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La parola del Vescovo

Riscoprire la bellezza della vita consacrata

Paolo Emanuele · 10 anni fa

Monsignor Cantafora, nella Santa Messa stazionale di sabato 29 novembre ha pronunciato la sua omelia davanti ai religiose e alla religiose presenti in Diocesi. Di seguito il testo.

«Tu, Signore, sei nostro padre, da sempre ti chiami nostro redentore». Carissimi fedeli, religiose, religiosi e laici qui convenuti. Iniziamo oggi, nella prima domenica d’avvento, l’anno dedicato alla Vita Consacrata con questa bellissima parola del profeta Isaia. L’avvento, tempo di preparazione e di attesa del ritorno del Signore, è metafora della vita consacrata e inizia con questa invocazione a Dio come Padre: Tu, Signore, sei nostro padre! Vale la pena dunque fermarci, in questa occasione, sul valore e sul senso della Vita Consacrata, perché i consacrati ci dicono con la loro esistenza che noi siamo figli e che abbiamo un Padre a cui rivolgerci. Che cosa è la Vita Consacrata? Noi infatti siamo tutti consacrati in forza del nostro battesimo. è vero, carissimi. La consacrazione di tutti noi è avvenuta mediante il Battesimo che abbiamo ricevuto. Lì è iscritta la nostra appartenenza a Dio nella Chiesa. Alcuni poi, tra voi laici, tramite il sacramento del matrimonio sono uniti a Dio, nella Chiesa, nel legame sponsale con il proprio marito o la propria moglie: «Non saranno più due ma una sola carne». Da qui la bellezza e la sacralità del matrimonio cristiano. Questo sacramento è figura dell’unione con Dio che ogni battezzato è chiamato a vivere. Altri invece, tramite il sacramento dell’ordine, con l’unzione sacerdotale, sono diventati ministri della Chiesa, sacerdoti per sempre. Per le religiose e per i religiosi, invece, la consacrazione è come una ratifica del proprio battesimo, una promessa di appartenenza totale al Signore, accompagnata dalla professione pubblica e dai voti. Il “consacrato” vuole significare nella sua esistenza terrena ciò che tutti saremo chiamati a vivere: l’unione con Dio, perché Egli sia «tutto in tutti» (1Cor 15,28). Così capiamo la parola dell’evangelista Luca: «Quelli che sono giudicati degni della vita futura non prendono né moglie né marito» (Lc 20,35). Il consacrato, secondo l’adagio monastico, «Non vuole anteporre nulla all’amore di Cristo»[1]; per questo ciò che lo caratterizza è la sequela Christi, nel senso che indica, con la propria vita e con la testimonianza, il primato di Dio nell’esistenza di ogni credente e ciò che ogni battezzato è chiamato a compiere: seguire Gesù!

Papa Francesco insiste nei suoi discorsi di porre al centro il Vangelo[2]. Rinnovarci avendo sempre davanti a noi il Vangelo è, per i consacrati e le consacrate, una nuova chiamata alla vigilanza. Questo tempo di Avvento è dunque propizio per questo. «Nelle necessità dell’oggi torniamo al Vangelo, dissetiamoci alle Sacre Scritture, in cui si trova la “sorgente pura e perenne della vita spirituale”»[3]. Il vangelo sia dunque la regola suprema, la norma prima e ultima della vita religiosa. Dire vangelo vuol dire Gesù, la sua vita, le sue scelte, le sue parole, i suoi sentimenti. In una Parola occorre uscire da se stessi, dalla propria mentalità, schemi, immagini, tradizioni, per assumere lo sguardo che Dio ha sul mondo e che Egli ci ha trasmesso in Gesù. Carissimi, il nuovo umanesimo – tema del prossimo convegno ecclesiale di Firenze – nasce da qui, dal radicamento al Vangelo. Ciò che infatti Gesù ha di eccezionale non è di ordine religioso, ma umano, pienamente umano. Proprio perché Gesù è il Figlio di Dio fatto uomo, il suo percorso umano è esemplare per tutti. Solo percorrendo la strada che Gesù ha percorso noi non solo ci accostiamo a Dio, ma ci accostiamo all’uomo. Quando parliamo di carità, di misericordia, noi ci riferiamo a ciò che ha vissuto il Signore Gesù e ai cammini di umanità che Egli ha tracciato. I consacrati sono chiamati a vivere nella loro carne questa realtà divina e umana, ad essere realmente “cristofori”, portatori di Gesù, non come uno stendardo, non come un abito, ma come la carne, la pelle che li costituisce e li caratterizza. Scoprire la bellezza della vita consacrata significa allora rendere grazie a Dio che ci dona la possibilità di assumere nella nostra carne, le scelte e i sentimenti, i pensieri e le azioni di Gesù. Ancora significa ringraziare Dio per il dono dei consacrati e delle consacrate presenti in Diocesi, per la molteplicità dei carismi, per la loro presenza luminosa e feconda, per il loro esempio di vita donata. I consacrati e le consacrate sono in una Diocesi come la lampada del tempio che sta sempre accesa, perché non si spenga mai il fervore, la ricerca di Dio, la preghiera, l’annuncio del Vangelo ad ogni uomo e ad ogni donna assetata di speranza.

Signore dona a tutti noi di apprezzare la Vita Consacrata. Suscita nei giovani e nelle giovani il desiderio di seguirti in totalità di amore, perché il Vangelo possa continuare a diffondersi nel mondo. Amen

[1] Cfr. Regola di S. Benedetto, 4,21

[2] Cf. Scrutate, n. 7, p.47.

[3] Ibid. p.49