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Cultura e Società

Quote rosa: la “questione femminile” escamotage mediatico per non parlare di altre questioni?

Paolo Emanuele · 11 anni fa

Le liste delle prossime elezioni politiche non saranno a tinte rosa e blu. Questo l’esito della vicenda “quote rosa” che ha animato nei giorni scorsi il dibattito politico e ha segnato il già complicato iter della riforma elettorale, tra le parlamentari di entrambi gli schieramenti che chiedevano l’alternanza obbligatoria di uomini e donne nelle liste dei candidati e una parte “senza nome” del parlamento che ha optato per una soluzione di ripiego, cioè garantire il 50% di uomini e il 50% di donne nelle liste ma senza alternanza obbligatoria.

Il tema della parità di genere e della necessità di garantire la rappresentanza femminile nei luoghi della democrazia è tornato in primo piano e ancora una volta ha visto una contrapposizione che, tra le due fazioni, ha visto prevalere quella parte del parlamento “senza nome” che a far spazio al gentil sesso proprio non ne vuole sapere: “senza nome” perché i tre emendamenti bipartisan alla legge elettorale - che prevedevano l'alternanza di genere nei listini bloccati e la parità nei posti in lista – sono stati bocciati con voto a scrutinio segreto. Un primo dato che emerge, un po’come in tutte le quelle questioni politiche in cui si intrecciano le motivazioni strettamente personali con le ragioni dell’appartenenza a una parte o a un’altra, è che a vincere è stato il partito di quelli che non ci hanno voluto mettere la faccia: non ci ha messo la faccia il governo che ha delegato tutto alla Camera dei Deputati e gli inquilini di Montecitorio hanno richiesto il voto segreto. Del resto, in tema di rapporti di genere, era “poco cavalleresco” da parte dei maschietti dire apertamente che a loro non andava giù “stringersi per far posto alle loro colleghe. E lo stessa ambiguità si riscontra nel merito dell’Italicum, la legge elettorale con la quale dovremo andare a votare alle prossime elezioni politiche, per il momento valida solo per la Camera: le liste dei candidati dovranno garantire la presenza paritaria di uomini e donne ma senza alternanza obbligatoria, quindi le liste potranno avere fino a due uomini di seguito. In pratica, non essendo state introdotte le preferenze nella nuova legge elettorale, nulla impedirà alle segreterie dei partiti di stilare liste di candidati con uomini nei primi posti e donne in posizioni non facili per essere elette. Al di là dei tecnicismi della legge elettorale, la domanda che viene fuori dal dibattito di questi giorni è: esiste ancora una “questione femminile”? Sono necessarie quote o leggi ad feminas per garantire all’altra metà del cielo un’adeguata rappresentanza in politica? Su questi argomenti la politica e la società continuano a essere spaccate tra chi considera le quote uno strumento necessario, chi le rifiuta come una forma di tutela per soggetti deboli, chi non le digerisce molto ma pensa siano obbligate in una situazione come quella italiana, agli ultimi posti in Europa per il numero di donne ai piani alti della politica e del mondo economico. Tra queste visioni diverse, si delinea una “questione femminile” che in Italia non è completamente risolta, dove ancora c’è domanda di “misure straordinarie” per dare spazio di azione alle donne nella politica e nella società. Accanto a questo dato, il riemergere in occasione di ogni legge elettorale della “questione quote” fa venire un dubbio: sarà una sorta di escamotage, “qualcosa di cui parlare”, per non discutere di altri criteri da prendere in considerazione nella composizione delle liste: dall’eterna questione se un avviso di garanzia basti a escludere un candidato dalla competizione elettorale, al principio del garantismo confuso con l’impunità, al conflitto d’interessi alla meritocrazia essenziale per formare una classe dirigente in grado di affrontare i grandi problemi del nostro paese. Il dubbio viene: la questione femminile, più che una questione reale, può essere un escamotage mediatico per coprire ben altre questioni che la politica, quando tenta di autoregolamentarsi non vuole affrontare?