·

Cultura e Società

ARABESCHI E LINEE RETTE – RIFLESSIONI SUL LIBRO “ACQUA SANTISSIMA” DI NICOLA GRATTERI E ANTONIO NICASO

Paolo Emanuele · 11 anni fa

Nicola Gratteri, noto magistrato impegnato in prima linea contro la ‘ndrangheta, nel libro “Acqua santissima”, assieme al giornalista Antonio Nicaso, affronta il problema dei rapporti fra Chiesa e ‘ndrangheta dall’Unità d’Italia fino ad oggi. Con l’onestà intellettuale propria di Nicola Gratteri, riporta estratti di cronache giudiziarie, da cui si desumono intrecci di potere, silenzi e assoluzioni fra Chiesa e ‘ndrangheta.Le cronache possono raggrupparsi in tre parti: una prima, sui riti religiosi degli ‘ndranghetisti; una seconda, sui sacerdoti corrotti e peccatori; una terza, sui sacerdoti del coraggio e della denuncia.Durante i singoli racconti e, soprattutto, nella parte finale, gli autori reputano insufficienti i proclami formali contenuti nelle pastorali dei Vescovi.

Incitano la Chiesa ad assumere interventi attivi più incisivi nella lotta contro la ‘ndrangheta e le mafie in genere. Concludono riponendo le loro speranze in Papa Francesco. Il filo conduttore dell’intera opera è rappresentato da un’impalpabile, quindi, elegante ironia con cui gli autori, lungo tutto il percorso dell’opera, segnalano le multiformi e contraddittorie versioni fornite da sacerdoti o dalla Chiesa nei confronti di uomini o fatti di ‘ndragheta. Concludono auspicando di superare la rete di arabeschi con una linea retta fra due punti: “Solo allora i mafiosi resteranno fuori”. L’interessante lavoro mi induce a soffermarmi sul difficile rapporto fra linee rette ed arabeschi. I Vangeli contengono poche e semplici linee rette, ma sono anche costellati di arabeschi, propri degli abissi del cuore dell’uomo. Delimitando l’indagine alle linee rette inerenti ai temi trattati nel libro di Nicola Gratteri, queste potrebbero essere le seguenti. A chi pratica riti o giuramenti su immagini sacre, Gesù dice: “Non giurare affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio, né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi, né per la tua testa, perché non hai il potere di fare bianco o nero un solo capello.” A chi pratica o giustifica omicidi o furti, il Vecchio Testamento impartisce due comandamenti essenziali: “Non uccidere. Non rubare.” Ai criminali che finanziano le Chiese e ai sacerdoti vittime del denaro, Gesù, prima di parlare, agisce. Quando entra nel tempio occupato dai mercanti, scaccia coloro che vendono e comprano nel tempio. Rovescia i tavoli dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombi. Dice loro: “La mia casa sarà casa di preghiera, ma Voi ne avete fatto un covo di ladri.” A tutte le commistioni e connivenze fra sacro e profano, fra Chiesa e mafie, Papa Francesco ammonisce: “Queste organizzazioni offendono gravemente Dio, nuocciono ai fratelli e danneggiano il creato, tanto più quando hanno connotazioni religiose.” Alle richieste dei mafiosi di ricevere funerali religiosi, Papa Francesco chiude le porte “perché, non accettando il messaggio evangelico, si pongono fuori dalla Chiesa.” Alle mafie e ai sacerdoti che si esibiscono, Gesù avverte: “Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché siete simili a sepolcri imbiancati, i quali dall’esterno appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni immondezza. Amate i primi posti ne’conviti e i primi seggi nelle sinagoghe e i saluti nelle piazze. Guai a voi, perché riceverete una condanna più grave.” Dunque, ogni sacerdote o vescovo di buona volontà ben può tener presenti le predette linee rette per tenere fuori dalla Chiesa le mafie o gli idoli di vanità, di potere e di denaro. Ogni pretesto che provi a derogare alle linee rette indicate dai Vangeli e attualizzate da Papa Francesco diviene un arabesco. Ogni istanza che chieda alle autorità ecclesiali interventi specifici diviene pretesto per giustificare le proprie inadempienze. Ma è questo il compito del cristiano? Tracciare linee rette e tenere fuori chi non rientra nei confini della linea? Essere intransigente verso gli arabeschi? Gesù mangia e beve con i pubblicani e i peccatori. Allora gli scribi della setta dei farisei, vedendolo mangiare con i peccatori e i pubblicani, dicono: “Come mai egli mangia e beve in compagnia dei pubblicani e dei peccatori?” Avendo udito questo, Gesù dice loro: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; non sono venuto per chiamare i giusti, ma i peccatori.” Ecco il punto: divenire farisei che si scandalizzano per Gesù che mangia e beve con i peccatori o approfondire la risposta di Gesù, il quale spiega di essere venuto per chiamare i peccatori? Gesù è il Figlio di Dio che ha rinunciato alla sua natura divina. Non ha considerato un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio. Ha spogliato se stesso per vivere con gli uomini e quindi con i peccatori. Egli, però, non si confonde con loro, anzi, dona la Sua Vita per tutti i peccati umani, dal più piccolo al più nefasto. Differenti da Gesù sono i suoi sacerdoti. Il sacerdote è un uomo, quindi, un peccatore.

Papa Francesco, nel suo primo anno di pontificato, si è ripetutamente soffermato sui peccati dei sacerdoti. Avverte Papa Francesco: “Siamo tutti peccatori. Se qualcuno non si sente così, vada a farsi una visita dal medico spirituale perché qualcosa non va. “ Chiarito ciò, Papa Francesco distingue il sacerdote peccatore dal sacerdote corrotto. è corrotto il sacerdote o il mafioso o l’uomo qualunque che non sa liberarsi dai suoi idoli di egolatria, di prevaricazione o prevalenza, costituenti le premesse degli idoli di potere, denaro, superbia, vanità. Papa Francesco avverte: “Il sacerdote corrotto crea scandalo.” Ritengo che lo scandalo suscitato dai sacerdoti corrotti sia più grave dello scandalo, apparentemente inverso, dei mafiosi che cercano legittimità e consenso nell’ostentazione di una religiosità esteriore. Questi ultimi sono giustificati dalla loro ignoranza in materia religiosa. I primi, no. Dice Gesù: “Chi scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che fosse appesa al collo una macina girata da asino e fosse gettato negli abissi del mare.” Diverso dal prete corrotto è il sacerdote peccatore. è peccatore l’uomo o il mafioso o il sacerdote che riconosce i suoi specifici peccati, che sente l’amarezza lasciatagli da quei peccati concreti, che avverte il desiderio di abbandonare le precedenti strade di egolatria e di idoli per imboccare le vie della fraternità e della pace.Mi permetto di credere che Papa Francesco distingua e separi i preti corrotti dai preti peccatori anche per educarci al discernimento nello scandalo. Scandalizziamoci per i preti corrotti, ma non scandalizziamoci per i preti peccatori. Gesù esorta: “Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello se non ti accorgi della trave che è nel tuo? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e allora potrai vederci ben chiaro e togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello…. Chi è senza peccato scagli la prima pietra …. Il fariseo prega così: o Dio, ti ringrazio perché io non sono come gli altri uomini: ladri, imbroglioni, adulteri. Io sono diverso anche da quell’esattore delle tasse. Invece, l’esattore si batte il petto dicendo: O Dio abbi pietà di me. Sono un povero peccatore. Solamente l’esattore delle tasse torna a casa perdonato.” Il lavoro di Nicola Gratteri separa i preti buoni dai cattivi. Nelle parti sui preti cattivi, pone una pericolosa commistione fra sacerdoti corrotti e sacerdoti peccatori. Insinua dubbi su sacerdoti che la giustizia degli uomini ha assolto da accuse di gravi reati, ed anche su situazioni che si prestano a diverse interpretazioni, ma che, essendo accomunate ad ipotesi di vera corruzione, rischiano di provocare nel lettore un’immediata reazione di scandalo: “Credo in Dio, e non nei preti.” In tal modo, però, il libro produce nel lettore lo stesso effetto che gli autori rimproverano alle ‘ndranghete e alle organizzazioni criminose ammantate di religiosità: anche queste pensano di credere nel loro Dio, e non negli uomini. Né può essere accettato l’elenco dei preti buoni. Guai a mitizzare un uomo o un prete. Alla sua prima caduta, vera o ritenuta tale, rischia di suscitare scandalo: Ma come? Proprio quell’uomo o quel prete così santo, così sano, così coraggioso è caduto in quel peccato? Se invece si sceglie di seguire gli insegnamenti dei Vangeli, esplicitati e attualizzati da Papa Francesco, le linee rette diventano altre. Papa Francesco non concede sconti ai preti corrotti. Li definisce anticristi. Dichiara che sono nella Chiesa ma non sono della Chiesa. è però lo stesso Papa Francesco che invita a distinguere i corrotti dai peccatori. I primi creano scandalo. I secondi, no. Ripeto: non scandalizziamoci per i peccati dei secondi. Limitiamo i nostri scandali ai primi. Allora, qual è la linea retta? Per i cristiani, la linea retta fra due punti si chiama conversione. Nel libro di Gratteri, è riportata un’omelia di Don Scordio, il quale, durante un funerale per un defunto ucciso, esorta: “A voi cristiani che venite a scaldare i banchi (…), Gesù dice: cambiate! A voi responsabili della comunità civile (…), Gesù dice: cambiate! A voi gente di malavita, seminatori di morte e terrore (…), Gesù dice: cambiate!” Papa Giovanni Paolo II alla Valle dei Templi di Agrigento e ora Papa Francesco esortano i mafiosi e le mafiose a convertirsi a Dio. Non lanciano anatemi o linee rette di esclusione, ma invitano alla conversione. Avvertono che ci sarà un giudizio finale. In quel giudizio, dopotutto, saremo valutati per la nostra capacità di aver saputo rinunciare ai nostri idoli per devolverli in favore dei fratelli. Anche rispetto alle mafie o alle ‘ndranghete, la linea tracciata dai massimi esponenti della Chiesa è ben chiara: stare anche con i mafiosi non per invischiarsi con loro, bensì per aprire un dialogo di conversione. I sacerdoti e gli uomini di buona volontà devono essere chiari nell’indicare le linee rette dei Vangeli, ma devono essere ugualmente solleciti ai dialoghi di conversione. Hanno la consapevolezza di essere peccatori. Si impegnano ad uscire dai loro peccati e a farne uscire le loro pecore, soprattutto se ferite e sanguinanti. Per fare ciò, devono entrare negli abissi del cuore umano, negli arabeschi delle loro menti e dei loro cuori, peraltro agevolati dalla loro stessa condizione di peccatori.Le esclusioni devono rimanere solamente verso i corrotti irriducibili. Fra gli arabeschi interiori di chi ostenta linee rette per porre barriere di intolleranza o per auto-compiacersi, e gli arabeschi esteriori di chi, fra i rovi interiori del cuore, cerca una luce di amore, di speranza e di perdono, io sto con questi ultimi.