L'omelia di S.E. mons. Luigi A. Cantafora per la giornata del Ringraziamento, a Decollatura il 27 novembre. Saluto e ringrazio per l’invito a presiedere questa liturgia, il direttore della Codiretti Calabria, Francesco Cosentini, il Presidente Pietro Molinaro, il Consigliere ecclesiastico regionale Don Giuseppe Megna. Ringrazio il Sindaco del Comune di Decollaturala Dott.ssa AnnaMaria Cardamone, che ha lo svolgimento di questo evento in questo comune, saluto le autorità presenti e tutti voi qui convenuti. La festa del ringraziamento, che oggi celebriamo, ha un titolo significativo per noi: “Solo con Dio c’è futuro nelle campagne!”
Ribaltando la frase, possiamo dire che senza Dio non c’è futuro, né nelle nostre campagne, né nella nostra vita, perché senza Dio la vita è arida, sterile senza senso, senza meta.
Questa affermazione nasce dalla consapevolezza che siamo figli del Padre e che Lui non ci fa mancare nulla di ciò che ci serve per vivere: «Ma tu, Signore, sei nostro padre; noi siamo argilla e tu colui che ci dà forma», ci ricordava la prima lettura. è interessante questa sintonia tra il dono della terra, per cui oggi ringraziamo Dio, e la consapevolezza di essere noi stessi “terra”, argilla da modellare.
L’esperienza ci insegna inoltre, che l’uomo se non ha una meta da raggiungere, si sente smarrito, privo di ogni mordente.
è quanto ci dice anchela Sacra Scritturainvitandoci ad assumere un atteggiamento grato nei confronti di Dio.
Davanti ad un mondo che pensa di fare tutto da sé grazie alla scienza, alla tecnologia, che hanno decisamente migliorato la vita, accade che, in certe situazioni, che sfuggono dai nostri parametri, dai nostri progetti, siamo riportati davanti al mistero della vita che ci sovrasta, che non possiamo manipolare del tutto, che è più grande di noi. Il Signore è il vasaio che modella l’argilla!
Dio regna, abbiamo detto domenica scorsa nella celebrazione di Cristo Re; Dio regna, è presente là dove ci sono cuori che lo riconoscono, disposti e disponibili ad accoglierela Suapresenza di Padre.
E così, in questa prima domenica di Avvento, in cui ci ritroviamo per ringraziare il Signore per tutti i frutti della terra, per il lavoro dei campi, noi vogliamo veramente elevare la nostra voce e aprirci alla gratitudine.
Non vogliamo essere come quei figli ingrati che sempre si lamentano per ciò che gli manca e che non hanno ricevuto; noi vogliamo essere figli che riconoscono il bene ricevuto, che sanno che devono farlo crescere e che quindi, si mettono all’opera.
«Ringrazio continuamente il mio Dio per voi», dice l’apostolo. Anche io, come pastore di questa Diocesi, sento di ringraziare il Signore per tutto il lavoro di tanti di voi, per il vostro impegno nella fatica. Preghiamo insieme perché la terra, la nostra terra, risponda con generosità a questo vostro impegno.
Nel messaggio di questa giornata c’è un’attenzione particolare della CEI rivolta ai giovani imprenditori che hanno deciso di ritornare alla terra e di investire energie e risorse nel lavoro agricolo.
Questo amore per la terra, il rispetto e la cura che ne derivano, suscitano in noi una grande ammirazione, ma devono spingerci anche a sostenere l’operato di questi giovani.
Le difficoltà economiche in cui versiamo sono senz’altro più acute per chi comincia da zero. Occorre vicinanza, solidarietà e promozione, non solo a parole, ma anche fattivamente. Dobbiamo sentire l’urgenza di “fare qualcosa” per loro!
Il lavoro a contatto con la terra, il lavoro agricolo, sudato, faticato, è straordinariamente educativo per noi. Educa alla pazienza dell’attesa, alla speranza del raccolto, alla gioia del frutto.
Questi atteggiamenti sono profondamente biblici e particolarmente significativi in questo tempo di Avvento che inizia oggi.
C’è un legame profondo tra la festa del ringraziamento e l’attesa del compimento della storia che celebriamo in Avvento.
Noi infatti non celebriamo eventi passati, la nascita del figlio di Dio che è avvenuta duemila anni fa; noi celebriamo e attendiamo che il Signore venga ancora oggi, nella nostra vita, nella nostra storia, sino al compimento definitivo! La venuta del Signore trasformerà i nostri cuori, ma anche trasfigurerà la faccia della terra.
Ringraziare per ciò che ci è stato dato e attenderne il compimento, è dunque un atto di fede e anche un atto di speranza.
Se la terra è amata e custodita non solo da Dio ma anche dagli uomini che Dio ha posto come custodi del giardino, questa terra si comporterà come madre e non come matrigna.
Assistiamo infatti a eventi in cui la natura sembra ribellarsi (le alluvioni per esempio), di fronte ad un operato dell’uomo non rispettoso, non vigilante, non accurato.
«Siamo argilla e tu colui che ci plasma».
Forse allora, dobbiamo cambiare prospettiva, rivedere il nostro agire: la terra non va sfruttata, va amata; la terra non è una discarica di rifiuti, è un giardino da coltivare, curare e custodire, proprio come fa il Signore che ha cura di noi e usa misericordia e pazienza con noi.
Certe terre, sono ingrate – si sente dire dai contadini – ma anche i cuori dei figli talvolta sono ingrati. Non per questo il padre e la madre non li amano.
Essere padri e madri della nostra terra, genitori premurosi, è quanto possiamo chiedere oggi al Signore.
Che lui ci doni la capacità di ringraziare sempre e di operare sempre il bene e per il bene della nostra terra, perché da qui parte il nostro futuro.
Così sia.