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Chi comanda non ha autorità

Paolo Emanuele · 11 anni fa

Lo scorso 19 marzo ricorreva la festa di San Giuseppe, santo molto caro alla tradizione cristiana. La voce a lui riservata nell’Enciclopedia dei Santi occupa quaranta grandi colonne a dimostrazione che la devozione al Padre putativo di Gesù è stata un crescendo nel corso della storia, a partire dai benedettini nel lontano 1030 fino ad arrivare a Papa Benedetto XVI e Papa Francesco che ne ha prescritto la menzione in tutte le celebrazioni Eucaristiche. Giuseppe è un nome glorioso nella Bibbia, legato al figlio di Giacobbe, che era diventato persino vicerè in Egitto. Ma la storia del Padre davidico di Gesù con il suo antenato, sembrerebbe meno umanamente gloriosa, in piena fedeltà al significato del nome di Giuseppe che deriva dal verbo ebraico «aggiungere». E infatti, Giuseppe, accanto a Gesù e a Maria, si aggiunge nel mistero dell’Incarnazione e lo fa con semplicità e disponibilità.

Papa Francesco ne ha tratteggiato le linee sia nella Messa di inizio pontificato, celebrata appunto il 19 marzo 2013, sia nella Catechesi dello scorso mercoledì. In cosa consiste di fatto, l’aggiunta di Giuseppe al disegno di Dio? Giuseppe custodisce, perché si prende cura dei beni più cari di Dio e così facendo si affianca e si aggiunge a Dio. A partire da questo rapporto di custodia che fa crescere, Papa Francesco ha delineato il compito educativo del padre. In questi dieci anni La Chiesa Italiana ha fatto dell’emergenza educativa il volano della sua missione nel paese, unitamente a un progetto culturale nel quale molte forze e risorse ha investito, con numerosi buoni frutti, ma anche con tante attese “aperte”. Il connubio tra custodire e far crescere chiama in gioco il ruolo dell’autorità, in quanto chi ha autorità sa custodire per far crescere. E non poteva esserci immagine più bella di San Giuseppe, per dirci chi è il padre che educa veramente i suoi figli. Giuseppe, come padre, ha uno scopo, guarda al futuro; non vive la custodia come un possesso, guardando al passato per evitare che gli altri gli scappino troppo di mano. Scriveva O. Clement “possediamo solo dei cadaveri, quando vogliamo possedere gli altri”. Certo l’autorità ha bisogno di tempo; diremmo noi ha bisogno di tradizione. Ed è forse questo che ci impedisce di vivere bene la fatica e il compito dell’autorità. La fretta può far degenerare l’autorità in autoritarismo, soprattutto quando si sente il dovere di riaffermare chi ha in mano l’autorità. Ma l’autorità che comanda è un’autorità che ha perso la sua autorevolezza. L’autorità custodisce, non comanda. L’autorità fa crescere, non blocca. L’autorità dialoga e comunica se stessa, non resta muta. La figura di San Giuseppe è sicuramente una bella icona dell’autorità e della paternità cristiana e umana. Nei diversi campi della vita, dalla famiglia al lavoro, dalla società alla Chiesa, come sarebbe bello se chi ha autorità su di noi, ci comunicasse la sicurezza di essere custoditi, d essere portati per mano per crescere. Per questo chi comanda non ha autorità!

Don Roberto Tomaino