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Il Vangelo della domenica

Riflessione sul Vangelo della XXVI Domenica TO

Paolo Emanuele · 10 anni fa

“Il giusto vivrà per la sua fede”. L'ingiusto vivrà se si convertirà a Dio e alla sua Parola di salvezza. è questo l'insegnamento principe della liturgia della Parola di questa ventiseiesima domenica del tempo ordinario. Come il giusto potrà retrocedere dalla via della giustizia per la sua cattiva volontà, così l'ingiusto per la sua buona volontà potrà retrocedere dalla sua iniquità e salvare la sua anima. L'affermazione della responsabilità personale nel bene e nel male, nella giustizia e nell'iniquità segna una delle svolte epocali nel cammino della rivelazione di Dio nella storia. Ognuno si salva o si perde per le opere da lui compiute e tuttavia la giustizia di ieri può lasciare il posto all'iniquità di oggi e l'iniquità di oggi attraverso un atto di conversione e di penitenza può condurre l'uomo alla santità e al compimento perfetto del bene. Solo il momento della morte segnerà lo stato definitivo dell'uomo e lo segnerà per sempre. Oggi per respingere la responsabilità personale si fa appello alla misericordia di Dio e si proclama un perdono senza conversione e una santità senza il duro cammino del ritorno alla casa del Padre. La salvezza è dono di Dio nella conversione e nel cammino di santità dell'uomo. Da sempre, dal giorno della sua esistenza, l'uomo è chiamato a vivere di fede, cioè ad accogliere la Parola del Signore e a custodirla gelosamente nel suo cuore. Gli ostacoli spesso sono all'interno dell'uomo: sono i suoi pensieri che fanno guerra al suo cuore; è la sua mente che impedisce al suo spirito di vivere di trascendenza e di rivelazione soprannaturale. E così prima l'uomo si ritrova in se stesso diviso e tentato, poi alla fine cede alla sua razionalità corrotta e dichiara falsa la Parola di Dio. è quanto denuncia il Signore per mezzo del profeta Ezechiele. Questo processo di desacralizzazione arriva fino all'empietà, quando si attribuisce a Dio un agire non retto, non giusto, non veridico, non vero. Questa empietà e ateismo religioso ha condannato Cristo Gesù alla morte di croce e combatte nella storia chiunque, chiamato da Dio, si accinge a riportare la retta fede sulla terra. Cristo Gesù deve essere il modello per ogni cristiano, modello nei pensieri, nelle opere, nella relazione con Dio, nel rapporto con i fratelli. Il cristiano deve cercare la volontà di Dio fino al completo annullamento di se stesso. L'obbedienza alla Parola deve essere il nutrimento quotidiano dell'uomo di fede. Il compimento della volontà di Dio fa il cristiano. L'obbedienza alla sua Parola lo rende gradito, la non obbedienza lo costituisce peccatore, empio, stolto. E tuttavia c'è quella religiosità vuota ed esteriore che illude il cristiano poiché lo induce a pensarsi in Dio e nel suo regno di gloria e di luce. Fa la volontà del Padre chi realmente si mette a disposizione del suo regno, andando a lavorare nella sua vigna, perché così gli è stato comandato. E tuttavia ci sono coloro che dicono e non fanno, e ci sono coloro che non hanno fatto, ma poi vogliono fare. Credere è obbedire. Obbedire è operare. Operare è compiere tutta la volontà del Padre. Non è uomo di vera fede il figlio che nel vangelo di questa domenica dice sì al padre e poi non va a lavorare nella sua vigna. Mentre è uomo di fede colui che prima dice no, ma poi, pentitosi, compie tutta la volontà del Padre. I farisei pensavano di essere santi e giusti solo perché credevano in Dio. La loro fede però era priva di ogni obbedienza ai Comandamenti, in più ogni loro trasgressione e disobbedienza era farcita di ipocrita religiosità. Con questa fede semplicemente creduta, ma non vissuta, essi giudicavano e condannavano quanti senza il velo dell’ipocrisia, cadevano nel peccato. Non è la visibilità del peccato che rende ingiusto un uomo, mentre la sua invisibilità lo rende giusto. La giustizia avviene attraverso la conversione e il ritorno nella santa Legge dell’Alleanza. Prostitute e pubblicani precedono i farisei nel regno dei cieli non perché sono tali, ma perché alla predicazione di Giovanni si sono veramente convertiti. Hanno abbandonato il loro peccato e sono rientrati nel compimento della volontà del Signore. Una fede creduta, ma non vissuta non salva. Salva la fede vissuta nell’abbandono di ogni trasgressione della legge del Signore. Dunque, nel regno dei cieli si entra per il lavoro effettivo operato nella vigna; la predicazione è via ordinaria per la chiamata al lavoro nella vigna. Da ciò si deduce che: la sola Parola, senza cioè la messa in pratica non ci conduce al regno; la predicazione e l'annunzio non possono in nessun caso essere trascurate, anzi devono avere il primo posto negli operatori di pastorale. Tutto il resto ha valore nella Parola e per il compimento della Parola. Senza la Parola tutto diviene vago, vuoto, incapace di produrre salvezza e santità.