno. Il documento condanna fortemente il fenomeno mafioso, parla della disoccupazione, della corruzione diffusa, si rammarica per una politica, che tante volte sembra completamente distante dai veri bisogni della gente. Per questo i vescovi calabresi auspicano che tali indicazioni possano contribuire a far sorgere una alba nuova di redenzione nella nostra terra. Devozioni e pratiche di culto. La ‘ndrangheta viene ricordato nella nota è una realtà criminale di dimensione globale, che si pone come “antistato e anti – religione. Nel documento, di quattro capitoli, costantemente i vescovi calabresi sottolineano come la Chiesa e i fenomeni criminali siano due realtà incommensurabilmente tra loro lontane, di cui si afferma senza dubbio alcuno l’abissale differenza. La Chiesa è fondata sull’amore di Dio e del prossimo, mentre la ‘ndrangheta è costruita sulla minaccia e sulla paura, su una falsa fede e una distorta religiosità. I Vescovi Calabresi ricordano che al fine di contrastare i fenomeni ‘ndranghetisti servono la fede nel Signore Risorto e la coerenza delle azioni, che supportino interventi programmati, specialmente quelli relativi alle diverse espressioni della pietà e della religiosità popolare, della formazione remota, prossima e permanente dei presbiteri, dei laici e dei catechisti, nell’esperienza dei movimenti e delle aggregazioni ecclesiali. Già nei mesi scorsi la CEC aveva ribadito la necessità di formare adeguatamente i seminaristi con vere e proprie “lezioni anti ‘ndrangheta”. Nell’ultima parte del documento i vescovi tracciano il percorso futuro della Chiesa locale, auspicando di affidare a un prossimo Direttorio gli aspetti della Celebrazione dei Sacramenti e della Pietà popolare, principi e linee guide, a cui ispirarsi e attenersi nelle nostre Diocesi di Calabria. La nota pastorale richiama anche le parole pronunciate da Papa Francesco nel corso della visita pastorale in Calabria dello scorso 21 giugno. Allora il pontefice disse che “i mafiosi sono scomunicati”. Una espressione su cui i presuli di Calabria hanno riflettuto e che, nell’introduzione al documento, fa affermare a mons. Nunnari che “chi fa parte della mafia – anche se non ha ricevuto una scomunica scritta – si pone automaticamente fuori dalla comunione ecclesiale”. Per questo viene ribadito che il mafioso, se non dimostra autentico pentimento, né volontà di uscire da una situazione di peccato, non può essere assolto sacramentalmente, tantomeno può rivestire uffici e compiti all’interno della comunità ecclesiale”. La nota odierna si inserisce in un percorso della Chiesa calabrese che dura da diversi decenni, e che gli stessi presuli oggi hanno richiamato. Già nel 1975, i vescovi locali pubblicarono il documento “L’Episcopato calabro contro la mafia, disonorante piaga della società”: già allora si parlava della mafia come “doloroso e triste fenomeno, disonorante piaga della società, segno di arretratezza socio-economica e culturale”. Nel corso degli anni sono stati diversi gli interventi dei vescovi, ultimo nel 2010, nel documento “Se non vi convertirete perirete tutti allo stesso modo”. Don Francesco Farina