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Cultura e Società

Quando avere potere significa “restare sulla Croce”

Paolo Emanuele · 10 anni fa

“Tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso! Se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce” Alla morte di Gesù mancano solo poche ore e le ripetute umiliazioni fisiche e morali subite dall’arresto nel Getsemani al calvario sembrano non bastare al Sommo Sacerdote, che lancia un’ultima sfida al Figlio di Dio: se hai potere scendi dalla Croce, salvati, scegli la strada più facile. Rileggendo i Vangeli, sappiamo che non è la prima volta che Cristo è messo di fronte alla madre di tutte le tentazioni, quella del potere umano, la possibilità per l’uomo di disporre in tutto e per tutto della propria vita e della vita degli altri senza dover rispondere di niente a nessuno. Satana nel deserto gli aveva messo di fronte tutti i regni del mondo a condizione che il Figlio di Dio si fosse prostrato in adorazione al principe delle tenebre; sempre nel deserto il Diavolo lo aveva provocato a lanciarsi nel vuoto, perché un Re ha sempre i suoi servitori pronti a soccorrerlo. E anche ora, all’epilogo della sua vita terrena, al culmine della sua missione per la salvezza degli uomini, nelle parole del sommo sacerdote “se sei Figlio di Dio scendi dalla Croce”, Gesù è ancora una volta provocato a dimostrare il suo potere di Figlio di Dio alla umana maniera: scegliendo la via più facile e meno dolorosa, scendendo a compromessi, disubbidendo alla sconveniente volontà del Padre per far prevalere i propri interessi. E’la tentazione che, in tante modalità e dietro tanti volti, si ripropone nell’attualità dove l’abuso di potere, il potere concepito secondo la logica del sommo sacerdote, è all’origine delle grandi “infezioni” della società di oggi: la corruzione, il clientelismo, le tante “zone grigie” in cui il potere legittimo scende a patti con i poteri “deviati” per ottenere di più a basso prezzo. L’elenco sarebbe lungo, ma il filo che lega tutti gli abusi di potere è sempre quella provocazione lanciata sul calvario: usa il tuo potere per il tuo tornaconto e per quello dei tuoi amici, dimostra quanto vali prevalendo sugli altri, imponendo il tuo volere contro tutto e tutti. Il sommo sacerdote non è da solo a impersonificare questa stortura del potere, che punta a fare dell’uomo “dio” di se stesso e degli altri. Non serve neanche andare ai piani alti dei palazzi della politica o delle istituzioni per accorgersi che ognuno di noi è provocato quotidianamente a “scendere dalla croce”: nei piccoli e grandi compromessi a cui scendiamo nel timore di “restare indietro” rispetto agli altri; nelle “scorciatoie” per aggirare gli ostacoli, nella maggior parte dei casi a discapito dei più deboli e di chi non può permettersi certi mezzi e certe conoscenze. E’“scendere dalla Croce”, guadagnarsi gli appalti con le mazzette, passare avanti agli altri nel lavoro grazie alle “laiche benedizioni” del potente di turno, alzare il telefono per cambiare le carte in tavola a proprio uso e consumo e non per il bene degli altri.E la Chiesa non è certamente immune dalla tentazione del potere, quella tentazione che – per dirla con le parole del filosofo del secolo scorso Ignazio Silone – “è la più diabolica che possa essere tesa all'uomo, tanto che Satana osò proporla perfino a Cristo. Con Lui non ci riuscì, ma riesce con i suoi vicari.” Ma torniamo al Calvario, a quel calvario dove due modi radicalmente diversi di concepire il potere si confrontano tra loro. Da una parte il potere del sommo sacerdote, dall’altra il potere di Cristo che si realizza nel dono, nell’offerta totale della propria vita per amore dell’umanità. Viene da domandarsi, allora, cosa faremmo noi di fronte alla tentazione del sommo sacerdote: “scenderemmo dalla croce”, scegliendo la logica del pragmatismo, o “resteremmo sulla Croce”, anche se è la via meno conveniente, anche se è una scelta che non paga nell’immediato ed è in nome di un bene infinitamente più grande? Nelle cronache quotidiane del potere, da troppo tempo manca una parola che abbiamo confinato all’ambito sentimentalistico e privato: “amore”, quell’amore all’uomo e alla comunità che esige il dono di sé gratuito, senza condizioni, “fino alla fine”. Il potere del sommo sacerdote ormai ci ha stancato, né è prova la disaffezione crescente della gente verso chi occupa i piani più alti dei palazzi. C’è sempre più bisogno di un potere che sia capace di “non scendere dalla croce”, di dire no al compromesso e alle situazioni di comodo. Un potere che scelga “senza se e senza ma” da che parte stare. E lo faccia per Amore.