Dalla parola di Dio della liturgia della terza domenicale d’Avvento ascoltiamo un meraviglioso canto a due voci. Da vicino, in un certo senso dal cuore stesso dell’Avvento, parla la Vergine di Nazaret, prescelta ad essere la madre del Messia. Da lontano invece risuona Isaia profeta, in un certo senso l’“evangelista” dell’antica alleanza. Tutte e due le voci si incontrano e si armonizzano in un modo meraviglioso. Ecco le parole di Maria che ascoltiamo nel salmo responsoriale: “L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva... Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente... di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono” (Lc 1,46-50). Ed ecco le parole del profeta che troviamo nella prima lettura: “Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio, perché mi ha rivestito delle vesti di salvezza, mi ha avvolto con il manto della giustizia... come una sposa che si adorna di gioielli” (Is 61,10). Ciò che si è manifestato nelle parole di Isaia trova in quelle di Maria non soltanto una lontana eco, ma una forma meravigliosa e, in un certo senso, una “rifinitura”. Isaia magnifica Dio per il dono della grazia. E Maria magnifica Dio per il dono della grazia: per il dono di una grazia eccelsa, la più grande che ha potuto ricevere un essere umano: “D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata... e santo è il suo nome” (Lc 1,48-49). Tutti e due – il profeta e la Vergine di Nazaret – estendono pure il loro Magnificat a Dio per il dono di grazia e di misericordia, che si manifesta nella storia di Israele: e nella storia delle nazioni e dei popoli. Le parole di Isaia: “Poiché come la terra produce la vegetazione e come un giardino fa germogliare i semi, così il Signore Dio farà germogliare la giustizia e la lode davanti a tutti i popoli” (Is 61,11). Le parole di Maria: “Ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote. Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia” (Lc 1,53-54). In questo canto a due voci della Vergine di Nazaret e di Isaia profeta la liturgia dell’odierna domenica presenta l’Avvento: primo, come opera salvifica di Dio, che si sviluppa attraverso la storia del popolo eletto – e raggiunge il suo culmine nel cuore della Vergine prescelta come Madre del Messia – per estendersi poi a tutta l’umanità; Dio viene all’umanità mediante questa opera salvifica; secondo, la liturgia di questa terza domenica esprime l’Avvento come atteggiamento interiore dell’uomo. L’Avvento significa aprire largamente gli occhi dell’anima sulla presenza di Dio nel creato; e aprire gli occhi dell’anima, sull’opera di Dio nel mondo, soprattutto nel cuore umano. In esso il Padre celeste opera mediante il suo Spirito e il cuore si rinnova e la sua creatura viene costituita strumento di grazia e di benedizione. Però, il Padre celeste, potrà fare tutto se l’uomo e di buona volontà, ma spesso egli si rifiuta e si ostina nella sua impenitenza. Il peccato ha rovinato l'uomo, gli ha spezzato il cuore, lo ha reso povero di Dio, lo ha fatto schiavo, lo ha ricoperto di piaghe, lo ha venduto al regno delle tenebre, all'impero del male. Cristo, disceso dal Cielo, unto con lo Spirito Santo, si piega su di lui, lo cura, lo libera, lo risana, lo salva, lo santifica, gli ridona la sua antica dignità in una forma ancora più mirabile. Rinato alla grazia e alla verità, l'uomo deve ora vivere secondo questa nuova nascita fino al termine della sua vita. Bisogna conservare irreprensibile anima, spirito, corpo, così come San Paolo ci esorta nella seconda lettura. L'anima è pura se in essa dimora perennemente la grazia santificante, se viene tolta da essa anche la più piccola macchia di peccato veniale, che ne deturpa la bellezza; lo spirito è ancorato in Dio, quando non si lascia dominare né da pensieri, né da concupiscenze, né da superbie ed arroganze. Avere uno spirito libero si può, a condizione che si viva in questa terra solo nell'attesa della ricompensa dei giusti nell'ultimo giorno e si ponga la propria vita nella ricerca esclusiva della gloria di Dio. Il corpo è dello Spirito, come suo tempio, quand'esso non viene consegnato al peccato, specie dell'impurità. Cristo è la luce del mondo, la Grazia, la Verità, la Vita, la Via, l'unico Mediatore tra Dio e l'uomo, il Salvatore, il Redentore, il Liberatore, Colui che toglie il peccato, il Datore dello Spirito Santo. Ogni altro, tutti gli altri sono strumenti per condurre a Lui. A Lui dobbiamo rendere testimonianza: Lui far lodare, benedire, ringraziare, Lui far invocare come Salvatore e Redentore, Lui far accogliere nei cuori con la sua Parola di verità, con il suo dono di grazia. Rendere testimonianza a Cristo è scegliere la via della cristiformità, della perfetta conformazione a Lui. Avvento: tempo di più grande testimonianza a Cristo Gesù, perché tempo della nuova illuminazione del cristiano.
Il Vangelo della domenica
Riflessione sulla III Domenica di Avvento
Paolo Emanuele · 10 anni fa