Una vittoria data per scontata da diversi mesi, un nuovo parlamentino regionale con minimi storici di presenza femminile (una sola consigliera), una conferma della “diversità” politica calabrese che nell’era Renzi ha portato alla guida del governo della Regione un candidato espressione della storia del partito comunista calabrese. E poi il vincitore assoluto: l’astensionismo, che ha fatto registrare il record del 56%. Meno della metà degli aventi diritto è andato a scegliere chi guiderà nei prossimi anni la Regione Calabria, il 15% in meno di quelli che si erano recati alle urne alle regionali del 2010. E’questo il quadro delineato dalle elezioni di domenica scorsa che hanno visto trionfare il democratico Mario Oliverio che sarà il nuovo presidente della Regione Calabria. Se la vittoria dell’ex presidente della Provincia di Cosenza era scontata, grandi sconvolgimenti si sono visti nella nuova composizione del consiglio regionale che ha visto pochissimi degli ex consiglieri e degli ex assessori della giunta Scopelliti riconfermati per una nuova legislatura a Palazzo Campanella. Il caso della nostra città. Lamezia, è emblematico sotto questo aspetto. Fuori dal prossimo consiglio regionale due “punte” del centrodestra come Mario Magno di Forza Italia e l’ormai ex presidente del consiglio regionale Franco Talarico. Sempre per quanto riguarda il dato della città della Piana, c’è da sottolineare come nessun “lametino puro sangue” sia entrato in consiglio regionale ad eccezione del democratico Tonino Scalzo mentre il candidato più votato a Lamezia Terme è stato l’ex assessore alle politiche sociali della giunta Scopelliti Nazzareno Salerno, della provincia di Vibo. Una situazione del tutto particolare quella del sindaco Gianni Speranza, candidato con la lista “La sinistra con Speranza”. Il primo cittadino è risultato il secondo candidato più votato a Lamezia e il più votato tra i candidati della sua lista in tutta la Regione. L’amara sorte, se così si può chiamare, ha voluto che il quorum del 4% venisse raggiunto nella circoscrizione Sud, determinando l’ingresso in consiglio regionale del candidato reggino Giovanni Nucera. Gianni Speranza, forte di un dato elettorale che gli attribuisce il maggior numero di preferenze in termini assoluti, potrebbe essere premiato con un incarico in seno alla nuova giunta che Oliverio sta definendo in queste ore. Le facce nuove, dunque, dominano nel nuovo consiglio regionale che lascia fuori “punte” della giunta Scopelliti come Giacomo Mancini e Michele Trematerra, mentre apre le porte ad amministratori locali come Arturo Bova sindaco di Amaroni e Giuseppe Aieta sindaco di Cetraro. Le elezioni calabresi segnano una nuova sconfitta per i “grillini” che non entrano a Palazzo Campanella, così come non viene premiata la scelta di Domenico Gattuso e de “L’Altra Calabria” di correre da soli, staccandosi da tutto quel mondo di sinistra con cui avevano condiviso l’esperienza della lista “L’Altra Europa con Tsipras” alle ultime europee. I numeri delle elezioni regionali – e per chi abita in città di media dimensione anche uno sguardo alle “facce” che si sono recate ai seggi - consegnano un dato di fatto: pochissimi calabresi hanno voluto scegliere in prima persona chi li avrebbe governati delegando questo fondamentale possibiltà democratica ai gruppi che ruotano intorno ai partiti e agli esponenti politici. Se questi sono i numeri, è chiaro che gran parte dei cittadini “comuni”, quelli estranei alla vita dei partiti, non è andato a votare e ha lasciato che gli “uomini del palazzo” se la vedessero da loro, visto che alla fine sono sempre loro a decidere il brutto e il cattivo tempo. E’impressionante l’analisi del quadro di motivazioni che stanno alla base della diserzione dalle urne dei calabresi, ancora più preoccupante del dato numerico. Alla disaffezione dei cittadini dalla politica e dalle istituzioni, dato condiviso un po’con il resto d’Italia, si aggiungono due peculiarità “calabresi”. La prima: la percezione di una netta differenza tra “noi” e “loro”, tra una “casta” di consiglieri regionali che sfrutta la politica per i propri interessi e quelli dei propri amici e una stragrande maggioranza di calabresi che vivono il dramma sociale della povertà e della disoccupazione nella totale indifferenza dei loro rappresentati. La seconda: la convinzione per cui la politica che sta nei palazzi del potere è incapace di operare scelte per migliorare le condizioni di vita reali delle persone. La disoccupazione, la precarietà, la condizione di intere generazioni di calabresi costrette a emigrare per raggiungere un’autonomia economica, sono emergenze che ci portiamo dietro da troppo tempo: per quale motivo il nuovo consiglio regionale dovrebbe risolverli? Si possono liquidare come riflessioni intrise di populismo, ma è la realtà dei fatti, sono le motivazioni che hanno portato i cittadini calabresi a non scegliere in prima persona il destino della propria terra. Se da Roma Renzi gongola per il “successo calabrese” o se i partiti vincitori cominciano a sfogliare il buon vecchio Manuale Cencelli per spartirsi i posti in giunta, allora dalle ultime elezioni regionali abbiamo capito ben poco. Chi ha vinto e chi ha perso dovrà misurarsi con una politica che è distante anni luce dalla gente ed è percepita come incapace di incidere nella vita delle persone. C’è da ripensare il ruolo dei partiti che, anche se in forme diverse rispetto al passato, devono riprendere una funzione di aggregazione e di mediazione tra i cittadini e chi li rappresenta e non essere “comitati elettorali” alla ricerca del voto nelle settimane prima delle elezioni. La politica calabrese dovrà misurarsi con questa realtà e ridare ai cittadini fiducia e consapevolezza. Perché questa terra non la cambieranno da soli i 30 eletti a Palazzo Campanella, né il presidente e la sua giunta: questa terra cambia con il contributo di ogni calabrese, in prima persona. A queste energie positive, a questa voglia di cambiamento, la classe politica uscita fuori dalle elezioni dovrà dare parola, sostegno, possibilità di essere protagonista. Diversamente, quel 56% di astenuti inchioda la politica calabrese a una sconfitta di credibilità difficile da rimediare.
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Paolo Emanuele · 10 anni fa