Come da copione lo show si conclude con la proclamazione del vincitore. Roma, The Voice of Italy 2014, the winner is ... Suor Cristina Scuccia. No nessuno scherzo e, a dire il vero, neppure nessuna sorpresa. A vincere l'edizione dell'anno di uno dei (pochi) talent show televisivi degno di menzione è un personaggio singolare, la bravissima suora siciliana dell'ordine delle Orsoline che fin dalla sua prima apparizione nel programma, andato in onda su Rai 2 fino a giovedì 4 giugno, ha da subito polarizzato su di se l'attenzione mediatica aggiungendo, al solito spettacolo, un pizzico in più di interesse e di curiosità. Curiosità "laica", e per la platea di laici, per l'insolito accostamento di contesti profondamente differenti e per i più, i laici, probabilmente lontani ed incomunicabili anche in considerazione del target di pubblico dello spettacolo. Curiosità "religiosa", e per la platea di religiosi, per la altrettanto insolita partecipazione ad una competizione canora - forse troppo "rumorosa" e lontana da scenari mistici e spirituali - di una suora a tutto tondo che con disarmante semplicità ha tuttavia saputo mantenere un atteggiamento sempre molto "coerente" con la propria "missione religiosa" riuscendo a comunicare la propria sincera vocazione e, con ciò, a conquistare tutta la platea - dei religiosi e non - fino alla vittoria finale. Insomma, è proprio il caso di dirlo, non una nota stonata anche quando, durante la premiazione, la suora di Comiso - un po' forzando i tempi televisivi ma con convinta decisione - ha voluto recitare la preghiera del Padre Nostro nell'incredulità, forse imbarazzo o, più semplicemente, intima e riservata adesione, delle persone presenti sul podio della vittoria ed in particolare dei co-conduttori e coprotagonisti dello spettacolo stesso, tra i quali, come risaputo, Raffaella Carrà e i tre cantanti professionisti Piero Pelù, J-Ax e Noemi, ciascuno nel ruolo di team leader ed "allenatore" di una squadra di cantanti esordienti, ognuna rappresentativa di un differente genere musicale. Ma, al di là della bravura (molta) di Suor Cristina, a vincere con lei su quel palco è stata di certo la conferma di un'idea di fondo: il rispetto degli altrui ideali e punti di vista, delle altrui convinzioni, dell'altrui modo di essere e di pensare, in breve, dell'altrui diversità accorcia sempre le distanze e rende possibile dialoghi altrimenti impensabili come quello tra un cantante famoso (e dichiaratamente ateo) e una "suorina" di periferia (cantante anche lei ma fervente cattolica, attivista credente e professante religiosa). Un dialogo sorprendente e a tratti commuovente, fatto di reciproca ammirazione e profonda stima, un dialogo che ha dato origine non ad una poco interessante contrapposizione tra "diavolo" e "acqua santa" quanto piuttosto ad uno scambio edificante di reciproche esperienze di vita ricordando a tutti, ancora una volta, che si può stare insieme (e vincere) pur nella diversità. E tanto ancor di più in una società, quella contemporanea, oramai globalizzata che però troppe volte mostra di non saper parlare l'unico linguaggio, quello dell'altrui rispetto, che, in quanto universale, è davvero in grado di unire. Una società, la nostra, che troppe volte mostra di essere ancora lontana dal comprendere che "diversità" è sinonimo di ricchezza e che la diversità è il vero valore su cui si fondano pluralismo ed integrazione, se c'è rispetto!
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