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Cultura e Società

La Chiesa di Frontiera

Paolo Emanuele · 10 anni fa

C’è una “chiesa di frontiera” a Lamezia Terme ed è quella dei “piccoli fratelli e sorelle della via”: piccoli perché chiamati ad essere ultimi; fratelli e sorelle perché uniti nella fraternità dall’amore; missionari perché desiderosi di donare la vita per la salvezze delle anime; della via perché spinti dal fervore delle prime comunità cristiane che erano “quelle appartenenti alla via” cioè che seguivano fedelmente la condotta e l’insegnamento di Gesù: via, verità e vita. Si tratta di una comunità religiosa che, dedita alla nuova evangelizzazione, è nata per volontà di due frati ed una suora (fra’Umile, fra’Faustino e suor Chiara),

ricevendo l’approvazione di diritto diocesano dello statuto il 4 ottobre 2009, festa di san Francesco d’Assisi cui, insieme ai santi Pietro e Paolo e a santa Teresina di Lisieux, questi giovani religiosi si rifanno. La comunità non è mista ma ha un ramo maschile e uno femminile che conducono vita propria condividendo alcuni momenti di preghiera e le missioni, “sull’esempio di Gesù che passò fra i villaggi accompagnato da discepoli e discepole”.

Provenienti da diverse parti d’Italia, infatti, dopo aver condiviso una esperienza di fede comune nella diocesi lametina, hanno coltivato la loro amicizia e il loro cammino alla sequela di Gesù con il consenso del vescovo locale, Luigi Antonio Cantafora. Conquistati e sospinti dall’amore di Cristo, hanno sentito forte la chiamata “a donarsi totalmente al Signore, condividendo in tante circostanze un grande dolore per il relativismo dei nostri giorni e per tutte le forme in cui la verità fa spazio alla menzogna”. Perciò, offrendo un pellegrinaggio per comprendere meglio la loro vocazione, percorrendo a piedi e senza nulla come i primi discepoli del Signore vari santuari mariani dell’Europa, “per grazia di Dio”, hanno compreso e sentito forte nel cuore il richiamo alla nuova evangelizzazione, donando la loro vita per testimoniare che qualcuno “si è proclamato verità, proprio quella verità che il cuore dell’uomo cerca incessantemente e che spesso è rinnegata o calpestata. Verità questa indissolubilmente legata alla carità: infatti non si può che amare in verità e non si può vivere nella verità senza l’amore”. Perciò riconoscendo questo legame inscindibile che il Signore ha inciso nel loro cuore, la piccola fraternità fin dalla nascita si è impegnata a “raggiungere ogni posto, soprattutto nelle ‘periferie esistenziali’, recando a tutti gli uomini il lieto annunzio del Vangelo”, dedicandosi a missioni di primo annunzio per le strade, con particolare attenzione ai luoghi più disagiati e a quelli che definiscono “nuovi pozzi” (spiagge, centri commerciali...), viaggiando anche di totale provvidenza, abitualmente a piedi e in autostop, così da incontrare la gente nella quotidianità, impegnandosi anche nel sostegno nei luoghi di sofferenza. La loro, quindi, è una scelta di vita molto forte che li ha portati ad “abbandonare il mondo” dell’apparire a tutti i costi per incamminarsi in un viaggio anche di totale provvidenza, “senza pane, senza bisaccia e senza denaro”, “per far conoscere che Gesù è via, verità e vita”. Nella comunità, infatti, non circola denaro e si vive grazie alle provvidenza in alcuni container. Tutto in un’atmosfera di semplicità e di condivisione che in questi ultimi mesi sta coinvolgendo tanti, compresi alcuni immigrati, che vivono in un centro di accoglienza poco distante dalla chiesa di Santa Chiara dove operano i missionari della via e che partecipano alla vita comunitaria, frequentando anche le funzioni religiose durante le quali i “piccoli fratelli e sorelle della via” fanno trovare loro foglietti contenenti le indicazioni della messa in inglese e dedicando qualche minuto dell’omelia alla lingua inglese. Oltre ai voti di obbedienza, povertà e castità, i missionari della via professano un quarto voto sulla verità, chiamato conformazione a Cristo Verità. Si tratta di un voto che impegna ciascuno in un intenso cammino di conversione interiore, “perché l’adesione alla verità non sia una semplice operazione intellettuale, ma un’autentica sequela della persona di Gesù, così da conoscerlo, amarlo e testimoniarlo in tutte le situazioni concrete della vita, dicendo no alle maschere dell’ipocrisia. Tutto ciò – dicono i piccoli fratelli e sorelle della via - è possibile grazie ad un motore forte che è la vita comunitaria, la cui spiritualità è riassunta nel motto: orare, laborare et evangelium predicare”. La loro giornata, infatti, è scandita da momenti di preghiera, fonte di ogni apostolato, e prevede inoltre tempi di lavoro manuale, di studio e di missione. Insieme ai due rami religiosi, c’è anche quello laico di cui fanno parte, tra gli altri, intere famiglie e molti giovani che “esprimono la loro missionarietà in modo proprio e creativo”. Anche in questo caso la forma di vita si ispira alle prime comunità cristiane: intensa vita sacramentale; assiduità nella preghiera; catechesi; missione. A spiegare come l’incontro con Gesù ha cambiato la sua vita è fra’Umile che da programmatore informatico in un’azienda di aeronautica, con qualche comparsa in età giovanile come ballerino notturno nelle discoteche, ora è diventato missionario: “è successo che Gesù quando avevo venti anni – racconta all’ANSA - è entrato nella mia vita e con il suo amore l’ha radicalmente trasformata: da una vita incentrata su di me, nella totale indifferenza verso Gesù e la sua Chiesa, a una vita donata a Lui per la salvezza degli altri. All’epoca posso dire che vivevo di maschere, cercando di compensare nelle amicizie, nel divertimento sregolato, nei soldi e nell’esteriorità quel vuoto profondo dovuto alla mancanza di Dio e ai seri problemi familiari e di salute, che mi stavano portando alla depressione. Correvo, o forse fuggivo senza una vera meta, finchè una meravigliosa esperienza durante un’adorazione eucaristica, non mi apre alla bellezza dell’amore di Cristo. In particolare – prosegue - , dopo essermi confessato, qualcosa in me cambiò: sperimentai la gioia del perdono, una pace mai provata prima. Tant’è che da lì a poco volli subito andare ad incontrare il mio caro papà che non vedevo da almeno 12 anni. Da quel momento decisi di iniziare a vivere secondo il Vangelo, a mettere Gesù al centro, che giorno dopo giorno, mi conquisto sempre di più. Seguirlo, cercando di stare unito a Lui tramite i sacramenti, la preghiera e la carità, stava facendo crescere in me una spinta a dedicarmi agli altri, specialmente ai poveri e ai bisognosi, a testimoniare questo amore con tutta la mia vita, attratto dall’esempio dei primi discepoli del Signore. Tutto il resto – aggiunge fra’Umile - , per quanto bello, fidanzamento compreso, mi sembrava riduttivo finché non intesi interiormente la sua chiamata a seguirlo. Oggi, a distanza di qualche anno, posso dire, grato al Signore, che prima avevo tutto, ma alla fine non avevo niente; ora non ho niente, ma posso dire di avere tutto. Sì, perché solo Dio sazia, solo l’amore rende felici; viviamo infatti per essere amati e per amare”. Quindi, con la semplicità e la serenità che riesce a trasmetterti, fra’Umile lancia un messaggio soprattutto ai giovani: “Non lasciatevi ingannare dalle apparenze, non accontentatevi della mediocrità e puntate a ciò che vale. Abbiate il coraggio di puntare in alto, alla santità, di seguire Gesù, che è l'amore che salva, la verità che rende liberi. Abbiate il coraggio di scommettere la vita sul Vangelo, perché Lui non delude e non tradisce mai”.

fratelli e sorelle perché uniti nella fraternità dall’amore; missionari perché desiderosi di donare la vita per la salvezze delle anime; della via perché spinti dal fervore delle prime comunità cristiane che erano “quelle appartenenti alla via” cioè che seguivano fedelmente la condotta e l’insegnamento di Gesù: via, verità e vita. Si tratta di una comunità religiosa che, dedita alla nuova evangelizzazione, è nata per volontà di due frati ed una suora (fra’Umile, fra’Faustino e suor Chiara), ricevendo l’approvazione di diritto diocesano dello statuto il 4 ottobre 2009, festa di san Francesco d’Assisi cui, insieme ai santi Pietro e Paolo e a santa Teresina di Lisieux, questi giovani religiosi si rifanno. La comunità non è mista ma ha un ramo maschile e uno femminile che conducono vita propria condividendo alcuni momenti di preghiera e le missioni, “sull’esempio di Gesù che passò fra i villaggi accompagnato da discepoli e discepole”.

Provenienti da diverse parti d’Italia, infatti, dopo aver condiviso una esperienza di fede comune nella diocesi lametina, hanno coltivato la loro amicizia e il loro cammino alla sequela di Gesù con il consenso del vescovo locale, Luigi Antonio Cantafora. Conquistati e sospinti dall’amore di Cristo, hanno sentito forte la chiamata “a donarsi totalmente al Signore, condividendo in tante circostanze un grande dolore per il relativismo dei nostri giorni e per tutte le forme in cui la verità fa spazio alla menzogna”. Perciò, offrendo un pellegrinaggio per comprendere meglio la loro vocazione, percorrendo a piedi e senza nulla come i primi discepoli del Signore vari santuari mariani dell’Europa, “per grazia di Dio”, hanno compreso e sentito forte nel cuore il richiamo alla nuova evangelizzazione, donando la loro vita per testimoniare che qualcuno “si è proclamato verità, proprio quella verità che il cuore dell’uomo cerca incessantemente e che spesso è rinnegata o calpestata. Verità questa indissolubilmente legata alla carità: infatti non si può che amare in verità e non si può vivere nella verità senza l’amore”. Perciò riconoscendo questo legame inscindibile che il Signore ha inciso nel loro cuore, la piccola fraternità fin dalla nascita si è impegnata a “raggiungere ogni posto, soprattutto nelle ‘periferie esistenziali’, recando a tutti gli uomini il lieto annunzio del Vangelo”, dedicandosi a missioni di primo annunzio per le strade, con particolare attenzione ai luoghi più disagiati e a quelli che definiscono “nuovi pozzi” (spiagge, centri commerciali...), viaggiando anche di totale provvidenza, abitualmente a piedi e in autostop, così da incontrare la gente nella quotidianità, impegnandosi anche nel sostegno nei luoghi di sofferenza. La loro, quindi, è una scelta di vita molto forte che li ha portati ad “abbandonare il mondo” dell’apparire a tutti i costi per incamminarsi in un viaggio anche di totale provvidenza, “senza pane, senza bisaccia e senza denaro”, “per far conoscere che Gesù è via, verità e vita”. Nella comunità, infatti, non circola denaro e si vive grazie alle provvidenza in alcuni container. Tutto in un’atmosfera di semplicità e di condivisione che in questi ultimi mesi sta coinvolgendo tanti, compresi alcuni immigrati, che vivono in un centro di accoglienza poco distante dalla chiesa di Santa Chiara dove operano i missionari della via e che partecipano alla vita comunitaria, frequentando anche le funzioni religiose durante le quali i “piccoli fratelli e sorelle della via” fanno trovare loro foglietti contenenti le indicazioni della messa in inglese e dedicando qualche minuto dell’omelia alla lingua inglese. Oltre ai voti di obbedienza, povertà e castità, i missionari della via professano un quarto voto sulla verità, chiamato conformazione a Cristo Verità. Si tratta di un voto che impegna ciascuno in un intenso cammino di conversione interiore, “perché l’adesione alla verità non sia una semplice operazione intellettuale, ma un’autentica sequela della persona di Gesù, così da conoscerlo, amarlo e testimoniarlo in tutte le situazioni concrete della vita, dicendo no alle maschere dell’ipocrisia. Tutto ciò – dicono i piccoli fratelli e sorelle della via - è possibile grazie ad un motore forte che è la vita comunitaria, la cui spiritualità è riassunta nel motto: orare, laborare et evangelium predicare”. La loro giornata, infatti, è scandita da momenti di preghiera, fonte di ogni apostolato, e prevede inoltre tempi di lavoro manuale, di studio e di missione. Insieme ai due rami religiosi, c’è anche quello laico di cui fanno parte, tra gli altri, intere famiglie e molti giovani che “esprimono la loro missionarietà in modo proprio e creativo”. Anche in questo caso la forma di vita si ispira alle prime comunità cristiane: intensa vita sacramentale; assiduità nella preghiera; catechesi; missione. A spiegare come l’incontro con Gesù ha cambiato la sua vita è fra’Umile che da programmatore informatico in un’azienda di aeronautica, con qualche comparsa in età giovanile come ballerino notturno nelle discoteche, ora è diventato missionario: “è successo che Gesù quando avevo venti anni – racconta all’ANSA - è entrato nella mia vita e con il suo amore l’ha radicalmente trasformata: da una vita incentrata su di me, nella totale indifferenza verso Gesù e la sua Chiesa, a una vita donata a Lui per la salvezza degli altri. All’epoca posso dire che vivevo di maschere, cercando di compensare nelle amicizie, nel divertimento sregolato, nei soldi e nell’esteriorità quel vuoto profondo dovuto alla mancanza di Dio e ai seri problemi familiari e di salute, che mi stavano portando alla depressione. Correvo, o forse fuggivo senza una vera meta, finchè una meravigliosa esperienza durante un’adorazione eucaristica, non mi apre alla bellezza dell’amore di Cristo. In particolare – prosegue - , dopo essermi confessato, qualcosa in me cambiò: sperimentai la gioia del perdono, una pace mai provata prima. Tant’è che da lì a poco volli subito andare ad incontrare il mio caro papà che non vedevo da almeno 12 anni. Da quel momento decisi di iniziare a vivere secondo il Vangelo, a mettere Gesù al centro, che giorno dopo giorno, mi conquisto sempre di più. Seguirlo, cercando di stare unito a Lui tramite i sacramenti, la preghiera e la carità, stava facendo crescere in me una spinta a dedicarmi agli altri, specialmente ai poveri e ai bisognosi, a testimoniare questo amore con tutta la mia vita, attratto dall’esempio dei primi discepoli del Signore. Tutto il resto – aggiunge fra’Umile - , per quanto bello, fidanzamento compreso, mi sembrava riduttivo finché non intesi interiormente la sua chiamata a seguirlo. Oggi, a distanza di qualche anno, posso dire, grato al Signore, che prima avevo tutto, ma alla fine non avevo niente; ora non ho niente, ma posso dire di avere tutto. Sì, perché solo Dio sazia, solo l’amore rende felici; viviamo infatti per essere amati e per amare”. Quindi, con la semplicità e la serenità che riesce a trasmetterti, fra’Umile lancia un messaggio soprattutto ai giovani: “Non lasciatevi ingannare dalle apparenze, non accontentatevi della mediocrità e puntate a ciò che vale. Abbiate il coraggio di puntare in alto, alla santità, di seguire Gesù, che è l'amore che salva, la verità che rende liberi. Abbiate il coraggio di scommettere la vita sul Vangelo, perché Lui non delude e non tradisce mai”.