“Donaci occhi per vedere
le necessità e le sofferenze dei fratelli,
infondi in noi la luce della tua parola
per confortare gli affaticati e gli oppressi:
fa' che ci impegniamo lealmente
al servizio dei poveri e dei sofferenti.
La Tua chiesa sia testimone viva di verità e di libertà,
di giustizia e di pace,
perché tutti gli uomini
si aprano alla speranza di un mondo nuovo.”
La preghiera eucaristica è un invito costante a “vedere” le persone che incrociano le nostre strade e a prendere parte ai loro problemi e più in generale a quelli della Polis. Una scelta di servizio in cui ognuno si impegna nella forma che ritiene più urgente e più conforme ai propri carismi. Un impegno che è scelta di vita, modo di essere, non un semplice rendersi utili e che riguarda quindi anche il nostro stile di vita con l’essenzialità che trova attuazione in scelte concrete; può essere fatto di gesti semplici, come il servire la minestra alla mensa dei poveri, o di impegno nell’attività politica e nelle istituzioni con la consapevolezza che ogni azione che sia libera dalla logica del clientelismo e del carrierismo e che si spenda per l’uomo e per la sua autentica liberazione, è un servizio “politico” nel senso più alto del termine. L’impegno nella città è riappropriarsi di passione per l’uomo, è ripartire dalla pedagogia di Dio, è stare dentro le dinamiche della storia. Questa passione deve poter diventare proposta culturale, presenza, capacità di dar voce a chi non ha voce, dialogo con le istituzioni per pensare insieme progetti che realizzino il bene di tutti. E per fare questo bisogna studiare, lavorarci sopra, riflettere, discutere, essere aperti al mondo che cambia perché “servire” significa anche tenersi sempre al passo con i tempi, mantenersi sempre desiderosi di conoscenza, approfondire quello che si deve e si vuole fare. Di fronte alle tragedie del mondo potrebbe essere facile rifugiarsi nel caloroso intimo rapporto con Dio, ma la nostra Fede è chiamata anche a valicare la devozione personale e diventare impegno; là dove viviamo siamo chiamati ad amare nella concretezza vivendo una cittadinanza consapevole che si fa carico del proprio vicino come il Samaritano. Questa prospettiva ci chiede,nella fedeltà alla nostra vocazione, d’impegnarci ad essere “pietre vive” nel sociale, di aver cura dellavita del nostro paese, di vivere fino in fondo la nostra scelta di tenere insieme vita e Fede, fedeltà a Dio e fedeltà alla terra e all’umanità tutta. E’una scelta esigente e difficile, è la risposta ad una vocazione specifica come dono e mistero e non è facile viverla da soli. C’è bisogno di una Comunità che sostenga, che aiuti a mantenersi fedele a questo impegno di vita con un cammino anche semplice ma sicuramente esigente di spiritualità e catechesi che si alimenta e trova forza nell’unica Parola ed alla Mensa comune.
Elisabetta Mercuri
Cultura e Società
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