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Spiritualità

Il santo dell Settimana - Sant' Umile da Bisignano

Cesare Natale Cesareo · 10 anni fa

Bisignano, 1582 circa - novembre 1637

La sua intensa vita interiore lo rese quasi trasparente alla luce soprannaturale di Dio, e accadde così che quel frate indotto e semplice, ritirato e modesto, venisse ricercato da sapienti e da potenti desiderosi di ottenere da lui consigli di spirituale perfezione. Due Papi, Gregorio XV e Urbano VIII, lo ebbero in grande considerazione e insisterono perché il frate di Bisignano restasse presso di loro a Roma, dove non gli sarebbero mancati, se li avesse appetiti, leciti onori e consolanti soddisfazioni. Frate Umile preferì invece tornare nel suo convento nel cuore della Calabria, dove il Signore aveva preparato per lui un doloroso calvario. Infatti, gli ultimi tempi della sua vita non lunga furono segnati da penose sofferenze fisiche, che il francescano riformato sopportò, in silenzio, con indicibile pazienza.

Sant’Umile da Bisignano appartiene al popolo dei “piccoli” che Dio ha scelto per confondere i “sapienti” e i “potenti” di questo mondo. A lui il Padre ha fatto conoscere, infatti, il suo mistero di condiscendenza, perché egli fu disponibile a lasciarsi afferrare dal suo amore, prendendo su di sé il giogo soave della Croce, che fu sempre per il francescano di Bisignano sorgente di pace e di consolazione. Nato il 26 agosto 1582 a Bisignano (Cosenza) da Giovanni Pirozzo e Ginevra Giardino, al battesimo ricevette il nome di Luca Antonio. Si fece ammirare fin da fanciullo per la straordinaria pietà: partecipava alla Messa quotidiana, si accostava alla mensa eucaristica in tutte le feste, pregava meditando la passione del Signore anche durante il lavoro dei campi. Divenuto membro della Confraternita dell'Immacolata Concezione, era comunemente indicato a tutti gli aggregati come modello d'ogni virtù. Nei processi canonici è ricordato il fatto che a chi gli diede sulla pubblica piazza un solenne ceffone, per tutta risposta presentò umilmente l'altra guancia. Verso il diciottesimo anno sentì la chiamata di Dio alla vita consacrata; ma, per varie cause, dovette differire per ben nove anni la realizzazione dei suoi propositi, impegnandosi tuttavia in una vita più austera e fervorosa. Finalmente a ventisette anni entrò nel noviziato di Mesoraca (Crotone) dei Frati Minori, dove erano preposti alla formazione dei giovani due santi religiosi: P. Antonio da Rossano come maestro e P. Cosimo da Bisignano come Superiore del convento. Superate, per intercessione della Vergine, non poche difficoltà, emise la professione religiosa il 4 settembre 1610. Svolse con semplicità ed esattezza le tipiche mansioni dei religiosi non sacerdoti, quali la questua, il servizio alla mensa della comunità, la cura dell'orto ed ogni altro lavoro manuale richiesto dai superiori. Fin dal tempo del noviziato si distinse per la maturità spirituale e per il fervore nell'osservanza della Regola. Si dedicò con slancio all'orazione e Dio fu sempre al centro dei suoi pensieri. Fu obbediente, umile, docile, condividendo con gioia i vari momenti della vita di comunità. Dopo la professione religiosa, intensificò l'impegno nella via della santità. Moltiplicò le mortificazioni, i digiuni e lo zelo nel servizio di Dio e della sua comunità. La carità lo rese caro a tutti: ai frati, al popolo ed ai poveri, che aiutava distribuendo loro quanto la Provvidenza gli dava. Gli stessi doni carismatici, che ebbe in abbondanza, li esercitò per la gloria di Dio, per la costruzione del regno di Cristo nelle anime e per la consolazione dei bisognosi. Ebbe fin da giovane il dono di continue estasi, tanto da essere chiamato “il frate estatico”. Esse furono per lui occasione di una lunga serie di prove e di umiliazioni, a cui i superiori lo assoggettarono allo scopo di assicurarsi che provenissero realmente da Dio e che non vi fosse inganno diabolico. Ma tali prove, felicemente sostenute e superate, accrebbero la fama della sua santità sia presso i confratelli, sia presso gli estranei. Fu dotato anche dei doni singolari del discernimento dei cuori, della profezia, dei miracoli e soprattutto della scienza infusa. Benché analfabeta e indotto, dava risposte sopra la Sacra Scrittura e sopra qualunque punto della dottrina cattolica, tali da far meravigliare insigni teologi. Venne sperimentato al riguardo più volte, con la proposta di dubbi ed obiezioni, da un'assemblea di sacerdoti secolari e regolari, presieduta dall'Arcivescovo di Reggio Calabria, da alcuni professori della città di Cosenza, in Napoli dall'inquisitore Mons. Campanile, alla presenza del P. Benedetto Mandini, teatino, e di altri. Ma fra Umile rispose sempre in maniera da sorprendere i suoi esaminatori. è facile comprendere da quale stima fosse universalmente circondato. Il P. Benigno da Genova, Ministro generale del suo Ordine, lo condusse in sua compagnia per la visita canonica ai Frati Minori della Calabria e della Sicilia. Godé della fiducia dei Sommi Pontefici Gregorio XV e Urbano VIII, i quali lo chiamarono a Roma e, dopo averlo fatto rigorosamente esaminare nello spirito, si giovarono delle sue preghiere e dei suoi consigli. Si trattenne a Roma parecchi anni, soggiornando quasi sempre nel convento di San Francesco a Ripa, e, per pochi mesi, in quello di Sant'Isidoro. Soggiornò per qualche tempo anche a Napoli nel convento di Santa Croce, dove profuse il suo impegno nel diffondere il culto al Beato Giovanni Duns Scoto, particolarmente venerato nella diocesi di Nola. Verso il 1628 fece domanda di poter “andare a patire” in terra di missioni. Avutane dai superiori risposta negativa, continuò a servire il regno di Dio tra la sua gente, prendendosi cura dei più deboli, degli emarginati e dei dimenticati (cfr. VC, 75) La sua vita fu una “preghiera incessante per tutto il genere umano”. Semplici le sue preghiere, ma sgorganti daI cuore. Avendogli chiesto il P. Dionisio da Canosa, per molti anni suo confessore e suo primo biografo, che cosa domandasse al Signore in tante ore di orazione, egli rispose: “Io non faccio altro se non dire a Dio: “Signore, perdonami i miei peccati e fa' che io ti ami come sono obbligato ad amarti; e perdona i peccati a tutto il genere umano, e fa' che tutti ti amino come sono obbligati ad amarti!””. Pronto sempre nell'obbedienza, coraggioso nella povertà, accogliente per l'esercizio della più lieta castità, Fr. Umile da Bisignano percorse un cammino di luce che lo condusse alla contemplazione dell'eterna Luce il 26 novembre del 1637, in Bisignano, nello stesso luogo, cioè, “dove aveva ricevuto lo spirito della grazia” (LM, XIV: FF 1239) e da dove egli “continua ad illuminare il mondo con i miracoli” (1Cel X: FF 525). Fu beatificato da Leone XIII il 29 gennaio 1882. IL BEATO UMILE: COLUI CHE DIPENDE TOTALMENTE DA DIO Il mistero della vita del Beato Umile è certamente il mistero di un Dio che opera grandi cose nella sua creatura che crede in lui e si affida pienamente al suo amore, consacrando tutto, presente e futuro, nelle sue mani e ponendosi al suo esclusivo servizio (cf. VC, 17). Ma questa vita, nella quale risplende il fulgore della santità di Dio, è anche un mistero di disponibilità da parte di questa creatura che, nella sua profonda e convinta umiltà, ripete spesso: “Tutte le creature lodano e benedicono Iddio, io sono il solo che l'offende”. Umile da Bisignano invitato da Cristo a lasciare tutto e a rischiare tutto per il Regno di Dio, ha avvertito il fascino del Vangelo delle Beatitudini ed ha accettato di mettersi al servizio del disegno di Dio su di lui, impegnandosi a vivere come Francesco d'Assisi, “in obbedienza, senza nulla di proprio e in castità” (S. Francesco d'Assisi, Regola bollata, 1: FF 75). I poveri, infatti, a somiglianza di Maria, che ha fatto pienamente la volontà del Padre, sono liberi da tanti legami con le cose che passano e da tante ambizioni che procurano solo amare delusioni, e hanno uno spirito più pronto e disponibile. Un'anima veramente povera non si preoccupa, non si agita, non si disperde in molte cose, ma sa guardare in alto, lasciandosi affascinare da Dio e dal Vangelo del suo Figlio. è la sorprendente saggezza che si rivela a noi, dopo 365 anni dal suo Transito, nella testimonianza di fede del Beato Umile da Bisignano. Canonizzato il 19 maggio 2002. PREGHIERE DI SANT'UMILE Preghiera alla SS. Trinità O Padre, o Figliuolo, o Spirito Santo, o Padre eterno, o Figliuolo sapienza del padre, o Spirito Santo amor, e fuoco divino, affogatemi in questo mare d'amore, e sommergetemi in questo Pelago, ed abissatemi in questo abisso d'amore, e della Santa Perfettione. O Santissima Trinità abruggiatemi, e consumatemi in quest'ardentissima fornace del vostro amore. O Santissima Humanità del mio Giesù pregate per me, come huomo, e datemi come Dio mio Creator, e Redentor questo Santo Amore. Preghiera a Maria O Maria Madre di Dio, ed Avvocata di tutti gli peccatori, ed in particolare di me povarello, più di tutti i peccatori vilissimo, à Voi ricorro Maria Vergine, Concetta senza alcuna macchia, o neo di peccato, Voi chiamo in aiuto, a Voi mi raccomando o Santa Maria, impetrami questo Amore, ottenemi questa perfettione. Preghiera agli Angeli O Angeli, o Arch'Angeli, o Dominationi Principati, o Potestà, o Virtù, o Cherubini, o Serafini aiutatemi a pregare per me, ed impetratemi colle vostre Sante preghiere questo Santo Amore. O Michaele, o Gabriele, o Rafaele, o Angiolo mio benedetto custode non mi abbandonate, ottenetemi questa Santa Perfettione, e questo S. Amore. Preghiera a tutti i Santi O Celesti, e benedetti Spiriti, con tutti li Santi, e Sante, e Corte tutta del Paradiso, io Vi prego, e scongiuro per li meriti di Maria sempre Vergine, Regina vostra. Per le viscere di Giesù Rè vostro, e vostro Dio, per le Sue Santissime piaghe, per il suo pretiosissimo Sangue, deh di gratia aiutatemi Spiriti Celesti, e Beati, ascoltate le mie voci, mirate il mio bisogno, guardate la miseria, e la mia bassezza, o Ministri, o Paggi, o Secretarij del mio Dio chiedeteli per me il Santo, e benedetto Amore, questa Santa Perfettione. Salmo 50 O Padre mio celeste, io son quella peccatrice anima, e sfacciata meretrice, già sposa vostra, che cotanto hò offeso la Maestà Vostra infinita con tanti gravi peccati, ch'io non li posso numerare. Perdonate mio Dio questo povarello di frà Humile indegno riformato, mentre vi domanda perdono. Tibi soli peccavi, et malum coram te feci. Psal. 50. tibi soli peccavi. Davanti al Tabernacolo Colà anima mia, stà il Divino, e celeste Dio, sposo tuo, quello, che scende dal Cielo per visitarti: Colà vi è il tuo tesoro infinito: Colà stà tutto il Buono, tutto il vago, e tutto il bello del Paradiso; Colà stà la tua buona, e santa ventura. Il tuo honore, il tuo contento, la tua vita, e la tua Gloria eterna; miracolo ben mio, guardarlo gioia mia, amalo cuor mio, e ricevilo Anima mia; Qui t'inebriarai nella cella vinaria del tuo Giesù Amabilissimo; qui arderai, ed abbruciarai d'Amore verso Dio, ed il tuo prossimo; qui cominciaranno a morire le tue passioni in te; che più? qui cominciarai a morire, e trasmutati tutta, e ti trovarai tutta involta nelle Santissime Piaghe delli Piedi, e delle Mani, e nella caverna del Petto di Giesù tuo dolcissimo sposo; e legata non solo colle viscere, e racchiuse nel Chore istesso del tuo Giesù, come Iddio incarnato, nato, appassionato, morto, e resuscitato; tramandati ancora unita in unione ineffabile in fin coll'Anima del tuo Amante sposo nel più ascosto secreto della sua camera: Ma ti trovarai, (o gran cosa) tutta persa, tutta smarrita nell'immensissimo abisso delle Divina Essenza, e tutta unita dell'unione ineffabile con il tuo immensissimo, ed amabilissimo Iddio, tuo creatore, et eterno Glorificatore. Alla Madonna delle Grazie Maria Vergine Madre di Dio, io povarello peccatore vi ringratio infinitamente poiche vi sete degnata di raccogliere questi miei ossa in questa vostra Chiesa, persuadendomi grandemente, quanto sia la vostra cura di me, non solo custodirmi l'anima, ma anco conservarmi l'ossa di questo mio corpo: quale vivendo, havete permesso, e permetterete per sino alla morte, che sempre havesse la compagnia vostra Santissima, in particolare di questa vostra bellissima, e Santissima statua, della quale continuamente io ne sono stato divoto.