Arrivano su barconi fatiscenti, carichi di uomini, donne, bambini ma, soprattutto carichi di prospettive per una vita migliore, lontana dalle guerre e dalle persecuzioni di cui, tanti di loro, sono state vittime e da cui fuggono con la non velata speranza di poter dare un futuro migliore ai loro figli. Forse sarà il colore della loro pelle (quasi nessuno, infatti, si lamenta della presenza di “stranieri bianchi”), forse saranno i tanti pregiudizi che ci portiamo dentro e da cui non riusciamo a liberarci, fatto sta che sono in pochi coloro i quali riescono ad andare oltre, a guardare al di là di quei grandi occhi tristi e malinconici che si scorgono quando, quasi increduli, vengono fatti sbarcare sulle nostre coste dai tanti volontari che tendono loro le mani come fossero un ponte tra il passato da cui si fugge e l’incertezza di un futuro ancora ignoto. Eppure sono uomini, donne, bambini, persone con i loro sogni ed i loro incubi. Ognuno con una propria storia, con un proprio passato, con una propria Croce da portare. Quella stessa Croce che ciascuno di noi dovrebbe provare a poggiare sulla propria spalla, come fece Simone di Cirene (il Cireneo) quando prese su di sé la Croce del Cristo lungo la strada del Calvario. Ed infatti, basta fare un giro tra i vari centri di accoglienza per conoscere storie di persecuzioni, di disperazione, di guerre e comprendere che, al di là di qualche malinconico sorriso, c’è chi è scappato da un inferno, dalla paura, dal terrore. <
Saveria Maria Gigliotti
Cultura e Società
Verso quale vita: storie di emigranti
Rosario Dara · 10 anni fa