Potrebbe essere il primo caso del genere in Italia se fosse confermato che la donna di 37 anni morta mentre stava effettuando una pratica abortiva, è deceduta per aver usato la pillola Ru486.All'estero casi analoghi si sono invece già verificati. Al momento è stata aperta una indagine per verificare i motivi del decesso: secondo quanto comunicato, la donna, già madre di un bambino, non aveva particolari patologie.
Lo scorso lunedì ha preso il mifepristone, farmaco per bloccare la gravidanza, due giorni dopo è tornata in ospedale e ha preso la prostaglandina per terminare l'aborto come da procedure. Ma si è sentita male, si è cercato di rianimarla ma è morta per una crisi respiratoria che ha portato all'arresto del cuore. Potrebbe essere morta per embolia.
E' subito intervenuto sul caso il ginecologo Silvio Viale definito il padre della Ru486 dicendo che non ci sarebbe alcun nesso di casualità tra il mifepristone, ciòè la Ru486, perché "non ci sono i presupposti farmacologici e clinici". Aggiungendo che "a differenza del mifepristone, sono gli altri farmaci utilizzati nelle interruzioni volontarie di gravidanza, sia mediche che chirurgiche, che possono avere effetti cardiaci, seppure raramente: la prostaglandina in primo luogo, già individuata come responsabile di decessi e complicazioni cardiache, ma anche l'antidolorifico e l'antiemorragico utilizzato in Italia di routine in quasi tutti gli aborti in ospedale e a domicilio".