«Datemi un punto di appoggio e vi solleverò il mondo.» Così scriveva Simone Weil parlando della croce. La croce è come un d’appoggio, dove si intersecano il mondo e ciò che mondo non è. Su questi due assi, dove Dio e l’uomo si incrociano, c’è il crocifisso, l'icona più vera di un Dio che serve e non asserve, di un Dio che salva e non giudica, di Dio che dà la vita e non la toglie. Ma la Croce ha con sè l’icona più vera dell’uomo. L’uomo della Croce è il vero uomo che perdona, che muore perché ama e che grida a Dio la sua pena, ma che sa di stare al sicuro tra le sue mani. Questo numero di Lamezia Nuova prende spunto dalla prossima Solennità dell’Esaltazione della Santa Croce. Festa istituita per ricordare sia la dedicazione delle Basiliche costantiniane di Gerusalemme sul Golgota e il Santo Sepolcro e sia per ricordare la vittoria di Eraclio sui Persiani, (628) ai quali l’imperatore strappò le reliquie della Croce. La leggenda vuole che quando le reliquie furono portate nella Basilica del Santo Sepolcro, anche l’Imperatore si recò in Chiesa per venerarle. Così, Eraclio con tutto il fasto, gli ori e la sua corona, varcò la soglia della porta, ma non riuscì ad entrare.
Era immobile sul pavimento. Si avvicinò il Vescovo Zaccaria e fece notare all’imperatore che quelle sue vesti e la sua corona non si addicevano all’umiltà con cui Gesù aveva preso su di sé la Santa Croce. Subito l’imperatore si spogliò e mise un vestito di un uomo qualsiasi, così vestito riuscì a entrare in Chiesa e venerare la Croce di Cristo. Prendendo spunto da questa festa, abbiamo voluto dare spazio e voce a tanti luoghi, volti, storie dove vediamo piantata la Croce di Cristo. La croce appare come lo specchio, dove ogni uomo può guardare se stesso e per questo, le storie e le notizie che vengono incastonate in questo numero, abbiamo voluto riprodurle su quello specchio. Il cristiano sa, che la stessa realtà che vive e che ogni giorno il mondo offre, la si può capire bene non dal piedistallo di un trono, ma dall’alto della croce. Solo condividendo il dolore, si riesce a capire il mondo. Dalla croce si può vedere la crudeltà degli uomini, la loro meschinità di traditori, la fedeltà dei veri amici, la generosità di chi rischia la carriera pur di non piegarsi alla massa. Nel Vangelo di Giovanni, c’è un versetto stupendo che rivela tutta la forza della croce di Cristo. «Quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me» (Gv 12, 32). Per Giovanni la Croce ha una forza che attrae e attraendo libera. Il crocifisso, infatti, non è solo un «segno universale del dolore umano, della solitudine della morte, dell'ingiustizia prevaricatrice», -come affermava Natalia Ginzburg. Il crocifisso è un segno di liberazione, di salvezza e di speranza. Scriveva un’altra donna, Edith Stein (s. Teresa Benedetta della Croce): «La croce si staglia in alto ed è il simbolo trionfale con cui Cristo batte alla porta del cielo e la spalanca per noi». E nonostante a piantare la croce siano pagani, idolatri, carnefici e assassini di ogni tempo, essa è sempre il simbolo della redenzione (Léon Bloy). Per questo sappiamo e crediamo che alle tante croci piantate nei nostri giorni, non mancherà il frutto, la Gloria, la Resurrezione, perché il Cielo è aperto per noi.