Dalle parole ai fatti. Da più di un anno si paventava la possibile chiusura del carcere di Lamezia Terme, un rischio che sembrava in apparenza scongiurato ma che qualche giorno fa si è attualizzato: un vero e proprio blitz per trasferire i detenuti dalla Casa Circondariale lametina ad altre strutture penitenziarie, all’insaputa delle principali istituzioni politiche locali, che peraltro, ironia della sorte, soltanto il giorno prima avevano presenziato proprio all’interno del carcere all’inaugurazione di uno sportello informativo sul lavoro a cura del centro per l’impiego.Una decisione che assumerebbe quindi i connotati della beffa, di certo pesante come uno schiaffo alla già debilitante credibilità della nostra città, che da tempo deve fare i conti con ripetute lotte per tentare di legittimare una sovranità territoriale che ne fa, tra le altre cose, il terzo comune della Calabria per popolazione.
Proprio per questo sembra incredibile solo pensare che una città come Lamezia Terme non possa contare su una propria struttura penitenziaria e debba appoggiarsi a quelle limitrofe, così come appare paradossale aver lottato alacremente per salvare il Tribunale per poi però perdere il carcere, ovvero la naturale, nel campo della Giustizia, protrazione del primo. Al di là dell’immagine negativa per la città o delle considerazioni che ognuno può farsi sull’argomento, si tratta prima di tutto di un danno concreto alle persone coinvolte: tutto il personale della polizia penitenziaria, decine di persone che da anni prestavano servizio a Lamezia e dove vivevano ormai con le rispettive famiglie, costrette al trasferimento da un giorno all’altro; i familiari dei detenuti, anch’essi obbligati a continui spostamenti, per non parlare del lavoro di avvocati e magistrati, che gioco forza subirà rallentamenti. Quale sarà l’epilogo della vicenda è difficile prevederlo: già dal giorno successivo al trasferimento-lampo dei detenuti e alla conseguente chiusura della Casa Circondariale lametina, le principali istituzioni, il sindaco prima di tutti, hanno espresso sorpresa e contrarietà, promettendo di fare qualsiasi cosa per salvare in qualche modo il carcere di Lamezia. Che poi si tratti di quello appena chiuso, oppure di una nuova struttura più confacente ai dettami del nuovo Piano Carceri, a questo punto conta relativamente per i cittadini, ancora sgomenti per una decisione che, seppur nell’aria da tanto tempo, è arrivata improvvisamente facendoli trovare in pratica davanti al fatto compiuto. Una beffa, come detto, che si inserisce perfettamente in un quadro di generale “schizofrenia” alla quale si sta assistendo ormai nel campo della Giustizia, in Calabria ma non solo: città che hanno tribunali ma non carceri; comuni che hanno le carceri ma mancano dei tribunali; in un periodo in cui si parla tanto di sovraffollamento di strutture penitenziarie, se ne ampliano alcune ma parallelamente se ne chiudono altre già esistenti, provando a risolvere il problema con risarcimenti economici ai detenuti o sconti sulla pena prevista. Nel caso di Lamezia Terme, la speranza è che ci sia ancora margine per intervenire e salvare il carcere; che la battaglia, all’apparenza già persa, possa avere ancora un esito positivo per restituire ai cittadini un simbolo imprescindibile per la comunità.