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Vita diocesana

Ai consacrati dico: Rallegratevi

Paolo Emanuele · 10 anni fa

E’l’esortazione che Papa Francesco ha rivolto a tutti i consacrati e alle consacrate del mondo in una lettera inviata lo scorso 2 febbraio, in occasione della festa della Vita Consacrata, in preparazione all’Anno della Vita Consacrata. L’incontro con i superiori maggiori di tutti gli istituti di vita consacrata nel mese di novembre del 2013, è stata l’occasione che il Santo Padre ha scelto per far conoscere alla Chiesa il desiderio di dedicare un anno alla celebrazione e alla conoscenza della cosidetta strada dei “consigli evangelici”, la vita consacrata.

Dopo un anno da quell’incontro e pochi giorni prima dell’apertura di questo tempo straordinario, che è avvenuta con una Celebrazione Eucaristica nella Basilica Vaticana il 30 novembre 2014 presieduta dal Cardinale João Braz de Aviz Prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, papa Francesco ha scritto una lettera apostolica, nella quale in un modo semplice e schietto indica gli obiettivi di questo tempo di Grazia.

Prendendo spunto dall’Esortazione post-sinodale “Vita Consecrata” di Giovanni Paolo II, nella prima parte di questa lettera ne rivalorizza gli obiettivi, rileggendoli alla luce del nuovo contesto ecclesiale.

Il pontefice invita i consacrati ad intraprendere le strade del Vangelo che questo tempo ci mette davanti, avendo chiari alcuni obiettivi: guardare il passato con Gratitudine, vivere il presente con Passione e abbracciare il futuro con Speranza.

Guardare il passato con gratitudineè “raccontare la propria storia per tenere viva l’identità, per rinsaldare l’unità della famiglia e il senso d’appartenenza dei suoi membri”. Il papa invita i consacrati a fare questo, fuggendo la tentazione di pensare di fare “archeologia o di coltivare inutili nostalgie, quanto piuttosto di ripercorrere il cammino delle generazioni passate per cogliere in esso la scintilla ispiratrice, le idealità, i progetti, i valori che le hanno mosse, a iniziare dai fondatori, dalle fondatrici e dalle prime comunità.”.

Vivere il presente con passionevuol dire porsi la domanda “se e come anche noi ci lasciamo interpellare dal Vangelo; se esso è davvero il "vademecum" per la vita di ogni giorno e per le scelte che siamo chiamati ad operare. Esso è esigente e domanda di essere vissuto con radicalità e sincerità”.

Seguire il Signore nella Vita Consacrata vuol dire essere innamorati di Lui e per questo viene lanciata una forte provocazione: “Gesù, dobbiamo domandarci ancora, è davvero il primo e l’unico amore, come ci siamo prefissi quando abbiamo professato i nostri voti? Soltanto se è tale, possiamo e dobbiamo amare nella verità e nella misericordia ogni persona che incontriamo sul nostro cammino, perché avremo appreso da Lui che cos’è l’amore e come amare: sapremo amare perché avremo il suo stesso cuore”.

Abbracciare il futuro con speranza senza scoraggiarsi delle tante difficoltà che non preannunciano sicuramente un futuro roseo. “Conosciamo le difficoltà cui va incontro la vita consacrata nelle sue varie forme: la diminuzione delle vocazioni e l’invecchiamento, soprattutto nel mondo occidentale, i problemi economici a seguito della grave crisi finanziaria mondiale, le sfide dell’internazionalità e della globalizzazione, le insidie del relativismo, l’emarginazione e l’irrilevanza sociale... Proprio in queste incertezze, che condividiamo con tanti nostri contemporanei, si attua la nostra speranza, frutto della fede nel Signore della storia che continua a ripeterci: «Non aver paura ... perché io sono con te» (Ger 1,8).” Uno dei grandi meriti di questo grande pontefice è l’aver ridato speranza alla Chiesa in un periodo di decadenza e in questa lettera continua a farlo esortando i consacrati a “non cedere alla tentazione dei numeri e dell’efficienza, meno ancora a quella di confidare nelle proprie forze. Scrutate gli orizzonti della vostra vita e del momento attuale «in vigile veglia» (…) Continuiamo e riprendiamo sempre il nostro cammino con la fiducia nel Signore.”.

“Che cosa mi attendo in particolare da questo Anno di grazia della vita consacrata?” Nella seconda parte della lettera apostolica sono elencate le attese del cuore del successore di Pietro.

Prima di tutto che i chiamati dal Signore siano portatori di gioia, “che tra di noi non si vedano volti tristi, persone scontente e insoddisfatte, perché «una sequela triste è una triste sequela». Anche noi, come tutti gli altri uomini e donne, proviamo difficoltà, notti dello spirito, delusioni, malattie, declino delle forze dovuto alla vecchiaia. Proprio in questo dovremmo trovare la «perfetta letizia», imparare a riconoscere il volto di Cristo che si è fatto in tutto simile a noi e quindi provare la gioia di saperci simili a Lui che, per amore nostro, non ha ricusato di subire la croce.”.

I consacrati “«sveglino il mondo», perché la nota che caratterizza la vita consacrata è la profezia”.

Non teniamo vive delle utopie ma sappiamo “creare "altri luoghi", dove si viva la logica evangelica del dono, della fraternità, dell’accoglienza della diversità, dell’amore reciproco. Monasteri, comunità, centri di spiritualità, cittadelle, scuole, ospedali, case-famiglia e tutti quei luoghi che la carità e la creatività carismatica hanno fatto nascere, e che ancora faranno nascere con ulteriore creatività, devono diventare sempre più il lievito per una società ispirata al Vangelo, la "città sul monte" che dice la verità e la potenza delle parole di Gesù.”.

Un’altra delle attese del Santo Padre è che i religiosi e le religiose diventino sempre di più “esperti di comunione” perché possano cogliere “«la grande sfida che ci sta davanti» in questo nuovo millennio: «fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione»”. Dopo aver richiamato i suoi precedenti interventi a riguardo della comunione e di tutti quelli atteggiamenti che la minano, papa Francesco riconosce che “il cammino della carità che si apre davanti a noi è pressoché infinito, perché si tratta di perseguire l’accoglienza e l’attenzione reciproche, di praticare la comunione dei beni materiali e spirituali, la correzione fraterna, il rispetto per le persone più deboli…”

L’attesa più profetica e secondo me la scelta più radicale che papa Francesco si aspetta dalla vita consacrata è quella di “Uscire da sé stessi per andare nelle periferie esistenziali”. Gli uomini e le donne che bussano alle nostre porte per chiederci di aiutarli a capire il senso della loro vita vanno diminuendo sempre di più e per questo dobbiamo seguire l’invito del Salvatore, “«Andate in tutto il mondo» fu l’ultima parola che Gesù rivolse ai suoi e che continua a rivolgere oggi a tutti noi (cfr Mc 16,15). C’è un’umanità intera che aspetta: persone che hanno perduto ogni speranza, famiglie in difficoltà, bambini abbandonati, giovani ai quali è precluso ogni futuro, ammalati e vecchi abbandonati, ricchi sazi di beni e con il vuoto nel cuore, uomini e donne in cerca del senso della vita, assetati di divino…”.

E’un invito che papa Bergoglio rivolge ormai da mesi alla Chiesa universale e che in questa lettera rimanda ai consacrati invitandoli ad osare di più nel cammino di evangelizzazione. “Aspetto da voi gesti concreti di accoglienza dei rifugiati, di vicinanza ai poveri, di creatività nella catechesi, nell’annuncio del Vangelo, nell’iniziazione alla vita di preghiera. Di conseguenza auspico lo snellimento delle strutture, il riutilizzo delle grandi case in favore di opere più rispondenti alle attuali esigenze dell’evangelizzazione e della carità, l’adeguamento delle opere ai nuovi bisogni.”

Insieme alle attese, il Papa suggerisce la strada perché queste non rimangano solo dei pii desideri anche in questo tempo di Grazia: “Soltanto in questa attenzione ai bisogni del mondo e nella docilità agli impulsi dello Spirito, quest’Anno della Vita Consacrata si trasformerà in un autentico kairòs, un tempo di Dio ricco di grazie e di trasformazione.”.

Nella terza ed ultima parte della lettera, il papa allarga la schiera dei destinatari, dai consacrati ai fedeli laici che fanno parte delle famiglie religiose e che partecipano dei loro carismi e li incoraggia: “quando i consacrati di diversi istituti quest’Anno si incontreranno tra loro, fate in modo di essere presenti anche voi come espressione dell’unico dono di Dio, così da conoscere le esperienze delle altre famiglie carismatiche, degli altri gruppi laicali e di arricchirvi e sostenervi reciprocamente”. Tutto il popolo cristiano prenda “sempre più consapevolezza del dono che è la presenza di tante consacrate e consacrati, eredi di grandi santi che hanno fatto la storia del cristianesimo”.

Un ultimo invito papa Francesco lo fa ai suoi fratelli nell’episcopato perché sia “questo Anno un’opportunità per accogliere cordialmente e con gioia la vita consacrata come un capitale spirituale che contribuisce al bene di tutto il corpo di Cristo (cfr Lumen gentium, 43) e non solo delle famiglie religiose”.

Il nostro vescovo S.E. Mons. Luigi Cantafora fin dal suo arrivo in diocesi ha tanto valorizzato questo “capitale spirituale” e per questo ha deciso di iniziare questo Anno in modo solenne. Sabato 29 novembre prima della concelebrazione Eucaristica che ha aperto ufficialmente quest’anno di grazia del Signore in diocesi, sono stati celebrati e ricordati i santi religiosi calabresi, ripercorrendo in modo simbolico la loro santità attraverso alcune Statio che ne ricordavano i nomi, i volti e le vite. La religiosità del popolo calabrese trova i suoi fondamenti in queste straordinarie figure di santità che ne hanno alimentato la fede. La nostra chiesa lametina ha così iniziato le celebrazioni di questo Anno della Vita Consacrata, chiedendo al Signore di saper accogliere tutte le grazie che vorrà elargire in questo tempo, accompagnati dai nostri santi partecipando alle varie iniziative nelle quali sperimenteremo la gioia dei consacrati e delle consacrate della nostra diocesi.

Padre Gianni Dimiccoli, dehoniano